Scoperto un nuovo tipo di
fotosintesi
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)
Un nuovo tipo di clorofilla,
scoperto recentemente, permetterebbe agli organismi acquatici che vivono nelle
zone più profonde degli oceani di completare la fotosintesi anche quando le
lunghezze d’onda della luce solitamente utilizzate per questo processo non sono
a disposizione.
Le piante e i cianobatteri
(organismi simili alle alghe) solitamente utilizzano la clorofilla, un
pigmento, per trasformare la luce in energia chimica durante il processo che
prende il nome di fotosintesi. Esistono vari tipi di clorofilla, che hanno
compiti diversi e che assorbono tipi di luce differenti, ma in generale la
maggior parte degli organismi che vive sulla superficie della terra utilizza
per questo processo la clorofilla “a”, che assorbe luce rossa, con
lunghezze d’onda comprese tra i 680 e i 700 nanometri, e riflette luce verde,
blu e viola. Ma come fanno gli organismi che vivono nelle zone più profonde
degli oceani, dove la luce di queste lunghezze d’onda non arriva se non in
piccolissime quantità? E’ quello che si sono chiesti i ricercatori
dell’Imperial College London in uno studio pubblicato su Science. Durante la
ricerca, hanno infatti scoperto una specie di cianobatteri in grado di
utilizzare luce con lunghezze d’onda inferiori a quelle assorbite da piante e
batteri sulla superficie, in un nuovo tipo di fotosintesi che utilizza una
speciale clorofilla. Questa specie, che prende il nome di Chroococcidiopsis
thermalis, è in grado di utilizzare luce con lunghezza d’onda di 727 nanometri
per la fotosintesi. Questo avviene grazie a pigmenti già utilizzati da altri
cianobatteri in superficie, clorofilla “a” e clorofilla “d”;
un ruolo fondamentale è tuttavia giocato anche dalla clorofilla “f”,
recentemente scoperta e ritenuta, fino ad ora, non importante per la
conversione da luce ad energia. E tuttavia, in questa specie, è proprio la
clorofilla “f” a permettere a questi batteri di generare energia quando
scarseggia la luce rossa solitamente assorbita in superficie. Secondo i
ricercatori, questa scoperta potrebbe essere utilizzate in futuro per creare
piante più resistenti ed in grado di adattarsi a condizioni di luce variabili.
Ma le possibili applicazioni non sono limitate al nostro pianeta. Grazie alla
sua incredibile resistenza a condizioni ambientali estreme, Chroococcidiopsis è
considerato uno dei pochi organismi che potrebbe essere in grado di
sopravvivere su Marte – e gli scienziati hanno già ipotizzato un suo possibile
ruolo nella formazione di un ambiente aerobico sul pianeta rosso.
Chroococcidiopsis potrebbe infatti aiutare a produrre ossigeno e fornire
materiale organico in grado di originare, potenzialmente, del terreno fertile
che potrebbe essere utilizzato per crescere cibo su Marte.
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