IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

venerdì 1 maggio 2020

COVID – 19: ARMISTIZIO E CONVIVENZA



  previsione sul futuro attraverso l'esperienza pregressa

                              di Marco La Rosa

Per il terzo fine settimana consecutivo mi accingo a scrivere qualcosa che mi “scaturisce” dalle osservazioni quotidiane sul “mare” di informazioni che ci bersagliano quotidianamente sul coronavirus.

Chi mi segue sa che ho il brutto vizio di “ficcanasare” nelle notizie che i vari esperti di turno (diverse centinaia ormai) snocciolano su previsioni di andamento, contagio, ospedalizzazione ecc…

E’ ormai uno stillicidio di buone e cattive previsioni che si annullano a vicenda, uno dice “A”, un altro dice “B” un altro ancora dice “C”. Pare che non ci si sia nessun coordinamento, o quasi…
Mi domando se virologi, immunologi e company, hanno studiato sugli stessi testi oppure ognuno ha il suo, troppo spesso in aperto contrasto con quello degli altri. Eppure, se non sbaglio, esiste una letteratura medico-scientifica ormai abbastanza “assodata”, ovviamente non definitiva, non perfetta ma ragionevolmente lineare.

A questo punto provo (da profano o quasi), a farmi un po’ di “luce” da solo e per chi vuole leggermi.

PRIMA DOMANDA a cui vorrei una risposta sufficientemente chiara è:

il COVID – 19 ha un “ciclo” assimilabile a ciò che la medicina moderna ha già visto/incontrato?
Se si, come si interfacciano/intercalano gli interventi per controllarlo e sconfiggerlo?

Se no, be allora è tutta una storia nuova e BISOGNA IMPROVVISARE.

SECONDA DOMANDA: posto che la prima domanda sia un SI, perché il coro degli scienziati che ritengono il COVID – 19 un Virus che tenderà all’equilibrio con l’ospite/ambiente e che quindi si depotenzierà naturalmente, sono pochissimi e in qualche caso anche derisi?

Alla luce di questo assunto, lo scenario apocalittico di una seconda ondata catastrofica (per la sanità) sarebbe infondato, come sarebbe infondato un ritardo del ritorno alla normalità. Quello che sta avvenendo in Italia, ma non in altri stati…(?)

TERZA ED ULTIMA DOMANDA: si lega alla seconda in relazione all’apertura delle scuole primarie (principalmente di primo grado) in molti stati europei. Perchè i bambini fino ai 10-12 anni non subiscono l’attacco del virus e quindi non lo possono trasmettere?

Comunque, se avete voglia di perdere una mezz’ora del vostro tempo, provate a seguire il mio ragionamento, altrimenti fate pure dell’altro.

IL CICLO DI UNA “MALATTIA”:

      
Comprende collettivamente i diversi stadi che si succedono nel corso di un evento morboso. La conoscenza del ciclo della malattia è importante, sia nel singolo individuo (medicina clinica) che  in una più ampia popolazione (epidemiologia), per la messa a punto di strategie di terapia e di prevenzione, controllo, eradicazione e profilassi. Il ciclo-tipo di una malattia può essere suddiviso in diverse fasi, alcune delle quali possono sovrapporsi. Lo schema soprastante rappresenta la schematizzazione semplificata degli eventi che si verificano in un individuo  (o animale essendo valido anche in campo veterinario) ammalato in funzione del tempo.

11      esposizione: è l'evento iniziale che, nel caso delle malattie infettive, dà origine all’infezione;
22     periodo di incubazione: è il tempo che intercorre tra l'esposizione e la comparsa di sintomi clinici. Per le malattie non trasmissibili esso è detto periodo di latenza. Questo periodo può variare ampiamente in rapporto al tipo di agente, all'ospite e a numerosi altri fattori, lo stiamo vedendo bene per il COVID-19.
33   periodo prodromico: è il periodo di transizione tra lo stato di salute e quello di malattia, caratterizzato dai primi sintomi (che possono anche essere non specifici della malattia);
44  malattia clinica (o subclinica): in questo periodo i sintomi della malattia raggiungono la loro massima evidenza. Se i sintomi sono molto marcati, la malattia è in "forma acuta"; se sono di minore intensità, allora la malattia è in "forma subacuta". Non sempre i sintomi sono presenti; nel caso in cui manchino, si parla di "malattia subclinica" o asintomatica.

Se la malattia è grave, può verificarsi la morte dell'individuo ammalato.

55      regressione: è il periodo in cui i sintomi si fanno meno intensi; spesso la regressione è dovuta alla reazione dell'ospite (es. produzione di anticorpi). Tuttavia, è possibile che l'ospite non riesca a guarire completamente, e quindi la malattia entra in una lunga fase detta di «cronicizzazione», cioè acquisisce i caratteri della «malattia cronica»;
66 convalescenza e guarigione: in questa fase si ha il ristabilimento completo delle funzioni dell'organismo, che ritorna in stato di salute. Notare che alcune malattie provocano lesioni permanenti e quindi inibiscono una guarigione perfetta;
77   stato di portatore: ovviamente può realizzarsi soltanto nel caso delle malattie infettive: in questa fase, che in molti casi NON si verifica, l'individuo alberga l'agente (ed è capace di trasmetterlo ad altri individui recettivi), senza manifestare alcun segno di malattia. L'individuo «portatore» è in stato di infezione subclinica o di infezione latente.

Per le malattie infettive, il periodo di trasmissibilità o di contagiosità (cioè il lasso di tempo durante il quale l'individuo può trasmettere l'infezione ad altri dipende da molti fattori (tipo di malattia, tipo di ospite, ecc.). Come regola generale, questo periodo (evidenziato in arancio nello schema) inizia poco dopo l'infezione, persiste negli individui portatori ma si esaurisce dopo la guarigione.

L'epidemiologia si occupa delle malattie in popolazioni. E’ importante, più che occuparsi della malattia nei singoli casi, osservarne l'andamento nelle popolazioni, seguendone l'evoluzione sia nel tempo che nello spazio, quindi nell’attuale caso del COVID – 19 sono molti importanti le cosiddette “curve epidemiche”. Una delle più comuni forme di visualizzazione dell'andamento nel tempo di una malattia/epidemia/pandemia in una popolazione è la rappresentazione attraverso un grafico, in cui il numero di nuovi casi “incidenza” si pone in ordinata e il tempo in ascissa:

                                           

Il grafico che si ottiene dai dati raccolti durante un’epidemia/pandemia genera una «curva epidemica» (rappresentata da un diagramma a barre). La curva epidemica fornisce indicazioni preziose riguardo l'andamento di una epidemia, e può contribuire a rispondere a importanti domande quali: qual è stata la via di diffusione della malattia? quando si è verificata l'esposizione all'agente della malattia? quale è stato il periodo di incubazione? si sono verificati dei casi secondari? L'andamento nel tempo della malattia, riprodotto dalle barre o dalla forma della curva, può essere utile anche per sviluppare ipotesi riguardo alla causa della malattia e alle sue caratteristiche epidemiologiche, e per fare previsioni sull'andamento futuro.

Nella figura che segue è rappresentato un esempio di andamento tipico di una curva epidemica di una malattia trasmissibile.
  
                      

 Si può notare un andamento bi-modale: infatti la curva ha due «picchi» che testimoniano che la malattia è diffusiva. I primi casi formano la curva più piccola (detta curva primaria); successivamente essi contagiano altri individui della popolazione, che vanno a formare la curva secondaria. Tutto questo lo abbiamo visto bene per il COVID – 19, dove ci siamo ovviamente persi per strada la curva primaria, generatasi sul finire del 2019 in Lombardia. Ovviamente si tratta di una rappresentazione schematica, e non sempre in natura può essere evidenziato un andamento simile a questo. Infatti, l'aspetto della curva dipende da numerose variabili fra cui le più importanti sono: via di escrezione e velocità di propagazione dell'agente eziologico, densità della popolazione, proporzione di individui recettivi. Il lasso di tempo che separa la curva primaria dalla secondaria corrisponde approssimativamente al periodo di incubazione della malattia. Per il COVID-19, questo schema calza a pennello.

Un’ epidemia può verificarsi ed estendersi soltanto in presenza di una determinata densità minima di individui recettivi nel territorio. Questa densità minima è detta «livello di soglia» ed è stata definita matematicamente.

 “Come far di conto in una epidemia”

La “Matematica delle epidemie” è un settore dell’epidemiologia che ha avuto uno sviluppo notevole e che ha prodotto una serie di modelli per descrivere e per stimare la dinamica delle epidemie. Nei corsi di epidemiologia spesso se ne fa solo un accenno ed infatti queste competenze (purtroppo – ndr MLR) non sono per lo più acquisite dalla maggior parte degli epidemiologi e sono invece appannaggio solo di alcuni statistici e matematici. Sarebbe pertanto auspicabile che oltre alle competenze necessarie per analizzare le patologie croniche ed i relativi fattori di rischio, i giovani epidemiologi, visti i tempi, incominciassero ad attrezzarsi per saper meglio operare anche in campo infettivologico”.

«Teorema della Soglia di Kendall».

Se in una popolazione “non finita” ogni soggetto infetto contagia mediamente più soggetti il numero di nuovi infetti nell’unità di tempo crescerà in modo esponenziale. Se invece ogni soggetto infetto arriva mediamente a contagiarne un solo allora il numero di infetti rimane costante nel tempo. Se infine ogni soggetto contagia mediamente meno di un soggetto, il numero di infetti decresce e l’epidemia, seppur magari lentamente, si estingue. I calcoli sui dati dell’epidemia da corona virus sembrano indicare che ogni infetto abbia mediamente contagiato tra i due ed i tre individui e se la situazione rimane questa il trend del numero di infetti non potrà che essere esponenziale. E’ quindi evidente che l’azione di contenimento deve operare nel tentativo di ridurre il numero di contagi prodotto da ogni soggetti infetto.

ANDAMENTO DELL’EPIDEMIA IN UNA POPOLAZIONE “RICETTIVA”:

     
Nello schema soprastante è illustrato l'andamento di una tipica epidemia che si verifica quando un agente infetta una popolazione costituita da individui pienamente recettivi. Ogni cerchio rappresenta un individuo infetto; le linee nere indicano l'avvenuto trasferimento dell'infezione da un individuo all'altro. I cerchi rossi rappresentano gli individui che riescono a trasmettere il contagio ad altri individui. I cerchi blu simboleggiano gli individui che non sono riusciti a infettarne altri. Durante il 1° periodo, la maggior parte della popolazione è suscettibile (curva rossa), e quindi la malattia ha modo di diffondersi facilmente negli individui della popolazione, e lo abbiamo visto con il coronavirus da Febbraio ad Aprile. Contemporaneamente, si assiste a un lieve incremento dell'immunità di popolazione, dovuta ai soggetti che si sono infettati e successivamente si sono immunizzati; l'andamento dell'immunità di popolazione nel tempo è rappresentata dalla curva blu sull'asse cartesiano. Nel grafico, le curve della immunità di popolazione e della recettività di popolazione indicano la proporzione di individui che, in rapporto al tempo, risultano rispettivamente immuni o suscettibili alla malattia.

In altre parole, la curva blu rappresenta il tasso di immuni e la curva rossa il tasso di recettivi.

Durante il 2° periodo, il numero di individui suscettibili diminuisce: ciò è la conseguenza del fatto che quelli ammalatisi durante il I periodo sono morti oppure sono passati nella categoria degli "immuni". Pertanto, aumenta il numero di infetti che, non avendo sufficienti contatti con individui recettivi, non riescono a trasmettere il contagio (cerchi blu); tuttavia, la malattia si manifesta ancora con discreta frequenza, in quanto i recettivi sono ancora relativamente numerosi. L'immunità di popolazione continua a crescere.

Nel 3° periodo l'immunità di popolazione raggiunge il massimo livello. Il numero di contagianti si fa via via più basso, il numero di immuni più alto, e quindi l'epidemia si esaurisce spontaneamente.

LO SCHEMA ACQUISITO DALLA LETTERATURA MEDICO SCIENTIFICA E DALLE OSSERVAZIONI SUL CAMPO, CI DICE COME ANDRA’ ANCHE CON IL COVID – 19, E’ UNO SCHEMA FISSO ASSODATO, FINO AD ORA, CON TUTTI I VIRUS “NATURALI/NON MANIPOLATI (?)” CHE ABBIAMO INCONTRATO.

Questo doveva essere il concetto che alcuni  primi ministri e uomini di stato, hanno tentano di spiegare alla popolazione “mondiale” in maniera maldestra e poco convincente, anche perché (mi duole dirlo), mal supportati dall’apparato scientifico che spesso si comporta con “scientismo”.

Comunque, per corretta informazione devo precisare che Il modello sopra descritto è notevolmente semplificato, in quanto presuppone una popolazione inizialmente del tutto recettiva e tiene conto - in sostanza - soltanto della variabile «immunità di popolazione». Tuttavia, è necessario ricordare che i fattori associati alla diffusione delle infezioni sono numerosi e interagiscono fra loro e con altre variabili ambientali (smog, particolato, inquinamento elettromagnetico ecc…), per somma o sinergismo, formando un mosaico di grande complessità. Fra i più rilevanti, sono da ricordare alcuni fattori legati all'ospite: caratteristiche, recettività e contagiosità, vie di escrezione, periodo di incubazione; altri legati all'agente (virus) caratteristiche dell'agente, infettività, virulenza, stabilità) ed, infine, altri legati alla “efficienza del contatto”.



                         
Nell’epidemia, poi diventata pandemia del COVID – 19, è insita l’imprevedibilità dell'evento, bisogna comunque tenere presente anche il concetto di “modificazione della suscettibilità”. Nell'uomo, per esempio l’ epatite virale si è manifestata fino al 1968 con cicli della durata di circa 7 anni. Una spiegazione di questo fenomeno è che la popolazione va incontro a modificazioni della suscettibilità, e che l'incremento della frequenza corrisponde a un aumento della recettività. Poi, quando molti individui sono stati infettati, si instaura una immunità di popolazione che provoca un regresso della frequenza delle infezioni.


                                                     
L’ARMISTIZIO E LA CONVIVENZA:

1)

“Come hanno spiegato gli scienziati onesti, anche in televisione, questi virus a RNA (come i Corona virus) mutano praticamente a ogni ciclo negli ospiti infettati; per cui, ad ogni replicazione dei virus (questione di ore e alcuni giorni per la manifestazione dei sintomi), in ogni essere umano rimangono tracce e mutazioni del virus, mutazioni che nel tempo lo rendono sempre meno pericoloso, mentre l’ospite sviluppa gli anticorpi… Passando, progressivamente, da patogeno a “simbionte” (In biologia, individuo che vive in simbiosi). Anche perchè… quando muore l’ospite muore anche il parassita (talvolta trattasi del ceppo più pericoloso, ma per lo più la morte sopravviene a causa dell’ospite... malato di altre patologie e/o molto anziano).

In sostanza, la Natura tende all’equilibrio…

Un vaccino, come per l’influenza, non serve quasi a nulla… perché i virus intanto son già mutati…

Come dimostrano decenni di vaccinazioni forsennate, mentre i virus diventano sempre più aggressivi e “saltano l’ostacolo”…Paradossalmente, in un contesto “Ecologico-microbiologico”, più vacciniamo e più selezioniamo i ceppi di virus maggiormente aggressivi e mutanti che in breve tempo sostituiscono quelli sensibili al vaccino stesso.

E più sterilizziamo, più lasciamo l’ambiente privo di microbi… tra cui quelli utili.

Così come è nel nostro intestino, laddove vivono miliardi di microbi di moltissime specie (microbiota). Già sottoposti alle azioni mutagene e selettive di residui chimici di Pesticidi, Glifosate, antibiotici e disinfettanti, microplastiche e altre migliaia di sostanze chimiche pericolose presenti nell'ambiente, nel cibo e nelle acque.

Nei terreni fertili esistono miliardi di microbi utili… Mentre nei terreni soggetti a pesticidi e disseccanti come Glifosate le piante si ammalano in mancanza di organismi utili, mentre i patogeni mutano e si rinforzano divenendo resistenti ai Pesticidi… Similmente avviene nel microbiota intestinale. Scienziati importanti ci confermano che i bambini sono più resistenti a virus e batteri anche perchè se ne scambiano continuamente milioni tra loro… In sostanza, se semplifichiamo troppo il microbiota rimaniamo solo noi… e i Patogeni che vivono a nostre spese…”

Da:


2)

"Il virus tende a spegnersi da solo. Il ritorno alla vita normale non è così lontano"

L'immunologo Francesco Le Foche ai microfoni di Radi Radio2 dice la sua sulla "Fase due": "Il vaccino? Punterei sulla sanità sul territorio. Se preso in tempo, il coronavirus non fa gravi danni"

Si definisce ottimista, ma dice che il suo ottimismo è basato sulla scienza. Francesco Le Foche, primario di immuno-infettivologia al day hospital del Policlinico Umberto I di Roma, ha detto la sua sulla “fase due” ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”: “Un ritorno alla vita più o meno normale? Non è da considerarsi così lontano. Dobbiamo attendere le prossime due settimane - ha affermato - se le cose continuano in questo modo entro le prime due settimane di maggio potremo uscire e riorganizzare la nostra società. Se questo virus si comporterà come dovrebbe e come la storia dei coronavirus ci fa pensare potremmo tornare alla nostra vita sociale. Non credo che dovremmo restringere molto la nostra libertà e la nostra autonomia sociale”.

Secondo il professore, anche la prospettiva delle vacanze è plausibile: “Non credo alle vacanze estive fatte fuori dall’Italia, ma credo che in Italia potremo andare in vacanza”. Per liberarci completamente dal virus, occorre il vaccino: “Non credo sia così indispensabile tra un anno o un anno e mezzo questo vaccino. Poi, qualora ci fosse questa opportunità, ben venga. Solo le vaccinazioni riescono a far scomparire del tutto i virus dalla faccia della terra. Però se questo virus si comporta come la SARS è destinato a scomparire. Essendo questo un coronavirus per l’ottanta percento identico a quello della SARS dovrebbe aver avuto una fase pandemica che adesso si sta spegnendo. Sono ottimista e il mio ottimismo è basato sulla scienza”.

 Stando a quanto affermato da Le Foche, sembra che il coronavirus abbia perso vigore: “Questo virus, come gli altri coronavirus che abbiamo già conosciuto in passato, tende a spegnersi da solo. È così. È risaputo nell’ambito scientifico che i coronavirus tendono a dare delle pandemie e poi piano piano tendono a spegnersi. Soprattutto quando c’è una riduzione della loro entropia sociale. Grazie al lockdown questo virus non potendo contagiare le persone che sono chiuse in casa piano piano non ha più la carica di diffondersi e quindi tende ad autospegnersi, a vivere una sorta di morte programmata. Speriamo che questo avvenga rapidamente e sembrerebbe che i primi caldi possano essere d’aiuto”.

Fondamentale è tutelare la salute pubblica sul territorio: “Questo virus ci ha permesso di rivalutare meglio questo aspetto, ora c’è un rinascimento della sanità pubblica, si acquisiranno di nuovo delle valutazioni che avevamo un po’ perso - aggiunge -. Tagli alla sanità e riduzione di personale e fondi hanno indotto a ridurre anche la medicina del territorio. Ora lo sappiamo. Riorganizzeremo la medicina del territorio, perché questo, lo ripeto, è un virus che non deve arrivare in ospedale”.

DA:

3)

Coronavirus, il medico: "Virus mutato. Non ha più la stessa forza"

Maurizio Borghetti, radiologo dell’ospedale di Crema, snocciola i numeri: a marzo registrati in provincia 3.800 casi, ad aprile invece sono 2.100

Crema, 29 aprile 2020 - «Il virus è mutato e da inizio mese infetta di meno. La prova? Il numero di polmoniti provocate dal coronavirus è crollato". Lo dice Maurizio Borghetti, radiologo dell’ospedale di Crema, convinto della sua teoria da una serie di evidenze. "Negli ultimi due mesi abbiamo eseguito 2.800 Tac polmonari, unico esame che evidenzia l’infezione. Siamo arrivati a farne 130/140 al giorno e a riscontrare polmoniti su oltre 70 esami eseguiti. Lo scorso anno, nello stesso periodo, ne avevamo fatte solo 200. Ma il dato che più interessa è che nelle ultime quattro settimane il numero delle polmoniti sì è ridotto sensibilmente. C’è una sola spiegazione, visto che il virus è ancora in giro: non ha più la forza di prima".

Borghetti non sa spiegare perché il virus sia diventato meno aggressivo, ma sa bene che i numeri dei nuovi casi e dei ricoverati sono diminuiti. Per esempio a Crema ci sono stati 410 positivi a marzo, mentre ad aprile solo 80. Nella provincia di Cremona si è passati da 3.800 casi a 2.100, mentre i morti da 700 a meno di 300. «I numeri, però, non sono mai esatti. Sappiamo che ci sono molte persone alle quali non sono stati fatti i tamponi eppure hanno contratto il virus. In Lombardia sono stati fatti 350mila test: troppo pochi. Adesso sarà importante mantenere mascherina e distanza, ma ritengo che non ci sarà una nuova impennata del virus". C’è da dire che molti guardano con una certa apprensione alla riapertura del 4 maggio, temendo una nuova esplosione dell’epidemia. In Germania, che ha già riaperto, la curva dei contagi è purtroppo tornata a crescere. Per quanto riguarda i dati giornalieri, solo 22 nuovi casi a Cremona, mentre a Lodi si sono verificati 11 casi in più. A Pavia secondo giorno consecutivo con numeri più alti: 99 i contagi in più per un aumento.

DA:

4)

Il coronavirus, i bambini (in genere più protetti) e il ruolo del recettore ACE2

Le ipotesi sono molte ma i più piccoli sarebbero meno colpiti perché le loro cellule non hanno una chiave d’accesso (o è poco sviluppata) che serve al virus per infettarle.

Se ne parla dall’inizio dell’epidemia del coronavirus: i bambini sembrano ammalarsi meno e avere spesso un decorso migliore. Purtroppo ci sono eccezioni come la bimba belga di 12 anni e la ragazzina di 16 anni francese e un’altra manciata di casi segnalati nel mondo ma in genere i giovani, (ad esclusione di chi soffre di patologie croniche) sembrano sfuggire al peggio di questa pandemia. Da un primo studio su oltre 700 bambini he avevano avuto contatti con positivi era emerso che solo il 10% di loro aveva contratto il virus. Un altro studio, pubblicato online sulla rivista Pediatrics, ha esaminato oltre 2.000 bambini malati in tutta la Cina, dove è iniziata la pandemia scoprendo che nel 6% dei casi l’infezione è molto grave anche se nella maggior parte dei piccoli pazienti sintomi restano lievi. Protetti, ma non sempre invincibili dunque.

Gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando un motivo per cui i bambini sembrano essere colpiti solo di striscio dalla pandemia . Questa non è la prima malattia da coronavirus a colpire di più gli anziani: la stessa cosa era già successa con le epidemie di Sars e Mers dove i bambini erano stati risparmiati . Durante l’epidemia di Sars che dal 2002 al 2003 interessò oltre 8000 persone, uccidendone 774, furono soltanto 80 i casi di contagio certificati tra i bambini, e 55 quelli sospetti. Nessun bambino o adolescente morì per la Sars e solamente uno trasmise il virus a un’altra persona. I ricercatori scoprirono che i bambini sotto i 12 anni avevano molte meno probabilità di essere ricoverati in ospedale o di aver bisogno di trattamenti con ossigeno, mentre i bambini sopra i 12 anni presentavano sintomi simili agli adulti. Anche durante le epidemie di Mers in Arabia Saudita nel 2012 e in Corea del Sud nel 2015, la maggior parte dei bambini contagiati non sviluppò mai sintomi.

Il ruolo del recettore ACE2

Perché i bambini sembrano essere dunque più protetti? Una delle teorie che gli scienziati stanno portando riguarda come il virus penetra nel nostro organismo. Nella prima fase di un’infezione, ogni virus deve infatti «ingannare» la cellula da infettare forzandone una «serratura». «Studiando le caratteristiche della proteina del nuovo coronavirus che funge da “chiave” — spiega il virologo Roberto Burioni — si è capito, con ragionevole certezza, che essa è in grado di aprire una serratura in particolare: questa serratura è rappresentata da un’altra proteina presente sulle nostre cellule, chiamata recettore ACE2, lo stesso recettore riconosciuto dal virus della SARS». Gli scienziati ipotizzano che, dato che i recettori ACE2 nei bambini sono poco espressi si adattano male al virus. Insomma i bambini sarebbero meno colpiti perché le loro cellule non hanno una chiave d’accesso che serve al virus per infettarle. «Il recettore potrebbe non essere così sviluppato nei bambini come negli adulti e questo renderebbe più difficile il legame tra le punte delle minuscole particelle virali e l’ingresso delle particelle virali» ha aggiunto il dottor Srinivas Murthy, professore associato di pediatria all’Università della British Columbia intervistato dal New York Times «Potrebbe avere forme diverse o essere espresso in modo diverso nei polmoni dei bambini» ipotizza Calum Semple, professore di medicina infantile e dell’epidemia alla Liverpool University intervistato dal Financial Time.

Le altre ipotesi:

Un’altra teoria è che i bambini hanno, in generale, polmoni più sani rispetto agli adulti, che sono stati più esposti all’inquinamento nel corso della vita. È anche possibile, dicono gli esperti, che il sistema immunitario dei bambini non attacchi il virus in modo violento come fanno i sistemi immunitari adulti. I medici hanno infatti scoperto che alcuni dei gravi danni subiti dagli adulti infetti non sono stati causati dal virus stesso, ma da una risposta immunitaria troppo aggressiva che ha creato un’infiammazione distruttiva. «Esistono tra l’altro molti virus - spiega Alberto Villani presidente della Società italiana di Pediatria - che sono molto aggressivi solo in alcune fasce di età. Pensiamo alla varicella ad esempio, che colpisce soprattutto i bambini ed è una malattia affrontabile mentre negli adulti diventa malattia importante, o alla bronchiolite che tocca i bambini nei primi mesi di vita. Non è dunque insolito che determinati virus attacchino per fasce di età». «Sappiamo che i coronavirus sono la causa più frequente di raffreddore - aggiunge Alberto Villani, che è anche responsabile del reparto di Pediatria generale e malattie infettive all’Ospedale Bambino Gesù di Roma - e i bambini vanno incontro ripetutamente a infezioni da coronavirus: è possibile che la risposta immunitaria a infezioni recenti da coronavirus aiuti i bambini a difendersi meglio anche dal nuovo Covid-19. C’è insomma una difesa generica, seppur non specifica su questo patogeno».

Da:

Concludendo, posso tranquillamente confermare tutte le mie perplessità relative alla corretta “trasmissione” delle conoscenze su questa epidemia/pandemia, da parte della scienza ufficiale, chiamata attraverso innumerevoli “task force” a dare un “parere vincolante” e quindi a condizionare pesantemente le decisioni delle istituzioni. Purtroppo c’è chi rimarrà per molto tempo traumatizzato e danneggiato, da qualcosa che non andava assolutamente sottovalutato ma nemmeno per troppo tempo sopravvalutato.

Ma è il mio parere e per fortuna…non conta nulla.


Bibliografia:
Un modello matematico per simulare possibili scenari pandemici


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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs








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