SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)
È DAVVERO DISCRETA LA STRUTTURA DELLO SPAZIOTEMPO?
Partendo da questa domanda gli
scienziati potrebbero unificare la meccanica quantistica con la relatività generale.
Infatti, secondo le attuali assunzioni su cui si basano i modelli della gravità
quantistica, lo spaziotempo avrebbe una struttura granulosa, un pò come la
sabbia costituita dai granelli.
Uno dei grandi problemi che
emerge dalla gravità quantistica è che essa genera dei valori infiniti che non
hanno significato fisico. Essi sono dovuti al fatto che quando vengono
effettuate misure accurate su scale subatomiche, sono richieste energie
elevate. Quando la scala diventa piccolissima, la densità di energia associata
alla misura è così grande che potrebbe portare alla formazione di un buco nero,
il che, paradossalmente, potrebbe rovinare a sua volta la misura che l’ha
generato. Gli infiniti sono qualcosa che dà fastidio. La loro natura
paradossale non solo li rende difficili da trattare nelle equazioni matematiche
ma li rende anche difficili da riconciliare con la nostra attuale comprensione
dell’Universo che, per quanto ne sappiamo, non ammette l’esistenza di qualche
genere di paradosso. In tal senso, i fisici hanno inventato un modo di trattare
gli infiniti, chiamato rinormalizzazione. In sostanza, i teorici assumono che
lo spaziotempo non sia divisibile all’infinito ma che esista una scala minima
oltre la quale niente può diventare ancora più piccolo: stiamo parlando della
cosiddetta scala di Planck. Questo limite assicura che le densità di energia
non diventeranno mai abbastanza elevate per formare i buchi neri. Ma questo
equivale a dire che lo spaziotempo è discreto oppure, come direbbe un
matematico, numerabile. In altre parole, è possibile associare un numero ad
ogni volume discreto di spaziotempo rendendolo numerabile, come i granelli di
sabbia sulla spiaggia o gli atomi nell’Universo. In questo modo, lo spaziotempo
diventa interamente non più come quelle cose che non si possono numerare, come
ad esempio le linee rette che sono infinitamente divisibili o i gradi di
libertà nella teoria quantistica dei campi che costituiscono i mattoni
fondamentali della fisica fondamentale. Questa proprietà dello spaziotempo di
avere una natura discreta è certamente utile ma allo stesso tempo solleva una
domanda importante: è davvero così? Può l’Universo essere veramente discreto al
livello fondamentale, come una sorta di modello costruito al computer? Oggi,
Sean Gryb un fisico teorico della Radboud University in Olanda, afferma che sta
emergendo un approccio alternativo con una nuova formulazione della gravità
denominata “dinamica delle forme”, una teoria della gravità che implementa
ilprincipio di Mach. Secondo questa ipotesi, lo spaziotempo è continuo e non
numerabile, un’idea che potrebbe avere ulteriori conseguenze per il modo con
cui comprendiamo l’Universo. Questa nuova teoria si basa sul concetto di
invarianza di scala: in altre parole, un oggetto, o una legge fisica, ha le
stesse proprietà a dispetto della scala in cui viene osservato. Tuttavia, le
attuali leggi della fisica non possiedono questa proprietà: ad esempio, la
meccanica quantistica opera solamente alle scale più piccole, mentre la
relatività generale è valida su scale più grandi. In questo modo, è facile
vedere come l’invarianza di scala sia una proprietà a cui i teorici fanno
l’occhiolino in quanto una descrizione dell’Universo basata su questa proprietà
deve comprendere sia la meccanica quantistica che la relatività generale. “La
teoria della dinamica delle forme fa proprio questo”, dice Gryb. Lo fa
ignorando numerose caratteristiche ordinarie degli oggetti fisici, come ad
esempio le loro posizioni nell’Universo. Invece, essa si focalizza sulle
relazioni tra gli oggetti, come ad esempio gli angoli che essi formano e la
forma che essi assumono (da qui il termine dinamica delle forme). Questo
approccio porta immediatamente ad un quadro della realtà basato proprio
sull’invarianza di scala. Gli angoli sono invarianti di scala dato che essi
sono uguali a dispetto della scala a cui vengono osservati. Il nuovo modo di
ragionare implica che l’Universo venga descritto come una serie di istantanee
che mostrano la relazione tra gli oggetti. Il risultato è una invarianza di
scala che è puramente spaziale. Ma questo, naturalmente, è molto diverso
rispetto alla nozione più significativa di invarianza di scala dello
spaziotempo. Dunque, una parte importante del lavoro di Gryb è quella di usare
il concetto matematico della simmetria per dimostrare che l’invarianza di scala
spaziale può essere trasformata in una invarianza di scala dello spaziotempo.
In particolare, Gryb dimostra esattamente come questo lavoro sia valido in un
Universo chiuso ed in espansione, dove le leggi della fisica sono le stesse per
tutti gli osservatori inerziali e per cui la velocità della luce è finita e
costante. Se queste due ultime condizioni sono familiari è perché essi sono i
postulati che Albert Einstein usò per formulare la teoria della relatività
speciale. E la formulazione di Gryb è equivalente a questo. “Nella relatività
speciale, gli osservatori possono essere considerati come osservatori in uno
spazio invariante di scala”, dice Gryb. Ciò solleva alcune interessanti
possibilità per la formulazione di una teoria più ampia della gravità, proprio
come la relatività speciale portò ad una estensione della teoria che emerse
nella relatività generale. Gryb descrive come sia possibile creare una serie di
modelli di spaziotempo curvo “attaccando” ad essi spazi-tempi locali piatti.
“E’ possibile fare qualcosa di simile nella teoria della dinamica delle forme?,
si chiede Gryb. Nessuno è ancora riuscito a fare questo considerando un modello
che includa le tre dimensioni dello spazio e quella del tempo, ma siamo ancora
agli inizi nonostante Gryb e altri stiano lavorando al problema. Gryb è
decisamente convinto dalle possibilità future che potranno portare ad un nuovo
modo di pensare alla gravità quantistica in termini di invarianza di scala.
“Ciò potrebbe fornire un nuovo meccanismo tale da trattare un numero infinito
di gradi di libertà nel campo gravitazionale senza introdurre la natura
discreta alla scala di Planck”, dice Gryb. Insomma, si tratta di un nuovo
approccio, alquanto eccitante, che lo scienziato e altri colleghi stanno
portando avanti con grande convinzione. Non sappiamo quale sarà l’evoluzione di
tutto questo ma certamente rimarremo in attesa delle nuove puntate che avranno
lo stesso Gryb come protagonista.
Da: https://astronomicamens.wordpress.com/2015/02/16/e-davvero-discreta-la-struttura-dello-spaziotempo/
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