IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

martedì 7 febbraio 2017

IL VERME IMMORTALE E...L'INVIDIA UMANA



SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Gli scienziati dell’Università di Nottingham hanno dato vita a numerosi dibattiti nel 2008, affermando che il loro oggetto di studio, la Planaria o “verme piatto”, potrebbe in realtà essere immortale, essendo in possesso di una capacità illimitata di rigenerare le proprie cellule, e quindi praticamente senza mai invecchiare. Come potete immaginare una scoperta così interessante non è passata inosservata e non ci è voluto molto perchè fosse posta la domanda essenziale: come potete affermare che essi siano davvero immortali? Una semplice domanda, con una risposta estremamente complicata.
Per rispondere dobbiamo, in primo luogo, definire che cosa rende un “soggetto” biologico immortale. Semplicemente, se diciamo che un animale è immortale, aspettarsi che muoia è lontano dall’essere pratico, in termini scientifici. I ricercatori hanno isolato una serie di parametri genetici che devono presentarsi per poter considerare un animale immortale. Prima di tutto si deve ritenere che esso abbia la capacità di sostituire le sue vecchie cellule indefinitamente, ed è il compito delle cellule staminali. Con l’età la maggior parte degli esseri viventi tende a perdere gradualmente questa capacità, andando incontro a invecchiamento o “senescenza replicativa” (per usare un termine tecnico specifico – ndr – MLR), disordini ed in ultimo a morte. Il verme piatto non solo è in grado di rigenerare le sue vecchie cellule, ma può letteralmente costruire un nuovo cervello, l’intestino o la coda quando viene diviso a metà, quindi dando vita letteralmente ad un nuovo “individuo”. Nel corso degli anni, durante le loro ricerche, gli scienziati della Notthingam University hanno clonato alcune migliaia di individui partendo da un solo verme piatto, tagliandolo a metà. Il biologo Dottor Aziz Aboobaker della University’s School of Biology, che ha guidato il progetto, spiega: “ Stavamo studiando due tipi di vermi planari; quelli che si riproducono sessualmente, come noi, e quelli che si riproducono asessualmente, semplicemente dividendosi in due” ; entrambi sembrano essere in grado di rigenerarsi indefinitamente sviluppando nuovi muscoli, pelle, intestini ed anche cervelli completi. Solitamente quando le cellule staminali si dividono – per curare le ferite o durante la riproduzione o la crescita – esse cominciano a mostrare segni d’invecchiamento. Ciò significa che le cellule staminali non saranno più capaci di dividersi e meno capaci di sostituire cellule specializzate morte nei tessuti dei nostri corpi. L’invecchiamento della nostra pelle è forse l’esempio più chiaro di quest’effetto. I vermi planari e le loro cellule staminali sono in qualche modo capaci di evitare il processo di invecchiamento e mantenere la divisione cellulare.”

LA CHIAVE SI CELA NEL DNA:

Ogni volta che una cellula si divide, la terminazione del suo DNA, chiamata telomero, diventa più corto (Il telomero è la regione terminale di un cromosoma composta di DNA altamente ripetuto che protegge l'estremità del cromosoma stesso dal deterioramento o dalla fusione con cromosomi confinanti), l’ enzima chiamato telomerasi rigenera i telomeri, e comunque nella maggior parte degli organismi a riproduzione sessuale è attiva soltanto durante lo sviluppo dell’organismo. (La telomerasi è una ribonucleoproteina, un enzima che aggiunge sequenze ripetitive di DNA non codificante, TTAGGG" per tutti i vertebrati ed altri organismi, al terminale 3' dei filamenti di DNA nelle regioni dei telomeri, che si trovano alle estremità dei cromosomi eucariotici, riallungando così i telomeri accorciati in modo da mantenere integri i cromosomi. Si tratta di una vera e propria trascrittasi inversa o DNA polimerasi RNA-dipendente, dal momento che utilizza frammenti di RNA, propri, come stampo per l'elongazione dei telomeri. L'esistenza di un meccanismo compensativo del processo d'accorciamento dei telomeri era già stato previsto dal biologo sovietico Alekseï Matveïevitch Olovnikov nel 1973 che aveva anche suggerito l'ipotesi di invecchiamento dei telomeri e le connessioni tra telomeri e tumori. Grazie alla scoperta del processo della telomerasi, nel ciliato Tetrahymena, un tipico organismo modello, e su questo specifico studio Elizabeth Blackburn, Carol W. Greider e Jack W. Szostak hanno vinto il Premio Nobel per la Medicina 2009 – ndr – vedi: IL PRINCIPIO DELL’IMMORTALITA’, neo-eso-biologia di Marco La Rosa e Giorgio Pattera CreateSpace Edition 2016). 



Una volta raggiunta la maturità, l’ enzima smette di funzionare e i telomeri diventano sempre più corti finchè la replicazione cellulare diventa impossibile, pena gravi danneggiamenti al DNA. Un animale immortale invece riesce a mantenere la lunghezza del telomeri indefinitamente, senza problematiche di tipo cangerogeno, in questo modo può continuare a riprodursi, e il Dott. Aboobaker con i suoi colleghi sono riusciti a dimostrare che i vermi piatti conservano attivamente le terminazioni dei loro cromosomi nelle cellule staminali adulte, portandoli all’immortalità teorica. Il dottorando Thomas Tan ha condotto una serie di esperimenti decisivi all’interno del progetto, per spiegare scientificamente l’affascinante, quanto teorica, immortalità. È stata identificata una versione piana del gene che codifica per l’enzima della telomerasi con attività “spenta”. Armati di questa nuova scoperta e comprensione, gli scienziati hanno monitorato e misurato il gene, osservando che nei vermi a riproduzione asessuata la sua attività aumenta enormemente quando si rigenerano, permettendo alle cellule staminali di conservare i loro telomeri durante la divisione per formare tessuti mancanti. Questa attività di ricerca è stata svolta nel laboratorio genetico sui lieviti del Prof. Edward Louis, il centro di Ricerca sui Tumori al Cervello nei Bambini e nei centri di ricerca della University of Notthingam competenti in biologia del telomero.

DA VERMI IMMORTALI A UMANI IMMORTALI:

Lo studio ha evidenziato però che la “versione piana” del gene sopra descritto, non si presentava nei vermi piatti con riproduzione sessuale che, in ogni caso, continuavano a mostrare la stessa, apparentemente indefinita, capacità di riprodursi. L’evidenza sorprendente è dunque espressa dal fatto che se questi vermi piatti accorciassero eventualmente i loro telomeri, sebbene molto gradualmente, o avessero trovato un modo diverso di conservare indefinitamente la replicazione cellulare, questo esula dall’enzima della telomerasi. I ricercatori sostengono che il prossimo passo è studiare come tutto ciò può essere applicato ad organismi più complessi, come gli umani. “ I prossimi obiettivi per noi sono: comprendere questi meccanismi più nel dettaglio e capire di più su come far evolvere animali immortali.” dice Aboobaker. “I vermi sono un sistema modello sul quale possiamo basarci per testare se è possibile per un animale pluricellulare essere o divenire (?) immortale o quanto meno evitare il più a lungo possibile gli effetti dell’invecchiamento…”

Le scoperte sono state pubblicate su PNAS. University of Nottingham.

Fonte: Zmescience

Da: https://lospiritodeltempo.wordpress.com/2012/03/25/gli-scienziati-provano-che-un-verme-immortale-puo-rigenerarsi-infinitamente-e-restare-per-sempre-giovane/

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DI MARCO LA ROSA
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