di: Antonio
Zecca (Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento).
"Alcune notizie provenienti dal mondo della scienza hanno la
capacità di stimolare l’interesse o la curiosità del vasto pubblico. Cosi mi
sono arrivate domande su questa storia della “particella di Dio”. Prima di
raccontarvi qualcosa, premetto che questa dicitura dispiace alla maggioranza
dei fisici: non è descrittiva e ha l’arroganza di avvicinare la scienza alla
religione. Parliamo dunque di “particella di Higgs” perché uno scienziato,
Peter certo Higgs, nel 1964 ha previsto l’esistenza di una particella – mai osservata-
che dovrebbe essere ultrapesante, molto più di quelle conosciute (elettroni,
protoni, neutroni…). Dal 1964 la particella di Higgs non ha mai cessato di
essere all’attenzione dei fisici, essenzialmente per due ragioni. Prima ragione
perché se realmente esistesse, si potrebbero mettere a posto diverse cose nelle
nostre conoscenze attuali sul mondo e sull’Universo. Uno dei problemi
aperti riguarda la “massa mancante” dell’Universo.
L’astronomia che tutti conosciamo si affida a osservazioni ottiche: vediamo con
opportuni telescopi pianeti, satelliti, stelle, galassie. E’ possibile
calcolare la massa di ciò che vediamo. Il guaio avviene quando, basandosi su
altre osservazioni, calcoliamo quanto dovrebbe essere la massa totale dell’Universo.
Si trova che la massa totale è plausibilmente cinque volte più grande di quella
che “vediamo”. E’ stato allora ipotizzato che ciò che manca all’appello sia
costituito da “materia oscura”: cioè non
visibile con telescopi ottici (qui ho fatto una semplificazione: gli esperti –
i cosmologi- parlano anche di “energia oscura”; ma per oggi ci limitiamo alla “materia
oscura”). Ecco, un enorme numero di particelle di Higgs potrebbe essere il
costituente della materia oscura. Le particelle di Higgs sono così elusive da
essere sfuggite alle nostre osservazioni dal 1964; quindi non stupisce l’idea
che quattro quinti della massa dell’Universo, se costituita da particelle di
Higgs, non sia visibile con metodi ottici. Ma c’è una seconda ragione per cui
la prova dell’esistenza della particella di Higgs è stata inseguita per
cinquanta anni. La ragione è che se c’è una speranza di rivelarla, questo si
può fare producendo particelle “normali” (protoni, per esempio) ma con energie
straordinariamente alte. E per fare questo bisogna costruire “acceleratori di
protoni” di dimensioni, complessità e costo straordinariamente alti. Come il
Tevatron in America oppure LHC nei laboratori del CERN di Ginevra. Gli
americani hanno spento il Tevatron a fine 2011, poco dopo l’entrata a regime di
LHC. Con
la crisi economica che morde l’America più che l’Europa, non era possibile per
la grande scienza americana fabbricare un acceleratore più potente di LHC. Però
gli scienziati del Tevatron hanno continuato ad elaborare i dati misurati negli
anni precedenti e nei giorni scorsi hanno rilasciato un comunicato alquanto
strano: rivendicano di essere stati i primi a rivelare la particella di Higgs,
ma non sanno dire se esiste o non esiste. Pochi giorni dopo due gruppi di
ricerca che con LHC stanno cercando da anni la particella di Higgs, hanno
annunciato di avere la prova della sua esistenza. I due annunci sono
probabilmente mosse mediatiche fatte per attirare l’attenzione dei governi
finanziatori su questo tipo di ricerche. E’ simultaneamente un modo per
giustificare i soldi già spesi e per preparare il terreno ad altre richieste di
finanziamento. Infatti fin ora la ricerca sperimentale della particella di
Higgs è stato un potente propulsore per ottenere finanziamenti per la “fisica
delle alte energie” di cui Tevatron e LHC sono gli ultimi strumenti.
Personalmente non ho mai lavorato in fisica delle alte energie, pur avendone
avuta l’occasione. Mi sono entusiasmato per la grande tecnologia che è stata
dispiegata nella costruzione di queste macchine: l’impresa è paragonabile (e
forse maggiore) di quella che ha portato l’uomo sulla luna. Mentre tutta la
storia della “particella di Dio” e delle sue implicazioni per la cosmologia che
ho cercato di raccontarvi, mi lascia un po’ freddo. Forse questo indica solo la
mia ignoranza in materia. Ma forse invece si può applicare alla frase del
Premio Nobel Rubbia. La frase è rude come il carattere di Rubbia, ma rende bene
l’idea; “una ricerca in fisica è come una donna: o ti attira o non ti attira.”
Da: “L’Adige” del 7
Luglio 2012
1 commento:
La "particella di Dio" termine è venuto dal libro "La particella di dio / Se l'Universo è la risposta, qual è la domanda?", Di Leon Lederman e Dick Teresi (pubblicato la prima volta nel 1993 e riedito nel 2006), che si trova nella bibliografia del mio ebook gratuito mistica comparata.
Nella sua prefazione il dottor Lederman 2006, un premio Nobel in fisica, ha scritto:
Ora, come per il titolo, La particella di Dio, mio coautore, Dick Teresi, ha deciso di accettare la colpa. Ho citato la frase come uno scherzo, una volta in un discorso, e lo ricordava e lo usò come il titolo provvisorio del libro. "Non ti preoccupare", ha detto, "nessun editore usa mai il titolo provvisorio del libro finale". Il titolo ha finito per offendere due gruppi: 1) coloro che credono in Dio e 2) quelli che non lo fanno. Siamo stati accolti calorosamente da quelli nel mezzo.
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