Tre anni di Sole per scoprire una
“Terra 2.0”
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)
Un'immagine di LCST, il piccolo
telescopio solare al quale è stato collegato HARPS-N per raccogliere i dati
della nostra stella
Al fine di caratterizzare al
meglio il rumore introdotto dall’attività stellare nelle misure di variazione
della velocità radiale per la rilevazione di esopianeti, cinque anni fa lo
spettrometro HARPS-N montato al Telescopio nazionale Galileo è stato equipaggiato
con un piccolo telescopio solare dedicato. I dati acquisiti dal telescopio
solare nel corso dei primi tre anni di osservazioni – raccolti ogni cinque
minuti in tutte le giornate di cielo sereno – sono stati oggi resi pubblici e
disponibili per chiunque.
Fra le tante tecniche messe a punto dagli astronomi per scoprire gli esopianeti – vale a dire, mondi al di fuori del Sistema solare – un posto d’onore spetta senza dubbio alla cosiddetta “misurazione della velocità radiale”: è stato infatti questo il metodo che, un quarto di secolo fa, per primo ha consentito di rilevare con successo un pianeta attorno a una stella simile al Sole – scoperta che è valsa, nel 2019, il Premio Nobel per la Fisica a Michel Mayor e Didier Queloz. Tecnica ancora oggi ampiamente utilizzata, la misurazione della velocità radiale delle stelle è prossima ai limiti delle sue possibilità quando si ricercano piccoli pianeti come altre “Terre”. Le perturbazioni indotte dalle stelle stesse possono infatti vanificare gli enormi progressi nella realizzazione di nuovi strumenti in grado di rilevare i loro debolissimi segnali.
Per capire quanto queste
perturbazioni possano rendere difficoltose le misure, basti pensare alla stella
a noi più vicina: il Sole. La superficie visibile del Sole ribolle di milioni
di sacche di gas che si innalzano e sprofondano, con una conformazione che
cambia ogni pochi minuti. Ribollio che viene talvolta bloccato dai campi
magnetici che circondano le macchie solari, le quali a loro volta fermano la
luce, e cambiano velocità man mano che il Sole ruota sul suo asse, con un
periodo di circa un mese. Tutti questi fenomeni variano poi ulteriormente nel
tempo insieme al livello generale di attività della nostra stella, che si
intensifica e si attenua con il ciclo di 11 anni delle macchie solari.
Ora, la tecnica della velocità
radiale si basa, ricordiamo, sulla misurazione di perturbazioni provocate
dall’attrazione gravitazionale dei pianeti sul segnale proveniente dalle
stelle. Ebbene, tutti i processi qui sopra descritti alterano la velocità
apparente del Sole con un’intensità centinaia di volte superiore al segnale
prodotto dalla presenza di un pianeta come la Terra. Si tratta di processi che,
per essere compresi al punto da poter poi applicare ad altre stelle tecniche in
grado di mitigarne gli effetti sulle misure, e dunque per consentire di
raggiungere l’obiettivo a lungo termine della ricerca di vita su mondi alieni,
richiedono dati di qualità eccezionale.
Per ottenere questi dati, cinque anni fa un
gruppo internazionale di scienziati dello Harvard-Smithsonian Center for
Astrophysics (Usa) e dell'Università di Ginevra (Svizzera) ha costruito un
telescopio solare a basso costo, LCST (acronimo di low-cost solar telescope), e
lo ha collegato allo spettrografo HARPS-N, lo strumento all’epoca più preciso
per scoprire esopianeti. Il gruppo ha iniziato le osservazioni il 18 luglio del
2015, e da allora – avvalendosi della struttura del Telescopio Nazionale
Galileo (TNG) dell’INAF, a La Palma (Isole Canarie, Spagna) – ha registrato, in
tutte le giornate con il cielo sereno, dati solari ogni cinque minuti.
«La scelta di costruire uno
strumento semplice e robusto per osservare il Sole è stata ampiamente
ricompensata dal catalogo di dati ricco e unico che LCST, accoppiato a HARPS-N,
ci ha permesso di ottenere», dice David Phillips, ricercatore allo
Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Questi dati hanno già portato alla
pubblicazione di studi sui processi fisici che guidano le variazioni
intrinseche della velocità radiale stellare. Tuttavia, per raggiungere e
superare la precisione necessaria all’individuazione di altre Terre servirà una
collaborazione aperta, internazionale e interdisciplinare. Ed è con questo
spirito che il gruppo annuncia oggi la condivisione pubblica dei dati raccolti
nei primi tre anni.
«Si tratta di un insieme di dati
senza precedenti in termini di precisione e dimensione del campione», spiega
Xavier Dumusque, ricercatore all'Università di Ginevra (Svizzera), «e sono
convinto che aiuteranno la comunità nel difficile percorso verso il rilevamento
della Terra 2.0». «L’accoppiata HARPS-N e LCST rende il Telescopio Nazionale
Galileo una struttura che opera non solo ogni notte, ma anche tutti i giorni
dell’anno», conclude con soddisfazione il direttore del TNG, Ennio Poretti
dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, «producendo un flusso di dati davvero
continuo verso la comunità scientifica mondiale».
Da:
LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?
"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
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