IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

venerdì 19 febbraio 2021

ENTAGLEMENT E...OLOGRAMMI

 

Il primo ologramma realizzato grazie all'entanglement quantistico di fotoni

Un team di fisici dell'Università di Glasgow è riuscito per la prima volta a codificare un ologramma servendosi delle proprietà uniche dell'entanglement quantistico. Lo studio su Nature Physics

                                                                     ologramma

                                                   (immagine: University of Glasgow)

Nel mondo della fisica è stato appena raggiunto un altro traguardo: per la prima volta, infatti, un team dell’Università di Glasgow, in Scozia, è riuscito a superare i limiti dell’olografia convenzionale e a codificare con successo le informazioni contenute all’interno di un ologramma. E lo ha fatto escogitando una nuova tecnica basata sull’entanglement, e più precisamente sui fotoni entangled. Appena descritto sulle pagine della rivista Nature Physics, questo innovativo metodo potrebbe portare a un notevole miglioramento dell’utilizzo dell’olografia, come per esempio nell’imaging medico e nella comunicazione quantistica. “L’olografia classica ha dei limiti, come l’interferenza di sorgenti luminose e una forte sensibilità alle instabilità meccaniche”, racconta Hugo Defienne, tra gli autori dello studio. “Il processo che abbiamo sviluppato supera questi limiti e introduce l’olografia nel mondo quantistico. L’uso di fotoni entangled offre quindi nuovi modi per creare ologrammi più nitidi e dettagliati”. Gli ologrammi, ricordiamo, li abbiamo sotto gli occhi ogni giorno: in parole semplici, sono figure bidimensionali che codificano un’immagine tridimensionale e vengono usate per motivi di sicurezza su banconote, carte di credito e passaporti, ma anche per l’imaging medico e l’archiviazione di dati. Solitamente, l’olografia convenzionale crea rendering bidimensionali di oggetti tridimensionali con un raggio di luce laser diviso in due percorsi: il primo raggio viene inviato verso l’oggetto da riprodurre, mentre il secondo viene direttamente inviato a una lastra olografica. Con un gioco di specchi, il raggio che arriva dalla sorgente interferisce con quello riflesso dell’oggetto e sulla lastra si creano delle linee, dette frange di interferenza, che contengono l’informazione. Anche nel nuovo studio i fisici sono partiti da un fascio di luce laser diviso in due percorsi, ma, questa volta, i raggi non vengono mai riuniti e sfruttano le proprietà uniche dell’entanglement quantistico, un fenomeno che si verifica quando due di particelle, i fotoni, sono intrinsecamente connesse tra loro in modo tale che a ogni alterazione di stato della prima corrisponde un cambiamento istantaneo dell’altra, indipendentemente dalla distanza. Un fenomeno, ricordiamo, su cui si basa la comunicazione quantistica. Ed è sostanzialmente quello che hanno fatto i fisici: attraverso lastre di uno speciale cristallo hanno diviso in due un fascio di luce laser blu-viola e creato fotoni entangled. Un raggio di fotoni, come avviene per l’olografia convenzionale, è stato diretto a un oggetto bersaglio. L’altro raggio, invece, è stato diretto verso un modulatore di luce spaziale, un dispositivo ottico che può rallentare la velocità della luce che lo attraversa, e ha infatti rallentato i fotoni prima che fossero raccolti da una seconda telecamera. Questo leggero rallentamento ha così alterato la fase dei fotoni, rispetto a quelli del raggio dell’oggetto.

                                                                   ologramma

                                                 (immagine: University of Glasgow)

A differenza dell’olografia convenzionale, in cui a questo punto i due raggi vengono sovrapposti l’uno all’altro e il grado di interferenza di fase tra loro è usato per generare un ologramma sulla fotocamera, i due raggi di fotoni non si sovrappongono mai: l’ologramma viene creato misurando le correlazioni tra le posizioni dei fotoni entangled e utilizzando due fotocamere digitali separate. Infine, vengono combinati i quattro ologrammi risultanti per generare un’immagine di fase ad alta risoluzione. Il team è così riuscito a generare ologrammi del logo dell’Università di Glasgow, una faccina sorridente, oltre a oggetti tridimensionali, come una striscia di nastro scozzese e una piuma.

 

                                                                    ologramma

                                                  (immagine: University of Glasgow)

La nuova tecnica, inoltre, avrebbe il potenziale per migliorare l’imaging medico. “Tra le diverse applicazioni ci potrebbe essere l’imaging medico, dove l’olografia è già utilizzata in microscopia per esaminare i dettagli di campioni che sono spesso quasi trasparenti”, conclude Defienne. “Il nostro processo consente la creazione di immagini ad alta risoluzione e con un rumore inferiore, che potrebbero aiutare a rivelare dettagli più fini delle cellule e aiutarci a saperne di più su come funziona la biologia a livello cellulare”.

Da:

https://www.wired.it/scienza/lab/2021/02/10/ologramma-fotoni-entanglement-quantistico/?refresh_ce=

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sabato 13 febbraio 2021

NEUTRINO: PARTICELLA "CRONOMETRICA"?

 

Dilatazione del tempo su scala quantistica, in preparazione esperimento per dimostrarla.

Un esperimento riguardante una teoria quantistica definita da molti come “rivoluzionaria” sarà svolto da ricercatori della Griffith University che, insieme ai colleghi del National Measurement Institute (NMI), lavoreranno con l’Australian Nuclear Science and Technology Organization (ANSTO). La teoria in questione propone che la rottura della simmetria dell’inversione temporale dei neutrini potrebbe essere causa di una dilatazione del tempo su scala quantistica.

La teoria, sviluppata dalla fisica Joan Vaccaro fu proposta per la prima volta in uno studio apparso nel 2016. Nella stessa ricerca la scienziata proponeva anche un eventuale esperimento che si poteva intraprendere per dimostrare la teoria, ossia la dilatazione del tempo su scala quantistica in determinate condizioni. Proprio per questo i ricercatori useranno il reattore OPAL dell’ANSTO per produrre un flusso di antineutrini i quali dovrebbero procurare una dilatazione temporale dipendente dalla distanza dal nucleo.

In sostanza i ricercatori porranno due orologi, uno più lontano e uno più vicino al reattore stesso, per capire la quantità di dilatazione del tempo in questa regione locale. La teoria propone che l’orologio maggiormente vicino al nocciolo del reattore dovrebbe risultare non più in sincronia con l’orologio più distante in quanto subirà una dilatazione temporale.

“I calcoli della mia collega suggeriscono che i neutrini possono avere un impatto maggiore sul tempo di quanto pensiamo”, spiega Erik Streed, ricercatore dell’NMI che parteciperà all’esperimento. “Sarebbe davvero molto sorprendente se i neutrini interagissero con la materia sulla base del tempo piuttosto che solo sulla debole forza nucleare”.

I ricercatori hanno già installato due stazioni di cronometraggio dotate di orologi atomici al cesio vicino al reattore dell’ANSTO : una stazione è stata posta a 5 metri di distanza dal reattore, l’altra a 10 metri. Se l’esperimento avrà successo, avremo in un certo senso misurato l’effetto quantistico sul tempo, un effetto che potrebbe essere misurato poi anche nel cosmo, analizzando i dati orbitali planetari, come spiega lo stesso Streed.

video approfondimento:


Da:

https://notiziescientifiche.it/dilatazione-del-tempo-su-scala-quantistica-in-preparazione-esperimento-per-dimostrarla/

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