Anestesia, risolto il dubbio che
si aveva con la coscienza.
Due scienziati hanno finalmente
scoperto ( ? ) come funziona l'anestesia e come fa a portare la persona ad uno
stato di non coscienza.
La chirurgia sarebbe
inconcepibile senza l’anestesia generale, quindi può sorprendere che,
nonostante i suoi 175 anni di uso medico, medici e scienziati non siano stati
in grado di spiegare come gli anestetici rendano temporaneamente i pazienti
privi di coscienza. Un nuovo studio di Scripps Research pubblicato giovedì sera
in Proceedings of National Academies of Sciences (PNAS) risolve questo mistero
medico di vecchia data.
Utilizzando moderne tecniche
microscopiche su scala nanometrica, oltre a intelligenti esperimenti in cellule
viventi e moscerini della frutta, gli scienziati mostrano come gruppi di lipidi
nella membrana cellulare fungano da intermediario mancante in un meccanismo in
due parti. L’esposizione temporanea all’anestesia fa sì che i gruppi lipidici
si spostino da uno stato ordinato a uno disordinato e poi di nuovo indietro,
portando a una moltitudine di effetti successivi che alla fine causano
cambiamenti nella coscienza.
La scoperta sul rapporto tra
anestesia e coscienza
La scoperta del chimico Richard
Lerner, MD, e del biologo molecolare Scott Hansen, Ph.D., risolve un dibattito
scientifico secolare, che ancora oggi cova: gli anestetici agiscono
direttamente sulle porte delle membrane cellulari chiamate canali ionici,
oppure agiscono in qualche modo sulla membrana per segnalare i cambiamenti
cellulari in un modo nuovo e inaspettato? Ci sono voluti quasi cinque anni di
esperimenti, inviti, dibattiti e sfide per arrivare alla conclusione che è un
processo svolto in due fasi che inizia nella membrana, dice il duo di
scienziati. La perturbazione degli anestetici ordina ai gruppi lipidici
all’interno della membrana cellulare noti come “zattere lipidiche” di iniziare
il segnale.
“Pensiamo che non vi siano dubbi
sul fatto che questo nuovo percorso venga utilizzato per altre funzioni
cerebrali al di là della coscienza, consentendoci ora di svelare ulteriori
misteri del cervello”, afferma Lerner.
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