SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE
COTELLESSA (ENEA)
Primo farmaco basato sulla terapia
genica
In commercio il primo farmaco
basato sulla terapia genica. Curerà una malattia rara, il deficit di
lipoproteina lipasi
La terapia genica è diventata un
farmaco, e a commercializzarla per la prima volta in Europa sarà un’azienda
italiana, la Chiesi Farmaceutici S.p.A. La patologia in questione è una
malattia rara, che colpisce meno di un centinaio di persone in Italia, ma per
la quale non esiste una cura: il deficit di lipoproteina lipasi (Lpld), cioè la
mancata produzione di un enzima che metabolizza i trigliceridi. In poche parole
chi soffre di questa malattia si trova ad avere livelli di trigliceridi nel
sangue altissimi, che provocano nella maggioranza dei casi pericolose e
dolorose pancreatiti. Fino ad oggi l’unico intervento che veniva fatto era
curare la pancreatite, cioè l’esito finale, nel momento in cui si presentava,
ma non esisteva alcun modo di agire a livello ematico. Ora invece questo
farmaco, chiamato Alipogene tiparvovec e basato sulla terapia genica, che è già
disponibile in Germania mentre in Italia siamo alla fase di contrattazione, è
in grado di ridurre di oltre la metà il sopraggiungere di pancreatiti.
Ne abbiamo parlato con Alberto
Auricchio, Direttore del Programma di Ricerca in Terapia Molecolare presso il
Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM) di Napoli.
Che cosa significa terapia genica
in questo caso?
Ci sono diverse tecniche di
terapia genica a seconda della malattia da trattare. In questo caso si tratta
di iniettare nel muscolo del paziente la copia corretta del gene che manca per
la produzione dell’enzima, attraverso un vettore virale. Il gene corretto viene
inserito nel vettore virale, che poi viene iniettato nel muscolo, che produce
l’enzima mancante e lo mette in circolo. In questo modo il gene modificato fa
la funzione che dovrebbe svolgere il gene non funzionante della persona. Non si
sostituisce, semplicemente si aggiunge al gene inattivo. Per altre patologie,
aggiungere una copia sana del gene non sarebbe sufficiente, bisognerebbe
infatti sostituire quello non funzionante.
Ma perché è stata scelta una
malattia così rara per la messa in commercio del primo farmaco basato sulla
terapia genica?
La ragione è che questa malattia
e’ un ottimo target, nel senso che è molto semplice misurare l’effetto della
terapia genica. È sufficiente infatti rilevare il valore dei trigliceridi per
stabilire l’efficacia della terapia e questo sicuramente si è rivelato un
grande vantaggio per la messa a punto di un farmaco di questo tipo. Inoltre c’è
un altro aspetto non meno importante e cioè il contributo industriale, dato che
per giungere alla realizzazione e alla messa in commercio di un farmaco sono
necessari molti fondi e altrettanta organizzazione. L’azienda che ha studiato e
prodotto il farmaco, l’olandese Uniqure, ha creduto fin dall’inizio nella
terapia genica per questa specifica malattia, portandola avanti per oltre un
decennio, ed è semplicemente arrivata ora alla fase finale.
Qual è il ruolo dell’italiana
Chiesi Farmaceutici quindi?
Come dicevo la ricerca e la
realizzazione industriale del farmaco sono state fatte dalla Uniqure, mentre
Chiesi è l’azienda che venderà il vettore in Europa. Inoltre, Chiesi sta
collaborando con UniQure per la messa a punto di una terapia simile per
un’altra malattia, l’emofilia B.
Ad oggi la Lpld è l’unica
patologia per cui è in commercio un farmaco basato su terapia genica. Quali le
prossime malattie che beneficeranno di tale tecnologia?
Sicuramente il gruppo delle
immunodeficienze combinate gravi. Tra queste il deficit di adenosina deaminasi,
per cui l’Istituto Telethon di Terapia Genica di Milano ha sviluppato una
terapia avanzata basata sula correzione genetica delle cellule del midollo
osseo del paziente ex vivo. Le cellule corrette vengono poi ritrapiantate nel
paziente. Ma ci sono anche progetti di terapia genica in vivo, in cui cioè la
copia corretta del gene viene introdotta direttamente nel corpo del malato, che
sono in fase avanzata. Uno al quale abbiamo dato un importante contributo
dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Napoli riguarda per esempio le
malattie ereditarie della retina che portano alla cecità; un’altra è l’emofilia
B, cioè un deficit della coagulazione del sangue, la cui terapia genica
consiste nel immettere in circolo un vettore modificato che ripristina la
capacità coagulativa del sangue.
Quale invece la frontiera oggi
della terapia genica, la grande sfida?
Sicuramente quello che viene
chiamato editing del genoma, cioè la possibilità di correggere le mutazioni del
DNA con vettori che rimuovono la mutazione sostituendola con la sequenza
corretta, come in un’operazione di “taglia e incolla”. Se in casi come la Lpld
basta aggiungere una copia corretta del gene senza rimuovere quella mutata, in
altre patologie l’aggiunta non basta, solo correggere può portare ad un
beneficio. Il genoma editing e’ più complesso e meno efficiente dell’aggiunta di
geni ma alla fine rappresenta il livello più elevato di terapia genica.
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