Un
caso clinico avvenuto in Canada ha messo in luce la scarsa conoscenza
scientifica che abbiamo a disposizione sulla morte cerebrale
Quando
muori il cervello funziona ancora?
Non
è detto che accada a tutti, ma è certo che alcuni scienziati sono rimasti
sbalorditi quando si sono accorti che il cervello di una persona deceduta ha
continuato a funzionare per ben dieci minuti dopo essere stata considerata
clinicamente morta. In quel momento, tutti i supporti vitali erano stati
disattivati ed era praticamente impossibile che ci fosse ancora vita in quel
corpo. Ma allora, come è possibile che l’attività cerebrale funzionasse ancora
alla perfezione? Gli scienziati hanno provato a fornire una risposta.
Il
cervello non muore?
Per
essere considerato clinicamente morto un soggetto non deve mostrare più
attività cerebrale o cardiaca. Ma alcuni casi strani che si sono presentati
negli ultimi anni stanno rendendo fragili tutte le fondamenta della scienza che
riguardano quel filo sottile che divide la vita dalla morte. L’anno scorso, per
esempio, i medici di un’unità di terapia intensiva canadese, si sono imbattuti
in un caso che ancora oggi non sanno spiegare: dove aver disattivato il
supporto vitale a un malato terminale, ormai giudicato morto, l’attività
cerebrale ha continuano a funzionare per ben 10 minuti e 38 secondi. È
importante sottolineare che i medici, poco prima avevano notato una totale
assenza di polso e una mancanza di reattività a livello pupillare.
Un
sonno profondo?
Gli
scienziati si sono resi conto che, in seguito alla sua morte, il paziente ha
registrato un’anomala attività cerebrale pressochè identica a quella che si
verifica quando dormiamo profondamente. Vi era, cioè, una predominanza di onde
delta. Il fenomeno è totalmente diverso da quello ritenuto normale, in cui si
evidenziano quelle che vengono conosciute come le onde della morte. Oggi la
scienza sa che può accadere il contrario, ovvero che il cuore può battere
ancora un po’ dopo la morte cerebrale, ma il contrario non era mai stato
evidenziato.
Onde
persistenti
«In
un paziente, singole raffiche di onda delta persistevano in seguito alla
cessazione del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa (ABP)», hanno
dichiarato i ricercatori dell'Università del Western Ontario in Canada, in
riferimento a un caso accaduto a marzo del 2017. In realtà, gli scienziati si
sono resi conto del fatto che di quattro pazienti analizzati, nessuno mostrava
le stesse registrazioni elettroencefalografiche. «C'era una differenza
significativa nell'ampiezza EEG tra il periodo di 30 minuti prima e il periodo
di 5 minuti dopo la cessazione di ABP per il gruppo». Un po’ come se ogni
persona avesse il suo personale modo di morire.
Esperienza
pre-morte?
E’
possibile che vi siano altri casi simili mai registrati con precisione, ma le
teorie in merito si sprecano e già si parla di esperienze pre-morte. In realtà,
nessuno studioso è ancora riuscito a comprendere cosa accada immediatamente
prima e immediatamente dopo una morte (scientificamente) accertata. La
medicina, infatti, non spiega ancora come sia possibile che un cervello
funzioni anche in assenza di battito cardiaco. «È difficile stabilire una base
fisiologica per questa attività EEG dato che si verifica dopo una prolungata
perdita di circolazione», spiegano i ricercatori.
Cervello
e cuore
Un
altro studio, condotto nel 2011, ha mostrato come il cervello e il cuore non
sempre agiscono in maniera sincronizzata quando si parla di morte. Decapitando
alcuni topolini, per esempio, i ricercatori hanno notato che un minuto dopo la
decapitazione sono state evidenziate delle onde anomale, suggerendo che il
cervello e il cuore hanno diversi momenti di morire. «Sembra che l'onda
massiccia che può essere registrata circa 1 minuto dopo la decapitazione
rifletta il confine ultimo tra la vita e la morte», spiegano gli studiosi
dell'Università Radboud. Tuttavia, è importante sottolineare che nei pazienti
canadesi non è mai stato registrato niente di simile. Ma non solo: altri studi hanno
dimostrato che migliaia di geni sono ancora attivi alcuni giorni dopo la morte.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sul The Canadian Journal of
Neurological Sciences.
Una
novità?
Ciò
che è accaduto al paziente canadese potrebbe, in parte, essere spiegato da un
altro studio condotto dai neurologi della Charité-Universitätsmedizin di
Berlino e pubblicato su Annals of Neurology. Durante la ricerca, gli autori
hanno monitorato il cervello di nove pazienti grazie all’uso di particolari
elettrodi. Hanno quindi scoperto che anche dopo che il cuore ha smesso di
battere, le cellule e i neuroni nel cervello continuavano a funzionare. La loro
attività sembrava non cessare mai finché non sopraggiungeva la depressione
diffusa, una condizione che si verifica solo alcuni minuti dopo che il cuore ha
smesso di pompare sangue. La scoperta, a detta degli scienziati, potrebbe
rendere possibile resuscitare il cervello anche 3-5 minuti dopo che il cuore ha
smesso di battere.
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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