Intervista a Robert
Bauval :
di: Sabrina Pieragostini
da:
“Uno scandalo archeologico, una
questione giudiziaria, un caso diplomatico. La vicenda dei due ricercatori
tedeschi Stefan Erdmann e Dominique Goerlitz, che hanno asportato dei piccoli
campioni di materiale all’interno della Grande Piramide, a oltre un anno di
distanza non si è ancora risolta. Nel frattempo sono trapelate indiscrezioni
sui test effettuati su quei reperti.
In Egitto, la stampa ha dato
grande eco alla storia. I due stranieri sono stati accusati di furto e
danneggiamento: nel grattare un frammento di ocra rossa dal cartiglio scoperto
nel XIX secolo dal colonnello Howard-Vyse, sulla base del quale la più grande
delle piramidi alla periferia del Cairo è stata attribuita al faraone Khufu
(per noi, Cheope), lo avrebbero rovinato. Dopo la denuncia che li ha raggiunti
in patria, dovranno affrontare un processo in Germania il prossimo gennaio. Nel
frattempo, da mesi, in Egitto sono in cella- in attesa di giudizio- i sei
addetti ai beni culturali (guardie, guide, ispettori) che a vario titolo hanno
consentito ai due archeologi dilettanti di commettere il misfatto.
Ad alzare i toni dello scontro è
stato soprattutto l’ex Ministro delle Antichità, l’ancora potentissimo Zahi
Hawass. Secondo lui, i due tedeschi hanno agito su commissione, istigati da un
“ebreo belga” ( così diceva in una intervista al giornale Al Masry Al-Youm),
per dimostrare che i giganti della piana di Giza sono stati edificati 15 mila
anni fa dagli Ebrei e sminuire l’importanza della civiltà egizia. Il
riferimento era diretto a Robert Bauval, il famosissimo scrittore, autore di
vari best-seller sulle piramidi, le cui teorie sono sempre state contestate
dall’egittologia ufficiale.
In realtà Bauval è sicuramente
belga, ma non è ebreo, come prova il certificato di battesimo che ha dovuto
inviare in Egitto ( Paese nel quale tra l’altro è nato) per dimostrare
l’inconsistenza delle accuse di Hawass e smentire qualsiasi ruolo nel
complotto. Non solo. Un altro studioso, Robert Schoch- il geologo che ha
individuato la presenza di erosione dovuta alla pioggia sulla Sfinge,
retrodatandola così di migliaia di anni rispetto alle versioni ufficiali- ha
mostrato alcune foto risalenti al 2006 nelle quali il geroglifico con il nome
di Khufu risulterebbe già scalfito. E all’epoca Hawass era capo assoluto
dell’enorme patrimonio culturale dell’Egitto. Ne era anche pienamente
responsabile.
Insomma, una bella polemica che
coinvolge nomi molto pesanti del panorama dell’archeologia internazionale-
accademica e non. Ma nel frattempo, che ne è stato di quei reperti trafugati
dalla coppia di Indiana Jones improvvisati? Li avevamo lasciati in un
laboratorio di Dresda, al quale erano stati consegnati senza troppe
spiegazioni. “Per noi erano solo delle briciole in un sacchetto”, aveva
dichiarato nel pieno della bufera mediatica il portavoce del centro
scientifico, Bernd Mehkich, che si era detto subito scettico sulla possibilità
di ottenere informazioni utili da quei frammenti microscopici.
In effetti, se lo scopo di
Goerlitz ed Erdmann era riuscire a datare con certezza la Grande Piramide, i
loro sforzi sono stati inutili. “Quello che so per ora è che non sono stati in
grado di utilizzare i campioni di ocra rossa che hanno prelevato per ricavare
dei dati”, ha detto Robert Bauval, che in seguito al suo involontario
coinvolgimento nella vicenda è entrato in contatto con i due ricercatori
tedeschi. “Sembra che abbiano trovato tracce di alluminio nei campioni
esaminati. Tuttavia, gli scienziati sospettano che l’alluminio provenga dagli
strumenti usati da loro stessi”.
Prosegue Bauval: “Non è stato
possibile raggiungere una datazione, ciò nonostante hanno fatto dei test su
campioni del soffitto e questo è intrigante. Non ho visto i risultati di questi
esami, che si sono svolti a Dresda, ma da quello che ho capito- e che sono
libero di dire – quei reperti contengono ferro. Ora, noi sappiamo che gli
antichi Egizi possedevano comunque del ferro, ma solo quello meteoritico, cioè
lo ricavavano dalle meteoriti. Questa sarebbe la prima volta che abbiamo la
prova dell’esistenza di ferro forgiato, una cosa del tutto diversa.”
“Non ho idea di come stia
procedendo la loro indagine, con tutta la gente che hanno coinvolto- mi hanno
parlato di esperti di metallurgia, di ingegneri meccanici e così via” conclude
lo scrittore belga. “ Mi pare però che ritengano probabile la conclusione che i
costruttori della Piramide avessero utensili di metallo.” Inteso come ferro,
sembra di capire. Un dettaglio- se dimostrato- per nulla trascurabile, visto
che nella storiografia l’Età del Ferro inizia nel XII secolo a.C., oltre mille
anni dopo la data comunemente accettata per la costruzione delle tre Sorelle di
Giza.
Un altro degli interrogativi
irrisolti che avvolgono questi straordinari monumenti dei tempi che furono? Lo
studioso pensa di sì. “Sembra che ogni volta che immaginiamo, o meglio, ogni
volta che gli egittologi dicono che non c’è più niente da scoprire, arriva una
sorpresa. L’esplorazione delle piramidi è stata praticamente abbandonata, fin
dagli anni ’20 dello scorso secolo, dal momento che credevano che non c’era
altro da trovare. Una grossa novità è arrivata, ovviamente, nel 1993, quando
Rudolph Gantenbrink ha trovato una porta all’interno della Grande Piramide. Ma
di nuovo, anche all’epoca, si pensava che si trattasse dell’ultima stranezza.
Poi è arrivato il National
Geographic Channel e ha trovato un’altra porta, in un altro condotto. Insomma,
il mistero va avanti. Io credo, come molte persone che hanno condiviso le mie
idee, che le Piramidi di Giza abbiano una connessione con la Cintura di Orione.
Ma non sappiamo come, non sappiamo quando e neppure perché questi monumenti
sono stati edificati. Su tutti, l’elemento più importante è la consapevolezza
che sono stati costruiti con un codice matematico.”
Insomma, l’ennesimo enigma che
avvolge queste grandiose costruzioni dell’antichità. Molti ricercatori, nel
corso degli anni, hanno messo in risalto l’estrema accuratezza della Grande
Piramide e la perfezione della sua realizzazione nella quale hanno riscontrato
delle costanti matematiche e geometriche. A partire dalla ricorrenza dei numeri
primi, ovvero quei numeri divisibili solo per 1 e per se stessi , come 2, 3, 5,
7, 11, 13, 19 e così via. Ufficialmente, il primo a parlarne fu il matematico
greco Euclide, nel suo trattato “Elementi” scritto nel IV secolo a.C. , ma
nessuno sa quando questo concetto basilare sia effettivamente stato elaborato.
Gli Egizi li conoscevano già? E perché li avrebbero dovuti utilizzare come una
costante per costruire la Grande Piramide?
“Sappiamo che gli astrofisici
stanno cercando di trovare tracce di vita extraterrestre: il progetto SETI sta
ancora tentando di captare segnali provenienti dal cosmo e finora non ne sono
arrivati . Ma il messaggio che sperano di poter ricevere dovrebbe essere un
messaggio in numeri primi. Ebbene, la Grande Piramide è stata disegnata sulla
base dei numeri primi e questo è del tutto incomprensibile!”, afferma Bauval.
“Non se ne capisce la ragione, per niente, per questo gli egittologi ancora non
ci credono che siano stati usati i numeri primi per progettare questi
monumenti. Anche questo è un elemento molto sorprendente. In altre parole, la
Grande Piramide manifesta il tipo di informazione nel suo progetto e nel suo
significato astronomico che è esattamente quello che noi oggi useremmo per
tentare di comunicare con una cultura aliena. Questa è la sua essenza, cosa
possa voler dire, non lo sappiamo, ma è così. Sarebbe un errore ignorarlo:
sembra una struttura che intende portare un messaggio, è l’unica conclusione
possibile finora.”
A rafforzare le convinzioni dello
scrittore, i geroglifici individuati di recente nella cosiddetta camera della
Regina nel corso del Progetto Djedi, così chiamato in onore del mago che secondo
la tradizione avrebbe aiutato il Faraone Cheope durante la costruzione della
sua piramide. L’equipe- una collaborazione tra l’Università di Hong Kong,
quella di Leeds, la Scoutek UK, la Dassault Systems francese – è riuscita a
vedere cosa si trova oltre la lastra di pietra contro la quale il robottino
dell’ingegnere tedesco Rodolf Gantenbrink si era dovuto fermare, dopo 63 metri
di risalita.
“Sì- spiega Robert Bauval- già
nel ‘93 si sapeva che c’era una porta alla fine del condotto sud. Nel 2002 una
telecamera a fibre ottiche fu inserita al di là di quella porta, scoprendo a
poca distanza un secondo sbarramento. In quello stesso anno, l’esplorazione del
condotto nord ha permesso di individuare un’altra porta simile. Poi, nel 2012 ,
è stato possibile filmare al di là della porta del condotto sud, la cosiddetta
porta Gantenbrink, e i ricercatori hanno trovato un’iscrizione sul pavimento,
in ocra rossa. A sorpresa, nello stesso tipo di ocra rossa che troviamo nelle
camere di scarico della Camera del Re. Questa scritta sembra indicare dei
numeri, ovvero 1, 20 e 100, cioè 121, il quadrato di 11. Questo è il numero che
troviamo ripetutamente, come numero primo, nel progetto della piramide. È
davvero bizzarro.”
Sembra davvero che le sorprese
non finiscano mai. Chissà cos’altro si potrebbe nascondere tra queste mura che
geniali ingegneri hanno progettato e costruito in modo impeccabile pur
possedendo una tecnologia- sulla carta- molto arretrata. E con scelte a prima
vista senza senso. Perché hanno creato quei cunicoli- rivolti in direzione di
precise costellazioni- per poi chiuderli con dei tappi di granito? Perché la
presunta camera funeraria di Cheope è priva di qualsiasi decorazione, di
qualsiasi riferimento a lui, ad eccezione di quel cartiglio dipinto in un punto
nascosto? Esiste una stanza, rimasta fino ad oggi segreta, nella quale in un
sarcofago mai violato il Faraone prosegue il suo sonno eterno? Domande che
potrebbero rimanere aperte, se il Governo egiziano continuerà a negare i
permessi per svolgere delle approfondite ricerche all’interno della Grande
Piramide. Ufficialmente, dietro al veto c’è la volontà di salvaguardare questo
straordinario patrimonio artistico e culturale, non solo per l’Egitto, ma per
il mondo intero. Peserebbe tuttavia anche la volontà di evitare scoperte
“scomode” che possano solo minimamente scalfire le certezze acquisite da 200
anni di egittologia e che hanno fatto della Terra del Nilo la culla della
civiltà. Certo l’incidente con i due archeologi amatoriali tedeschi, il loro
tentativo di datare la Grande Piramide e il clima di sospetto che si è creato
non aiuta.
“Speravamo che dopo la partenza
di Zawi Hawass avremmo trovato disponibilità per nuove, corrette
investigazioni. È triste che queste esplorazioni finora siano state consentite
ai gruppi sbagliati. Non ho nulla contro la Cayce Foundation o il National
Geographic, ma non sono gli enti adatti per indagare su questi luoghi, specie
la Cayce Foundation”, dice Bauval. La fondazione citata da Bauval diffonde
l’opera e gli insegnamenti di Edgar Cayce, sedicente veggente, che nel 1931
creò l’Associazione per la Ricerca e l’Illuminazione (in inglese, Association
for Research and Enlightenment). Cayce- “il più grande sensitivo del mondo”,
come recita il sito dell’ARE- nelle sue 14mila letture profetiche avrebbe
previsto avvenimenti effettivamente realizzatisi- come la Grande Crisi del
1929, la Seconda Guerra Mondiale, gli esami diagnostici attraverso il prelievo
del sangue- ma anche eventi ancora non verificatisi.
Tra questi, la scoperta di
una Stanza dei Ricordi, costruita in Egitto dagli Atlantidei poco prima della
fine della loro civiltà: in quel luogo segreto, nascosto nel sottosuolo della
Piana di Giza tra le zampe delle Sfinge, secondo il profeta americano sarebbero
custoditi documenti, testimonianze e memorie di quella mitica cultura. A quanto
pare, due rappresentanti della Cayce Foundation, nel 1996, avrebbero ricevuto
proprio da Hawass il permesso di compiere ricerche in zona. E ancora in tempi
molto recenti, l’organizzazione avrebbe continuato ad effettuare scavi non
autorizzati sotto la Grande Piramide. “Quello di cui abbiamo bisogno sono
indagini adeguate, con squadre di architetti, esperti di metallurgia,
ingegneri, astronomi, per avere una giusta visione di questi monumenti”, insiste
Robert Bauval, tra i più critici nei confronti dell’ex factotum
dell’archeologia egizia. “Non so se accadrà nell’immediato futuro, purtroppo al
momento gli Egiziani hanno molti problemi, c’è stata la rivoluzione e
l’attenzione non è concentrata su questi argomenti. Ma ora c’è un nuovo
ministro. Non sappiamo molto di lui, arriva dall’Università del Cairo.
Sfortunatamente dicono che sia un buon amico di Zawi Hawass… Al momento, non ci
sono indicazioni che verranno autorizzate nuove licenze, ma continuiamo a
sperarlo…”
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