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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

martedì 30 dicembre 2014

LEUCEMIE E NUOVE CURE SPERIMENTALI


SEGNALATO DAL DR. G. COTELLESSA (ENEA)


Leucemia linfoblastica acuta: verso una cura senza chemioterapia

28 persone su 30 guarite grazie a una nuova terapia con lentivirus

Una nuova strategia sperimentata su un ristretto numero di pazienti ha permesso a un team americano di curare 28 casi di leucemia linfoblastica acuta (LLA), senza l’ausilio di farmaci chemioterapici. Una vera e propria rivoluzione in termini di approccio alla cura di questa malattia, che, se venisse confermata, potrebbe rappresentare secondo gli autori una pietra miliare nella cura delle leucemie. E non solo.
La leucemia linfoblastica acuta è una malattia genetica rara, ma nella maggior parte dei casi curabile, che secondo dati AIRC in Italia colpisce circa 670 persone l’anno, in particolar modo in età pediatrica, tanto che essa rappresenta un quarto dei tumori diagnosticati fino ai 14 anni. Attualmente circa 8 pazienti su 10 riescono a guarire dalla malattia grazie a terapie chiemioterapiche, dove per “guarire” si intende non presentare segni di ricaduta entro i 5 anni successivi alla terapia, dato che la recidività oltre questo periodo pare rara. Oggi però un team dell’Università della Pennsylvania sembra aver fatto di più, grazie alla messa a punto di una nuova cura che ha permesso, in un primo esperimento, di guarire completamente dalla malattia 28 pazienti su 30 senza l’ausilio di chemioterapia, ma modificando le cellule del sistema immunitario del paziente in modo che questo risulti rafforzato e quindi in grado di sconfiggere le cellule tumorali. I risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, fra i primi al mondo come prestigio.
“L’idea è quella di un commando di soldati pronti alla battaglia” commenta Giovanni Martinelli, responsabile del Programma scientifico “Diagnosi e Terapie delle Leucemie Acute e delle Sindromi Mielodisplastiche” presso il Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna. “Un manipolo di soldati scelti nell’esercito che vengono addestrati a dovere e armati di tutto punto, per poi, una volta completato l’addestramento, reimmetterli tra le file dell’esercito per debellare il nemico”. Qui però i soldati scelti sono i linfociti prelevati direttamente dal sangue dei malati, le armi sono i cosiddetti lentivirus, virus cioè che non hanno una funzione trasformante, e il nemico invece si chiama CD19, una proteina che si trova sulla superficie delle cellule tumorali.
La leucemia infatti consiste sostanzialmente in una debolezza molto forte del sistema immunitario, che non è in grado di combattere ed eliminare le cellule tumorali che il nostro organismo produce quotidianamente. Se l’approccio chemioterapico affronta il problema focalizzandosi sull’abbattimento dall’esterno tramite i farmaci di queste cellule tumorali, per fermarne la proliferazione, qui la strategia è invece di fornire alle stesse cellule immunitarie le armi per debellare la malattia, appunto ingegnerizzando i lentivirus.
“Il punto non è dunque che questa nuova tecnica cura una malattia incurabile, la differenza è il come la cura, cioè senza bisogno di ricorrere alla chiemioterapia”, precisa Martinelli. ”Certo, la percentuale di guarigioni ottenuta in questa prima fase sperimentale è molto alta, 28 esiti positivi su 30, ma per avere stime e proporzioni più precise bisognerà attendere sperimentazioni future più ampie. Va inoltre precisato che anche se questi primi risultati sono promettenti, siamo ancora pienamente in una fase di ricerca, il vero valore aggiunto dello studio è dimostrare la fattibilità di un approccio come questo, ‘armando’ cioè i linfociti del paziente attraverso lentivirus ingegnerizzati, questa a mio avviso è la vera scoperta” spiega Martinelli.
Questione di metodo più che di numeri dunque. “È un approccio questo, che, una volta confermatane la validità, potrà per esempio venir impiegato per la cura di altre forme leucemiche, sia pediatriche che dell’età adulta, dove la LLA si comporta in modo diverso rispetto a quella in età infantile, nonché nella cura di altri tumori. Ma questo – conclude Martinelli – certamente non fra un mese o fra un anno”.




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