IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

martedì 9 luglio 2019

CATALHOYUK: MISTERO E...ATTUALITA'



Una città di 9000 anni fa che aveva i problemi urbani moderni: ambiente, sovraffollamento, violenza.

Nell’antica Çatalhöyük I bioarcheologi hanno scoperto le origini della nostra vita odierna

Lo studio “Bioarchaeology of Neolithic Çatalhöyük reveals fundamental transitions in health, mobility, and lifestyle in early farmers”, pubblicato su  Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team internazionale di ricercatori guidato dall’antropologo Clark Spencer Larsen dell’Ohio State University, ha rivelato nuove scoperte fatte nelle antiche rovine di Çatalhöyük, nella moderna Turchia.



 I bioarcheologi dicono che « risultati dipingono un quadro di come gli esseri umani siano passati da uno stile di vita nomade, da quello della caccia e della raccolta, a una vita più sedentaria costruita intorno all’agricoltura». Infatti, il team di scienziati che da 25 anni studia l resti umani rinvenuti nelle rovine di Çatalhöyük, ha scoperto che i suoi abitanti – tra 3.500 e 8.000 persone al massimo ma che all’epoca costituivano un grande centro abitato – «hanno sperimentato sovraffollamento, malattie infettive, violenza e problemi ambientali». Le rovine di Çatalhöyük sorgono in quella che oggi è la Turchia centro-meridionale e la città fu abitata dal 7100 al 5950 aC. Scoperto per la prima volta nel 1958, il sito misura 13 ettari, con quasi 21 metri di depositi che ricoprivano i resti di 1150 anni di occupazione umana continua. Larsen spiega che «Çatalhöyük è stata una delle prime comunità proto urbane del mondo e i residenti hanno sperimentato quel che accade quando metti molte persone in una piccola area per un periodo prolungato. Ha posto le basi per dove siamo finiti oggi e per le sfide che affrontiamo nella vita urbana». Larsen, che ha iniziato il lavoro sul campo a Çatalhöyük nel 2004 e lo ha terminato nel 2017, è stato uno dei leader del team che ha studiato i resti umani come parte del più ampio progetto di ricerca su Çatalhöyük, diretto da Ian Hodder della Stanford University. Il coautore dello studio pubblicato su PNAS , Christopher Knüsel dell’Université de Bordeaux , è stato co-leader del team di bioarcheologia con Larsen che sottolinea:  «Lo studio su PNAS rappresenta il culmine del lavoro di bioarchaeologia nel sito». Çatalhöyük  venne fondata intorno al 7100 aC e, in quello che i ricercatori chiamano il periodo antico, era probabilmente un piccolo villaggio costituito da poche case di mattoni di fango. Raggiunse il suo apice nel periodo medio tra il 6700 e il 6500 aC, prima che la popolazione diminuisse rapidamente nel tardo periodo. Çatalhöyük fu abbandonato intorno al 5950 aC. L’agricoltura è sempre stata una parte importante della vita nella comunità e i ricercatori sono riusciti a determinare che i suoi abitanti avevano una dieta costituta soprattutto di grano, orzo e segale, insieme a una serie di piante non coltivate grazie all’analisi di una firma chimica nelle ossa umane, chiamata rapporto isotopico stabile del carbonio. All’Ohio State University  spiegano che gli antichi abitanti di  Çatalhöyük  mangiavano anche carne: «I rapporti isotopici di azoto stabili sono stati utilizzati per documentare le proteine ​​nelle loro diete, che provenivano da pecore, capre e animali non addomesticati. I bovini addomesticati furono introdotti nel tardo periodo, ma le pecore sono sempre state l’animale domestico più importante nella loro dieta». Larsen aggiunge: «Stavano coltivando e allevando animali non appena fondarono la comunità, ma hanno intensificando i loro sforzi man mano che la popolazione si espandeva. La dieta ricca di cereali ha fatto sì che alcuni residenti sviluppassero presto la carie, una delle cosiddette “malattie della civiltà”. I risultati hanno mostrato che circa il 10-13% dei denti degli adulti trovati nel sito mostrava tracce di carie dentali. I cambiamenti verificatesi nel tempo nelle sezioni trasversali delle ossa delle gambe dimostrano che i membri della comunità nel tardo periodo di Çatalhöyük camminavano molto più dei primi residenti. Questo suggerisce che col passare del tempo i residenti dovevano spostarsi ancora di più dalla comunità per coltivare e pascolare. Riteniamo che il degrado ambientale e il cambiamento climatico abbiano costretto i membri della comunità a spostarsi più lontano dall’insediamento verso le fattorie per trovare rifornimenti come la legna da ardere. Questo ha contribuito alla definitiva scomparsa di Çatalhöyük». Altre ricerche suggeriscono che in Medio Oriente il clima sia diventato più secco proprio durante la  storia di Çatalhöyük, il che ha reso l’attività agricola più difficile.
I risultati del nuovo studio suggeriscono che i residenti avessero un alto livello di infezioni, molto probabilmente a causa di affollamento e scarsa igiene: «Fino a un terzo dei resti del periodo iniziale mostrano segni di infezioni alle ossa – dicono gli scienziati – Durante il suo picco della popolazione, le case venivano costruite come appartamenti senza spazio tra loro: i residenti entravano o uscivano da scale che portavano sui tetti delle case. Gli scavi hanno dimostrato che le pareti e i pavimenti interni sono stati intonacati di nuovo molte volte con l’argilla. E mentre i residenti mantenevano i loro pavimenti per lo più privi di rifiuti, l’analisi dei muri e dei pavimenti delle case mostrava tracce di materia fecale animale e umana». Larsen spiega ancora: «Vivevano in condizioni molto affollate, con casse di immondizia e penne per animali proprio accanto ad alcune delle loro case, quindi c’era tutta una serie di problemi di igiene che potrebbero aver contribuito alla diffusione di malattie infettive». Secondo i ricercatori, le condizioni di sovraffollamento a Çatalhöyük potrebbero anche aver contribuito ad alti livelli di violenza tra i suoi abitanti: «In un campione di 93 teschi di Çatalhöyük, più di un quarto – 25 individui – hanno mostrato segni di fratture cicatrizzate. E 12 di loro sono stati vittime più di una volta, con 2-5 ferite durante la loro vita. La forma delle lesioni suggerisce che i colpi alla testa erano stati provocati da oggetti duri e tondeggianti e sul sito si trovavano anche sfere di argilla della giusta dimensione e forma. Più della metà delle vittime erano donne (13 donne, 10 uomini). E la maggior parte delle ferite erano in cima o dietro le loro teste, suggerendo che quando vennero colpite le vittime non stavano affrontando i loro aggressori». Larsen conferma: «Abbiamo riscontrato un aumento delle lesioni craniche durante il periodo di mezzo, quando la popolazione era più grande e più densa. Si potrebbe sostenere che il sovraffollamento abbia portato a livelli di stress elevati e conflitti all’interno della comunità». A Çatalhöyük la maggior parte delle persone veniva sepolta in fosse che sono state scavate nei pavimenti delle case, e i ricercatori credono che venissero sepolte sotto le case in cui vivevano. Questo ha portato a un risultato inaspettato: «La maggior parte dei membri di una famiglia non erano correlati biologicamente». I ricercatori lo hanno scoperto questo si sono accorti che «I denti delle persone sepolte sotto la stessa casa non erano così simili come ci si aspetterebbe se fossero stati parenti». Larsen ricorda che «La morfologia dei denti è altamente controllabile geneticamente. Le persone che sono imparentate mostrano variazioni simili nelle corone dei loro denti e non abbiamo trovato questo nelle persone seppellite nelle stesse case. Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare le relazioni delle persone che vivevano  insieme a Çatalhöyük. E’ ancora un po’ un mistero». Larsen sottolinea che l’importanza di Çatalhöyük sta nel fatto che sia stato uno dei primi “mega-siti” neolitici al mondo costruiti intorno all’agricoltura e conclude: «Possiamo conoscere le origini immediate delle nostre vite odierne, come ci siamo organizzati in comunità. Molte delle sfide che abbiamo di fronte oggi sono le stesse che avevano a Çatalhöyük, solo immensamente più grandi».

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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs







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