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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

venerdì 28 marzo 2014

I MISTERI DELLA NUBE DI OORT


Secondo gli astronomi, un agglomerato nubiforme, composto forse da miliardi di corpi celesti di varia grandezza,  circonda il Sistema Solare. Ad ipotizzare la sua esistenza fu l'astronomo olandese Jan Oort nel 1950, il quale ipotizzò che le comete provengano proprio da questa nube.

La “Nube-di-Oort”:


 è un’ipotetica, probabile nube di detriti posta tra 20 mila e 100 mila Unità Astronomiche (0,3 e 1,5 anni luce) dal Sole, cioè circa 2400 volte la distanza tra il Sole ed il planetoide Plutone.
La maggioranza degli astronomi è convinta della sua esistenza, anche se la nube non è mai stata osservata perché troppo lontana e buia perfino per i telescopi moderni.

Si ritiene che sia il luogo da cui provengono le comete di lungo periodo, come la Hale-Bopp e la Hyakutake, mentre la più famosa cometa 1P/Halley (di corto periodo) proviene dalla fascia di Kuiper che è una nube di piccoli oggetti che stazionano oltre l’orbita di Nettuno.

I ricercatori pensano che la nube di Oort si sia formata agli albori del Sistema Solare, dai detriti dei dischi proto-planetari che non si sono “aggregati”. Se così fosse, questa enigmatica struttura potrebbe contenere indizi preziosi per comprendere a pieno la formazione del Sistema Solare.
In realtà, il primo a teorizzare qualcosa di simile fu Ernst Öpik, un astronomo Estone, che nel 1932 avanzò l’ipotesi che le comete avessero origine da una nube situata al bordo esterno del sistema Solare, ben oltre la fascia di Kuiper e ben oltre Plutone.

Successivamente, nel 1950 l’idea fu ripresa dall’astronomo olandese Jan Oort, al fine di spiegare un’apparente incongruenza: le comete vengono periodicamente distrutte dopo numerosi passaggi nel sistema solare interno, perciò se le comete si fossero originate all’inizio del sistema oggi sarebbero tutte distrutte.
Invece, il fatto che esse esistano ancora implica che abbiano un’origine differente. Secondo la teoria dello scienziato olandese, la Nube di Oort conterebbe miliardi di nuclei di comete, i quali si troverebbero in condizioni stabili dato che la radiazione solare è troppo debole per avere un effetto a tale distanza.
La nube fornirebbe una provvista continua di nuove comete, che rimpiazzerebbero quelle distrutte. La teoria sembra essere stata confermata dalle osservazioni successive, le quali mostrano come le comete provengano da ogni direzione, con simmetria sferica.

A fornire l’energia necessaria a mettere le comete in moto sarebbero fenomeni cosmici di varia natura che perturbano l’equilibrio gravitazionale della nube. Le comete, fuoriuscite dalla nube, cominciano la loro marcia solitaria attratte dalla gravità solare, descrivendo molto spesso orbite fortemente ellittiche.
Una controversa teoria ipotizza che a perturbare lo stato delle comete nella Nube di Oort sia un’ipotetica stella compagna del Sole chiamata “Nemesis”.  Comunque, gli astronomi pensano che anche le altre stelle abbiano una nube di Oort e che i bordi esterni delle nubi di due stelle vicine possano a volte sovrapporsi, causando un’occasionale “intrusione” cometaria.

“Si sa molto poco circa la Nube di Oort, quanti oggetti vi siano in essa, quali siano le sue dimensioni e come si sia formata”, spiega a Universe Today David Rabinowitz, astrofisico presso l’Università di Yale, il quale in uno studio comparso su ArXiv prende in esame l’oggetto celeste denominato 2010 WG9, che presumibilmente proviene proprio dalla Nube di Oort. “Studiando le proprietà dettagliate di un componente appena arrivato dalla nube, forse possiamo conoscere i suoi costituenti”.

A Jan Oort non si deve solo la teoria della Nube di Oort. Egli è stato il primo astronomo a stimare che la distanza tra il Sole e il centro della Via Lattea sia di circa 30 mila anni luce. Egli è stato anche il primo scienziato ad ipotizzare l’esistenza di un buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea…


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