giovedì 25 ottobre 2018

IL CERVELLO E…LA MORTE: QUANTI MISTERI ANCORA DA SVELARE



Un caso clinico avvenuto in Canada ha messo in luce la scarsa conoscenza scientifica che abbiamo a disposizione sulla morte cerebrale

Quando muori il cervello funziona ancora?

Non è detto che accada a tutti, ma è certo che alcuni scienziati sono rimasti sbalorditi quando si sono accorti che il cervello di una persona deceduta ha continuato a funzionare per ben dieci minuti dopo essere stata considerata clinicamente morta. In quel momento, tutti i supporti vitali erano stati disattivati ed era praticamente impossibile che ci fosse ancora vita in quel corpo. Ma allora, come è possibile che l’attività cerebrale funzionasse ancora alla perfezione? Gli scienziati hanno provato a fornire una risposta.

Il cervello non muore?

Per essere considerato clinicamente morto un soggetto non deve mostrare più attività cerebrale o cardiaca. Ma alcuni casi strani che si sono presentati negli ultimi anni stanno rendendo fragili tutte le fondamenta della scienza che riguardano quel filo sottile che divide la vita dalla morte. L’anno scorso, per esempio, i medici di un’unità di terapia intensiva canadese, si sono imbattuti in un caso che ancora oggi non sanno spiegare: dove aver disattivato il supporto vitale a un malato terminale, ormai giudicato morto, l’attività cerebrale ha continuano a funzionare per ben 10 minuti e 38 secondi. È importante sottolineare che i medici, poco prima avevano notato una totale assenza di polso e una mancanza di reattività a livello pupillare.

Un sonno profondo?

Gli scienziati si sono resi conto che, in seguito alla sua morte, il paziente ha registrato un’anomala attività cerebrale pressochè identica a quella che si verifica quando dormiamo profondamente. Vi era, cioè, una predominanza di onde delta. Il fenomeno è totalmente diverso da quello ritenuto normale, in cui si evidenziano quelle che vengono conosciute come le onde della morte. Oggi la scienza sa che può accadere il contrario, ovvero che il cuore può battere ancora un po’ dopo la morte cerebrale, ma il contrario non era mai stato evidenziato.

Onde persistenti

«In un paziente, singole raffiche di onda delta persistevano in seguito alla cessazione del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa (ABP)», hanno dichiarato i ricercatori dell'Università del Western Ontario in Canada, in riferimento a un caso accaduto a marzo del 2017. In realtà, gli scienziati si sono resi conto del fatto che di quattro pazienti analizzati, nessuno mostrava le stesse registrazioni elettroencefalografiche. «C'era una differenza significativa nell'ampiezza EEG tra il periodo di 30 minuti prima e il periodo di 5 minuti dopo la cessazione di ABP per il gruppo». Un po’ come se ogni persona avesse il suo personale modo di morire.

Esperienza pre-morte?

E’ possibile che vi siano altri casi simili mai registrati con precisione, ma le teorie in merito si sprecano e già si parla di esperienze pre-morte. In realtà, nessuno studioso è ancora riuscito a comprendere cosa accada immediatamente prima e immediatamente dopo una morte (scientificamente) accertata. La medicina, infatti, non spiega ancora come sia possibile che un cervello funzioni anche in assenza di battito cardiaco. «È difficile stabilire una base fisiologica per questa attività EEG dato che si verifica dopo una prolungata perdita di circolazione», spiegano i ricercatori.

Cervello e cuore

Un altro studio, condotto nel 2011, ha mostrato come il cervello e il cuore non sempre agiscono in maniera sincronizzata quando si parla di morte. Decapitando alcuni topolini, per esempio, i ricercatori hanno notato che un minuto dopo la decapitazione sono state evidenziate delle onde anomale, suggerendo che il cervello e il cuore hanno diversi momenti di morire. «Sembra che l'onda massiccia che può essere registrata circa 1 minuto dopo la decapitazione rifletta il confine ultimo tra la vita e la morte», spiegano gli studiosi dell'Università Radboud. Tuttavia, è importante sottolineare che nei pazienti canadesi non è mai stato registrato niente di simile. Ma non solo: altri studi hanno dimostrato che migliaia di geni sono ancora attivi alcuni giorni dopo la morte. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul The Canadian Journal of Neurological Sciences.

Una novità?

Ciò che è accaduto al paziente canadese potrebbe, in parte, essere spiegato da un altro studio condotto dai neurologi della Charité-Universitätsmedizin di Berlino e pubblicato su Annals of Neurology. Durante la ricerca, gli autori hanno monitorato il cervello di nove pazienti grazie all’uso di particolari elettrodi. Hanno quindi scoperto che anche dopo che il cuore ha smesso di battere, le cellule e i neuroni nel cervello continuavano a funzionare. La loro attività sembrava non cessare mai finché non sopraggiungeva la depressione diffusa, una condizione che si verifica solo alcuni minuti dopo che il cuore ha smesso di pompare sangue. La scoperta, a detta degli scienziati, potrebbe rendere possibile resuscitare il cervello anche 3-5 minuti dopo che il cuore ha smesso di battere.


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