IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

martedì 5 gennaio 2016

I MISTERI DI SERABIT EL KHADEM

Testo adattato ed integrato da Marco La Rosa

Nella Penisola del Sinai troviamo, a 850 metri di altitudine, ed a circa 30 Km dalla sponda orientale del Mar Rosso, un luogo davvero inconsueto che evoca strane emozioni che sanno di antico, di sacro, di arcano: Serabit el Khadem.




Situato a 29° 02' di Latitudine Nord, posto a 150 Km dal Cairo, sovrastato dall'omonimo Gebel Serabit el Khadem (1096 metri), Serabit el Khadem è stato oggetto di molti studi da parte degli Archeologi e degli Egittologi. Secondo Federico Arborio Mella la dizione di questo luogo era "Serbat el Khadem", tuttavia è con la dizione: Serabit, che è attualmente noto. Nonostante fosse già conosciuto dai Beduini locali fu soltanto nel 1904-1905 che l'eminente Egittologo britannico Flinders-Petrie lo visitò e ne descrisse in modo dettagliato l'Architettura e le varie componenti archeologiche presenti. In Tempi successivi continuarono, anche se un po' irregolarmente, le visite di Archeologi di tutte le nazioni. In arabo "Serabit el Khadem" significa "Colonne dello Schiavo"; queste "Colonne" sono connesse con le alte Steli votive che torreggiano a Serabit sulle rovine del Tempio ormai distrutto dal tempo. Ma dove origina il Termine "Schiavo"? Una ipotesi potrebbe essere che nell'iconografia egizia il Principe o Re di un paese straniero, sconfitto militarmente dal Faraone, veniva definito come "Schiavo" dello stesso Faraone. Il Principe "schiavo", inteso come "assoggettato" o "sottomesso", paragonabile al significato medioevale di "Vassallo", è infatti frequente nello stile ampolloso dei Faraoni egizi. Tanto Biridya, Principe di Megiddo, che Zurata, Principe di Acco, si rivolgono infatti rispettosamente al Faraone: "Io sono il tuo Schiavo". Gli Archeologi ci informano che il sito di Serabit ebbe un grande sviluppo come centro minerario di estrazione del Turchese ai tempi dell'Antico Egitto. Particolari ingrandimenti e restauri successivi del tempio di Serarabit furono compiuti da Faraoni della 12a, della 18a, della 20a Dinastia. Ma non mancano reperti risalenti alla 4a Dinastia, quali alcune iscrizioni del Faraone Snefru, ed addirittura a periodi pre-dinastici. Come ci informa Flinders-Petrie ("Researches in Sinai"), sono infatti presenti reperti archeologici di Snefru della 4a Dinastia, che veniva ritualmente ricordato dai Faraoni delle Dinastie successive come unico "Fondatore" del Tempio di Serabit. Snefru è considerato dall’archeologia ufficiale, fra l'altro, il Costruttore di ben tre Piramidi: quella di Meidum, per la quale era particolarmente famoso, e quelle Romboidale e Rossa, entrambe a Dahshur.
In una iscrizione rinvenuta a Serabit e tratta da J.H. Breasted ("Ancient Records of Egypt"), appartenente al vice-tesoriere Ameni, vissuto ai tempi di Amenem-Hat 3° leggiamo infatti che egli era: "Favorito di Hathor, Signora del Paese di Shesmet (malachite?), di Soped, Signore dell'Est, di Snefru, Signore degli altipiani, e degli Dei e delle Dee che si trovano in questa terra." Il Faraone Snefru era quindi quasi equiparato alla Dea Hathor ed al Dio Sopdu. Il Tempio di Serabit el Khadem fu costruito su di un altopiano su una distesa di circa 200 metri, che si estendeva digradando a partire da una grande grotta, dedicata alla Dea Hathor, per poi deviare il suo decorso, scendendo verso sud-ovest, con i locali di servizio rituale e liturgico, edificati in tempi successivi.



Questa grotta è scavata nella roccia, con mura interne lisce. Presenta al centro un grande Pilastro di Amenhotep 3° ed in fondo una Stele di Calcare di Ramses 1°, sulla quale K. Kitchen ("Ramesside Inscriptions") legge "Il sovrano di tutto ciò che è sotto il controllo di Aton". Parallela a questa grotta di Hathor, sul lato sudorientale, fu costruito nel Nuovo Regno un santuario, con annesse stanze di servizio rituale, dedicato al Dio "Sopd.u". La parte superiore del Tempio di Serabit, di cui resta ancora qualche vestigia, era costituita da una serie di sale, santuari, cortili, costruiti in arenaria e circondati da un muro di recinzione. Gli altari votivi avevano la parte anteriore incassata e piani di "lavoro" ad altezze diverse. Vi era un crogiolo per fonderia e furono trovate nelle adiacenze due pietre coniche di 15x22 centimetri. Queste pietre coniche secondo Petrie erano: "l'oggetto centrale di adorazione e personificazione dei Templi Siriani. È mostrato sulle monete di Paphos, al centro del locale Tempio. Ad Emesa erano presenti ed Eliogabalo, che era un sacerdote del locale Tempio, se ne portò alcuni a Roma, una volta eletto imperatore". Successivamente, scendendo lungo il decorso del Tempio verso l'altopiano troviamo tracce archeologiche di Montuhotep (Neb-Hapu-Ra) dell'11a Dinastia, di Amen-em-Hat 1°, di Sesostri 1°, di Amen-em-Hat 3°, di Sesostri 3°, di Amenem-Hat 4° della 12a Dinastia. In questa parte del Tempio e di fronte alla Grotta-Santuario di Hathor, Flinders-Petrie trovò una grande quantità di cenere bianca purissima, senza residui di carbone o di brace, risalente probabilmente alla 12a Dinastia, che "si estendeva lungo un'area di 100x50 piedi con uno spessore oscillante fra i 3 ed i 18 pollici, ammontando globalmente ad almeno 50 tonnellate di polvere". La natura di questa polvere lasciò interdetto lo stesso Petrie (possiamo ipotizzare si trattasse di cosiddetta polvere “alchemica?). Egli giustamente escluse che si trattasse di scorie della lavorazione del rame, che residuavano invece un materiale scuro, rinvenuto in abbondanza nelle vicine miniere di Bir Nasib, come escluse anche che si trattasse di scorie dell'estrazione del Manganese, lavorate nelle adiacenti miniere di Umm Bughma. Pensò che non si trattasse di residui della combustione di alcali, che erano stati trovati vicino a Gerusalemme, in prossimità di Templi disposte su colline od alture. Petrie ipotizzò che si potesse trattare di fuochi a sfondo religioso, come nel caso delle fumigazioni di incenso, di origine semitica, considerata la presenza di altari a pilastro, sconosciuti agli Antichi Egizi, ma ben noti agli Ebrei. L'ipotesi che venissero sacrificati anche animali, secondo il rito cananeo-ebraico è esclusa da lui per la sistematica e verificata assenza di residui biologici all'interno di queste ceneri bianche. Tali ceneri infatti erano sempre apparse di notevole purezza, anche se l'usanza di fare sacrifici con piccoli fuochi sulla cima di colline o montagne era da lui ritenuta tipicamente semitica. Le Steli presenti a Serabit peraltro, sono inscritte su entrambi i lati, addirittura in molti casi anche sulle strette fiancate, usanza più affine alle genti semitiche che agli antichi Egitto. Petrie riferisce inoltre che in una Stele del Faraone Amen-em-Hat 3° rinvenuta a Serabit viene citato il capo dei minatori semiti con il nome di Khebde, recante il titolo di "fratello del Principe di Retjenu" ("Sn Hq n-Retcen" in geroglifico).
        

    
In due Steli questo personaggio è rappresentato in groppa ad un asino, mentre ha una guida davanti ed un uomo che reca una fiasca d'acqua dietro. Il suo compito era organizzativo e diplomatico come "ostaggio" regale, per mantenere buone relazioni diplomatiche fra il Retjenu e l'Egitto. Alan Gardiner ("Egypt of the Pharaos") ribadisce: "Alla fine della 12a Dinastia sotto Amen-em-Hat, il fratello del principe del Retenu assisteva gli Egizi nei lavori del turchese a Serabit el Khadem, nella Penisola del Sinai". Il termine "Retcenu" o Rezenu era usato dagli Egizi per designare la Palestina. La Galilea, per esempio, era da loro infatti chiamata "Retcenu (Rezenu) Superiore". In Ebraico poi il termine che designa "Terra" è , = "Erez", mentre il vocabolo "Patria" si designa "Arzenu". Tale parola è abbastanza simile, foneticamente, all'Egizio "Retcenu", soprattutto se si considera che la vocalizzazione dei geroglifici egizi, così come delle parole ebraiche, non è sicura. A Serabit troviamo poi reperti archeologici di Dinastie successive, appartenenti ad Ahmes 1°, il primo Faraone che regnò dopo la dominazione degli Hyksos, di Amenofi 1°, di Tuthmosi 1° della 18a Dinastia. Ma sono stati soprattutto la Regina Hat-Shep-Sut ed il figliastro Tuthmosi 3° a costruire elettivamente la parte inferiore del Tempio di Serabit ed a far incidere numerose Steli. Abbastanza stranamente, fa saggiamente notare Flinders-Petrie, in queste iscrizioni non vi è tracci alcuna della furia iconoclasta di Tuthmosi 3° nei confronti delle immagini della matrigna Hat-Shep-Sut, che siamo soliti vedere nell'Antico Egitto propriamente detto. Le iscrizioni e le Steli della Regina a Serabit el Khadem sono infatti sempre ben evidenti, e sostanzialmente intatte, o con "normali" deterioramenti indotti dal tempo. Hat-Shep-Sut e Tuthmosi 3° restaurarono inoltre la grotta originaria di Hathor, ma anche eressero, parallelamente a questa grotta di Hathor, come detto in precedenza, un santuario per il "Dio dell'Est Sopdu", adorato nel deserto ad est della parte centrale del Delta del Nilo. La Dea Hathor, secondo Lanzone, era peraltro venerata ad Elefantina ed ad Abydos proprio con il nome di "Sopdu". L'emblema di "Sopdu" tradiva una certa "natura" celeste. Era infatti definito nell'11a parte del Duat come la "luce dello zodiaco, il grande cono di luminosità che rivaleggiava nei Cieli degli Egizi con la Via Lattea, e che sorgeva est molto prima del Sole".
Il Dio "Sopdu" era inoltre associato sia ad Horus, sia a "Shesmet", un minerale che si estraeva, molto probabilmente, proprio nella zona Serabit e che dava il nome ad una sorta di cintura che il Dio "Sopdu" indossava abitualmente. D'altro canto l'etimologia del nome ci informa che "Sopdu" significa "Colui che penetra". Reperti cronologicamente successivi rinvenuti a Serabit appartenevano ad Amenohotep 2°, Tuthmosi 4°, Amenhotep 3° (con la presenza di un busto della moglie Tiye) sempre della 18a Dinastia e da Seti 1°. Da questo momento si conclusero i lavori di ampliamento ed iniziarono lavori di solo restauro del Tempio di Serabit sotto Seti 2° ed i sovrani ramessidi: Ramses 2° della 19a Dinastia, Ramses 3°, 4°, 5° e 6° appartenenti alla 20 Dinastia. L'attività estrattiva mineraria a Serabit effettuata ai tempi dei Faraoni era limitata al periodo Novembre-Aprile, considerate le condizioni di afa e di caldo impossibile per i minatori durante il periodo estivo. Flinders Petrie ci dice infatti che in una iscrizione sotto il regno di Amen-em-Hat 3° si legge: "Il Capo della spedizione Hor-ur-Ra riporta come egli giunse a Serabit durante la stagione calda, quando il lavoro sembrava quasi impossibile. Ma grazie all'aiuto di Hathor ottenne una grande quantità di Turchese… Egli arrivò durante il mese di Phamenoth (Maggio) e partì durante il mese di Pachons (Luglio)." Tuttavia il Tempio di Serabit era conosciuto nell'Antico Egitto come un luogo di culto dove talora avvenivano guarigioni, per l'epoca, miracolose. La fama di Santuario è dovuta alle numerose Steli votive di ringraziamento, a seguito di benefici riportati, che persone di estrazione sociale medio-elevata erigevano sul luogo e di cui resta ancora qualche frammento. Non a caso lo stesso Faraone Amenhotep 3°, vecchio e malato vi risiedette continuativamente, con la moglie Tiye e tutta la sua corte, per qualche tempo, sperando di poterne trarre giovamento per la sua salute.  Dalla conferenza a Parma di Michele Manher dell’ 11 Dicembre scorso, abbiamo anche appreso che la regina Tiye concepì un figlio proprio in questo luogo, nonostante la presunta (?) infertilità del consorte. Ma l'elemento caratteristico della zona di Serabit è il minerale che veniva estratto e che era sacralmente collegato alla Dea Hathor: il Turchese. Infatti il Sinai era chiamato "Terra del Turchese" e la stessa Hathor era chiamata "Signora della Montagna Orientale" o "Signora del Turchese". Tale termine nella lingua egizia presenta tre differenti grafie e forse due o tre differenti significati, che risultano solo parzialmente conosciuti agli Egittologi: F(e)kat, Mafkat, M(e)fkat, Shesmet.

LE "STRANE" STELI EGIZIE DI SERABIT EL KHADEM, SCETTRI E CADUCEI ?

Esaminando le Steli Egizie provenienti da Serabit possiamo scoprire particolari interessanti ed insoliti. Nella Stele del Tesoriere Sobek-Hotep, tratta da Jaroslav Cerny ("Inscriptions of Sinai"), vediamo il funzionario che offre un "Pane conico" ad Hathor, mentre il Faraone Amen-em-hat 1° (Maat-n-Ra) tiene in mano uno strano "scettro" portogli da Hathor. Il Faraone se lo dirige verso gli occhi dal basso verso l'alto con una inclinazione di circa 15°, ad una distanza di 10-15 centimetri. Questo scettro o bastone appare veramente inconsueto per l'iconografia egizia.



Si tratta infatti di uno scettro "Uas" su cui è innestato obliquamente, proprio come una baionetta, l'Ankh, il Simbolo della vita eterna.



                                    esempi di “varianti” dello scettro UAS                                   
                                                   

Particolare del vaso di Gudea, dedicato a Ningishzida ( Sumer XXI secolo a.C. ). Il caduceo viene interpretato come rappresentazione del dio stesso, anticipa comunque il bastone di Asclepio e il caduceo di Ermes nonché il bastone-scettro di Mose (?)


“Lo scettro UAS era un bastone con una forcella all'estremità inferiore e nella parte superiore, leggermente ricurva, la testa stilizzata di un animale. Poteva essere lungo o corto ed era il bastone in genere più raffigurato perché usato da quasi tutte le divinità, dal sovrano e successivamente, anche dai nobili. Compare nelle pitture e nei rilievi anche come supporto perché era considerato il pilastro che sosteneva il cielo. Aveva anche un significato feticistico di origine sciamanica africana e serviva come connessione per veicolare alla madre terra le energie provenienti dal cielo ed in senso più generico apportava potenza e fortuna. Questo scettro era usato quasi esclusivamente dalle divinità maschili quando era unito all'ankh, simbolo di vita, e al pilastro djed indicante stabilità, come mostra sovente l'iconografia di Osiride e Ptah e successivamente anche dal sovrano,  in quanto incarnazione del dio o come trasmissione di un potere appunto di origine divina”.

L'evento iconografico  sopra esposto quindi risulta strano:

* L'Ankh innestato sulla punta dello scettro Uas è molto raro in steli ed iscrizioni egizie.

* L'Ankh, attributo quasi esclusivo degli Dei, può talora essere impugnato dal Faraone soltanto sotto lo stretto controllo della Divinità, titolare del simbolo della Vita Eterna, che tiene per mano il Sovrano.

* Lo scettro Uas invece è di esclusivo appannaggio della Divinità, di cui rappresenta un segno distintivo e di riconoscimento. Eppure la Dea Hathor lo porge al Faraone che lo impugna e lo rivolge verso la propria testa, in corrispondenza degli occhi!

* Lo scettro Uas si potrebbe assimilare al  “Caduceo” in quanto simbolo di potenza “guaritrice”? Questa potenza/conoscenza o abilità poteva essere trasmessa/insegnata?

Ma questo non è un evento unico a Serabit. Sempre nello stesso "Inscriptions of Sinai" di Cerny troviamo rappresentata una Stele, appartenente allo scriba Nakht. In essa vediamo raffigurati Hat-Shep-Sut che offre il "pane conico" a Shu, mentre il giovane Tuhmosi 3° (a sinistra) fa un'offerta a Hathor.




In questa stele, risalente all'anno 20 del regno di Hatshep-Sut, vediamo che Hathor viene descritta come: "Signora del Mafkat, amata" ("Neb.t m-afkat meri" in geroglifico); a Shu viene invece detto: "Porta nel cielo, Shu, figlio di Ra, amato" ("pet Shu sa Ra meri"). Vediamo che Shu porge alla regina nuovamente lo scettro Uas con l'Ankh innestato a baionetta sul suo apice, indirizzato a circa 15-20 centimetri dagli occhi di Hat-Shep-Sut, sempre dal basso verso l'alto. Ma il particolare più interessante è che la Regina impugna l'Ankh senza essere toccata dal Dio Shu. Era forse divenuta uguale agli Dei? In una Stele di Amen-Hotep 3°, risalente al 36° anno di regno, durante la sua permanenza a Serabit per motivi di salute, viene rappresentato Sopdu, definito dalla legenda come "Grande Dio del Paese dell'Est", che riceve l'offerta di "Pane conico" (manna ?) e che è posto sullo stesso piedistallo di Hathor, a sua volta appellata nuovamente "Signora del Mafkat". Come si può correlare l'"Ankh+lo scettro Uas" con il possibile effetto sul Faraone? La risposta ci giunge da una Stele del Faraone Amenem-Hat 3° (Maat-n-Ra) sempre rinvenuta a Serabit. Sul lato destro vediamo Hathor, accompagnata dalla nota legenda "Signora del Mafkat, amata", che porge l'ormai conosciuto scettro Uas+Ankh al Faraone, che, a sua volta, se lo posiziona all'altezza degli occhi. Dietro al Faraone Maat-n-Ra troviamo una scritta esplicativa, peraltro molto frequente nella iconografia faraonica, che dice: "Il fluido della Vita (eterna) dietro di lui" (Sa Ankh Ha-f). Tale dicitura è altresì presente sempre a Serabit in una Stele datata all'Anno 25 di Tuthmosi 3°, dove è raffigurato il Re mentre fa la consueta offerta ad Hathor, mentre alle sue spalle è presente un Principe Ereditario-Nomarca che impugna una davvero insolita bacchetta. Subito dietro il Faraone troviamo una legenda che afferma: "Il Fluido della Vita (eterna) dietro di lui; Signore come Ra" ("Sa Ankh Ha-f Neb mi Ra"). Il termine egizio "Sa" corrisponde alla "corda unica con nodi" e richiama il simbolo ornamentale della "corda con i nodi" usualmente presente nella tradizione della Massoneria, erede di conoscenze antichissime, presumibilmente proprio egizie. Ma la dicitura "fluido della Vita (eterna) dietro di lui", insieme al tema della "corda" e dei "nodi", propone il tema dell'energia che scorre nella parte posteriore del nostro corpo, connessa alla Midollo Spinale contenuto nella Colonna Vertebrale. Tale energia era conosciuta nei paesi dell'Oriente come "Energia Kundalini" od energia del serpente arrotolato che, dalla regione del plesso sacrale, sale fino alla testa. Ma il tema dei "nodi" e della "corda" è altresì presente sia nella filosofia dei Chakra, o "Ruote di Luce" che nello Shiatsu. In queste discipline troviamo infatti delle linee o meridiani (corda) e dei centri di smistamento dell'energia vitale (nodi) che influenzano centri superiori ed inferiori del nostro corpo. Gli Antichi Egizi erano quindi a conoscenza dell'attività motoria e sensitiva del Midollo Spinale contenuto nella Colonna Vertebrale che regola le attività del nostro corpo? Queste nozioni erano state apprese dagli stessi "Dei" che le avevano date ai popoli dell'Oriente? Per la nostra medicina occidentale (tecnologica) potremmo addirittura ipotizzare una approfondita conoscenza del DNA e della genetica? Le arcane conoscenze “mediche” criptate nel tempio di Serabit el Khadem meritano sicuramente un ulteriore approfondimento.

Bibliografia:
http://unmondoaccanto.blogfree.net/?t=3113285
http://www.egyptianhealing.com/hathortemple.htm
Marco La Rosa – Il risveglio del Caduceo dormiente… - OmPhi Labs 2015
Wikipedia



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