La posizione degli emimastigoti nell'albero della vita. (Lucy Reading-Ikkanda/Quanta Magazine
Un nuovo regno per l'albero della
vita
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)
La collocazione degli
emimastigoti nel dominio degli eucarioti è sempre stato oggetto di polemiche.
Una recente analisi del loro DNA mostra che si tratta di un nuovo supergruppo
che si è separato da tutte le altre forme di vita eucariota oltre un miliardo di
anni fa.
Uno strano microrganismo chiamato
emimastigote non è un animale, né una pianta e nemmeno un fungo o un protozoo.
Scoperto di recente, appartiene a un "supergruppo" della vita tutto
suo e lascia presagire che le nuove tecnologie di sequenziamento ci mostreranno
un'incredibile biodiversità ancora tutta da esplorare.
Micrografia di un particolare di
Hemimastix kukwesjijk, l'emimastigote appena descritto. (Cortesia Yana Eglit)
L’albero della vita ha appena
acquisito un altro ramo importante. Di recente, in un campione di suolo della
Nuova Scozia, una provincia del Canada affacciata sull’Oceano Atlantico, alcuni
ricercatori hanno trovato un singolare microrganismo, raro e misterioso,
chiamato emimastigote (o hemimastigotes o anche emimastigofori). L’analisi del
suo DNA ha rivelato che non si tratta né di un animale, né di una pianta o un
fungo, e neppure di un qualsiasi tipo noto di protozoo; di fatto non rientra in
alcuna delle grandi categorie note della classificazione delle forme di vita
complesse (eucarioti). Questa bizzarria naturale dotata di flagelli è invece il
primo membro di un proprio gruppo, un “super-gruppo”, che probabilmente si è
staccato dagli altri grandi rami della vita almeno un miliardo di anni fa. “È
il tipo di risultato che si spera di vedere una volta nella propria carriera”,
ha detto Alastair Simpson, microbiologo alla Dalhousie University di Halifax,
in Nuova Scozia, che ha effettuato lo studio. La scoperta degli emimastigoti è
di per sè impressionante, ma quel che più conta è che si tratta solo
dell’ultima (e più significativa) di un numero crescente di importanti aggiunte
tassonomiche all’albero della vita. I ricercatori continuano a scoprire non
solo nuove specie o classi, ma anche nuovi regni, e questo solleva
interrogativi sulle ragioni per cui sono rimasti nascosti per così tanto tempo
e su quanto siamo vicini a trovarli tutti. Yana Eglit è una specializzanda
della Dalhousie University che si è dedicata alla scoperta dei nuovi lignaggi
degli eucarioti unicellulari detti protisti. Un freddo giorno di primavera
2016, mentre camminava in una località della Nuova Scozia con alcuni amici, è
rimasta indietro per raschiare qualche grammo di sporco in un tubo di plastica.
Tornata in laboratorio, ha immerso il suo campione in acqua, e il mese
successivo ha iniziato a controllare periodicamente il microscopio per rilevare
eventuali segni di vita insolita. Una sera, qualcosa di strano nel campione ha
attirato la sua attenzione. Una cellula allungata da cui s’irradiavano flagelli
a forma di frusta “stava nuotando goffamente, come se non si rendesse conto che
tutti quei flagelli avrebbero potuto aiutarla a muoversi”, ricorda Eglit.
Aumentando l’ingrandimento, ha visto che corrispondeva alla descrizione di un
emimastigote, un raro tipo di protista notoriamente difficile da tenere in
coltura. La mattina seguente, il laboratorio era in fermento per l’opportunità
di descrivere e sequenziare l’esemplare. “Abbiamo lasciato perdere tutto il
resto”, ricorda. Gli emimastigoti sono uno dei pochi lignaggi di protisti
“notoriamente sconosciuti”, gruppi di cui si ha una descrizione solo parziale, la
cui posizione sull’albero della vita non è ben definita perché è difficile
tenerli in coltura e, quindi, sequenziarne il genoma. Gli esperti di protisti
hanno usato le peculiarità della struttura degli emimastigoti per ipotizzarne
le parentele evolutive, ma le loro ipotesi erano state “impallinate” dai
critici, come dice Simpson, ovunque le avessero filogeneticamente collocate. In
assenza di dati molecolari, i lignaggi di organismi come gli emimastigoti erano
rimasti privi di un’ascendenza conosciuta.
Ma un nuovo metodo, la
trascrittomica unicellulare, ha rivoluzionato questi studi. Esso consente ai
ricercatori di sequenziare un gran numero di geni da una singola cellula.
Gordon Lax, un altro specializzando nel laboratorio Simpson ed esperto di
questo metodo, spiega che per gli organismi difficili da studiare come gli
emimastigoti, la trascrittomica monocellulare può produrre fornire dati
genetici di una qualità che prima era riservata a organismi per i quali si
poteva disporre di molte cellule, rendendo finalmente possibili confronti
genomici più accurati. Il gruppo ha sequenziato più di 300 geni e Laura Eme,
ora ricercatrice post-dottorato all’Università di Uppsala, in Svezia, ha
sviluppato un modello di come si sono evoluti questi geni per poi stabilire la
classificazione degli emimastigoti. “Ci aspettavamo che rientrassero in uno dei
supergruppi esistenti”, ha spiegato. I membri del laboratorio sono stati invece
sorpresi nello scoprire che gli emimastigoti non si adattano ad alcuna parte
dell’albero della vita. Essi rappresentano un lignaggio distinto dalla mezza
dozzina di supergruppi noti. Per capire quanto sia evolutivamente distinto il
lignaggio degli emimastigoti, immaginate l’albero degli eucarioti dispiegato
davanti a voi come un insieme di stretti sentieri, che a partire da punti in
cui si trovano tutti i diversi gruppi viventi di eucarioti convergono, in
lontananza, verso un antenato comune. Partendo dal punto in cui ci troviamo noi
mammiferi, percorriamo il sentiero e torniamo indietro nella storia, oltre il
bivio in cui il nostro lignaggio si è separato da quello dei rettili e degli
uccelli, oltre i punti di deviazione che portano ai pesci, alle stelle marine e
agli insetti, e poi ancora più lontano, oltre il bivio che ci separa dai funghi.
Se ci giriamo a guardare indietro, tutti i diversi organismi superati rientrano
in uno solo dei sei supergruppi di eucarioti. Gli emimastigoti sono ancora più
in là, in un supergruppo a sé stante, su un sentiero che non è stato percorso
da alcun altro organismo. Fabien Burki, biologo dell’Università di Uppsala, che
non è stato coinvolto in questo studio, si è detto felice del risultato, ma non
del tutto sorpreso. “È un po’ come cercare la vita su altri pianeti”, ha osservato.
“Quando finalmente la troveremo, non credo che saremo molto sorpresi, ma sarà
una scoperta enorme”. Burki, Simpson, Eglit e molti altri pensano anche che ci
sia molto altro da scoprire a proposito dell’albero della vita, in gran parte a
causa della velocità con cui sta cambiando. “L’albero della vita viene
rimodellato da nuovi dati. È davvero molto diverso anche da quello che era 15 o
20 anni fa”, ha detto Burki. “Stiamo vedendo un albero con molti più rami di
quanto pensassimo”. Trovare un lignaggio così distinto come gli emimastigoti è
ancora relativamente raro, ma se si scende di un livello o due della gerarchia,
fino al semplice livello del regno - quello che comprende, per esempio, tutti
gli animali - si scopre che spuntano nuovi grandi lignaggi al ritmo di uno
all’anno. “Questo tasso non sta rallentando, e anzi potrebbe accelerare”, ha
detto Simpson. La disponibilità di tecnologie di sequenziamento più potenti,
come la trascrittomica a cellula singola, concorre a questa tendenza per gli
eucarioti, soprattutto per gruppi “notoriamente sconosciuti”, permettendo ai
ricercatori di ricavare DNA utilizzabile pure da singoli campioni. Ma Eme
avverte che questi metodi richiedono ancora l’occhio attento degli esperti,
come Eglit, “in modo da poter osservare proprio ciò che vogliamo guardare”. Un
altro tipo di sequenziamento, chiamato metagenomica, potrebbe accelerare
ulteriormente le scoperte. I ricercatori possono ora avventurarsi sul campo,
prelevare un campione di sporco sul loro cammino o un biofilm da una fumarola
nera in alto mare, e sequenziare tutto ciò che c’è nel campione. Il problema è
che di solito si trova solo un frammento di un gene. Per batteri e archea
(Archaea) - organismi in altri due domini della vita distinti da quello degli
eucarioti - questo è di solito sufficiente: la metagenomica è stata alla base
di recenti scoperte enormi, come quella degli Asgard archaea, un vastissimo
phylum di archea sconosciuto alla scienza fino a circa tre anni fa.
Ma per gli eucarioti, che tendono
ad avere genomi più grandi e complessi, la metagenomica costituisce un metodo
fastidiosamente problematico per studiare un campione. Rivela molti tipi di
organismi che vivono in un ambiente, “ma a meno che non si abbia una sequenza
di riferimento più ampia e conosciuta, è molto difficile inserire tutte queste
cose diverse in un quadro evolutivo”, ha detto Burki. Ecco perché, secondo
Simpson, la maggior parte delle linee eucariotiche recenti, molto profonde,
sono state scoperte alla “vecchia maniera”, attraverso l’identificazione di un
bizzarro protista in laboratorio e il suo sequenziamento. “Ma i due metodi sono
complementari e danno informazioni l’uno all’altro”, ha detto Simpson. Per
esempio, è ormai chiaro che gli emimastigoti erano presenti in banche date
metagneomiche già pubblicate. Eppure “non avevamo modo di riconoscerli finché
non abbiamo avuto a disposizione sequenze di emimastigote più lunghe con cui
confrontarli”, ha detto. La metagenomica può indicare potenziali “punti caldi”
di diversità sconosciuta, e una sequenziamento più approfondito può rendere i
dati metagenomici più significativi. Il futuro è luminoso per i ricercatori che
catalogano le diversità, sia in ambienti ordinari che straordinari. Gli
strumenti metagenomici ci permettono di esplorare ambienti estremi - come i
sedimenti vicino alle fumarole idrotermali dove sono stati trovati gli Asgard
archea - i ricercatori però possono trovare nuovi lignaggi anche nei loro
cortili. “Questo nuovo lignaggio è stato scoperto da una specializzanda durante
un’escursione durante cui ha raccolto un po’ di sporcizia”, ha detto Burki.
“Immaginate se potessimo analizzare ogni ambiente della Terra”. Mentre gli
scienziati continuano a riempire l’albero, gli algoritmi usati per aggiungere
rami diventeranno più efficienti, secondo Eme. Questo aiuterà i ricercatori a
definire con maggiore risoluzione le divaricazioni più profonde e antiche nella
storia della vita. “La nostra comprensione di come si è dispiegata la vita è
ancora molto incompleta”, ha detto Burki. Domande relative al perché sono emersi
gli eucarioti o come si è evoluta la fotosintesi rimangono senza risposta
poiché “non abbiamo un albero abbastanza stabile e definito per individuare
dove sono avvenuti questi eventi chiave”, ha detto Burki. Oltre a rispondere a
queste domande fondamentali, la semplice gioia della scoperta motiva
ricercatori come Burki e Eglit. “Il mondo dei microrganismi è una frontiera
aperta”, ha detto Eglit. “È emozionante esplorare ciò che c’è là fuori”.
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