Astronomia. L'espansione
dell'Universo scoperta da un sacerdote:
Proposto riconoscimento postumo a
George Lamaître. Gli astronomi: cambiare nome alla legge di Hubble
Dal 20 al 31 agosto, più di 3.500
astronomi provenienti da un’ottantina di Paesi si sono incontrati a Vienna per
partecipare alla XXX Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale
(IAU). L’Assemblea si celebra regolarmente ogni tre anni e ha come obiettivo
principale quello di stimolare la collaborazione internazionale sui temi più
attuali della ricerca astronomica. Durante le Assemblee Generali vengono anche
approvate delle 'Risoluzioni', ovvero delle decisioni condivise dagli astronomi
professionisti su questioni astronomiche. Famosa rimane la Risoluzione votata a
Praga nel 2006 che ridefinisce le caratteristiche che un corpo celeste deve
possedere per essere chiamato 'pianeta'. Tale definizione escluse Plutone dalla
famiglia dei Pianeti del nostro Sistema Solare e lo riclassificò come pianetino
o pianeta nano, una decisione ancor oggi fortemente contestata dal grande
pubblico, soprattutto statunitense, su basi più sentimentali che scientifiche. Anche
quest’anno stata presentata una Risoluzione che, quando sarà ratificata, richiamerà
l’attenzione generale: si propone infatti di modificare il nome della famosa
'Legge di Hubble', utilizzata per indicare la recessione delle galassie e
l’espansione dell’universo, chiamandola 'Legge di Hubble-Lemaître'. Per
comprendere le motivazioni della proposta, è necessario ripercorrere la storia
della scoperta che ha dato inizio alla nuova cosmologia, una storia colorata di
giallo. Nel 1927, il sacerdote e astronomo belga George Lemaître (1894-1966),
applicando alla totalità dell’universo le equazioni della Relatività Generale,
enunciate da Albert Einstein pochi anni prima, scopriva che la soluzione
matematica prevedeva che l’universo fosse in espansione: un risultato
assolutamente inaspettato. Lemaître, raccogliendo dalla letteratura i pochi
dati allora disponibili sulla velocità di spostamento delle galassie,
verificava che essi confermavano in maniera convincente la sua previsione
teorica. Il sacerdote, certamente cosciente della portata rivoluzionaria della
sua scoperta, pubblicava subito il risultato su una rivista belga di
astronomia, in lingua francese, ma la scarsa diffusione della stessa lasciò la
notizia quasi disattesa. L'anno successivo però si tenne a Leiden, in Olanda,
la terza Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale cui Lemaître
partecipò, unitamente ai più importanti astronomi dell’epoca. La sua scoperta
destò grande interesse, ma anche notevole scetticismo: Einstein ne definì
ineccepibile la matematica, ma 'abominevole' l’interpretazione fisica.
Lamaitre insieme ad Albert Einstein
L’americano Edwin Hubble invece, da valente astronomo sperimentale, ritornò in
America eccitato dalla discussione avuta con Lemaître e iniziò subito una
campagna osservativa con il nuovo telescopio da 100 pollici di Mount Wilson per
verificare l’ipotesi del sacerdote belga. Un anno dopo, nel 1929, pubblicava il
famoso articolo che confermava, con l’evidenza dei nuovi dati, la legge di
espansione dell’universo che, da allora, prese il nome di 'Legge di Hubble'.
Edwin Hubble
La
storia, come in un intrigo poliziesco, non finisce qui perché, sollecitato dell’astronomo
reale Sir Arthur Eddington, George Lemaître tradusse in inglese il suo lavoro
originale per la nota rivista inglese Monthly Notices. La versione inglese
però, mentre riporta fedelmente il modello teorico, tralascia di pubblicare i
dati osservativi che ne rappresentavano la verifica sperimentale. Per qualche
tempo gli storici sospettarono un complotto editoriale, ordito per non oscurare
la fama già conquistata dall’astronomo americano, finché da una lettera
ritrovata negli archivi di Lemaître si capì che lui stesso aveva deciso di
omettere i dati perché, dopo la pubblicazione di quelli di Hubble, riteneva
quest’ultimi più numerosi e convincenti dei suoi.
Da qui la motivazione della
Risoluzione che vuole riconoscere il valore, la modestia e l’onestà
intellettuale di George Lemaître, correggendo una non piccola distorsione
storica. Lemaître, nella sua duplice veste di cosmologo e sacerdote, va anche
ricordato per aver suggerito a Papa Pio XII di evitare di identificare il Big
bang dell’emergente modello cosmologico con il Fiat Lux biblico, come il
Pontefice si era espresso in un discorso pubblico: non solo perché la
comprensione e la verifica della nuova cosmologia era ancora agli inizi, ma
anche perché, come Tommaso d’Aquino già aveva perfettamente intuito, la
Creazione non è assimilabile a un evento che avviene nello spazio e nel tempo.
Lamaitre e Pio XII
Di fatto il Pontefice ascoltò il saggio consiglio e nella sua allocuzione
rivolta agli astronomi riuniti nella VIII Assemblea Generale dell’IAU, che si
tenne a Roma nel 1952, non v’é traccia di alcun ingenuo concordismo. Questa
storica ed interessante interazione tra la cosmologia nascente e il Magistero
ci porta ad una considerazione di grande attualità. Dalle iniziali scoperte di
Lemaître e Hubble, dopo quasi un secolo di entusiasmanti nuove ricerche, il
modello cosmologico si è saldamente affermato e, se da un lato, come tutti i
modelli scientifici, continuerà ad evolvere, ha definitivamente eliminato
ipotesi non più sostenibili. Si tratta di una svolta epocale, che potremmo
definire il completamento della rivoluzione copernicana. Infatti, quando
Galilei, nelle notti fatali dell’inverno del 1609-1610, apriva con il suo
cannocchiale una nuova era dell’astronomia, contemporaneamente infrangeva per
sempre le sfere cristalline della cosmologia aristotelica e soprattutto
eliminava la divisione sostanziale tra mondo terreno e l’empireo celeste. Non
era in grado però di rimpiazzare il modello aristotelico con una cosmologia
altrettanto completa e comprensibile: solo oggi la scienza moderna è riuscita
ad offrire una visione unitaria e razionale dell’universo e della sua storia
evolutiva, sorprendentemente diversa da quanto i nostri antenati avevano
immaginato. Durante tutto questo tempo, in assenza di una cosmologia credibile,
la filosofia e la teologia, e quindi la Tradizione cristiana e il suo
Magistero, hanno continuato a svilupparsi sulla base dell’unica concezione del
mondo allora disponibile e la drammatica separazione tra pensiero scientifico e
pensiero umanistico, iniziata proprio con la rivoluzione copernicana, non ha
aiutato a comprendere la portata universale del cambiamento in atto. Per questo
motivo, molte formulazioni dei dogmi di fede sono diventate oggi
incomprensibili e rischiano di trasformarsi in un insostenibile fardello per
gli uomini di scienza (e non solo loro) che vogliono diffondere il messaggio
evangelico senza dover abiurare la loro conoscenza scientifica del reale. Il
caso forse più eclatante e più vicino a noi è rappresentato dalla formulazione
del dogma dell’Assunzione, proclamato solennemente ex cathedra da papa Pio XII
nel 1950. Il testo della proclamazione spiega chiaramente che il Magistero
intendeva elevare a dogma di fede una tradizione popolare nata nei primi secoli
dell’epoca cristiana e consolidatasi nel Medioevo, quindi nell’ambito di una
visione del mondo essenzialmente aristotelica, nella quale il «cielo» verso il
quale la Vergine è stata assunta «anima e corpo», aveva una sua collocazione
precisa nel modello cosmologico allora vigente. Evidentemente, la formulazione
letterale del dogma è divenuta oggi incomprensibile e, purtroppo, non offre
molti appigli per darne una interpretazione simbolica che salvi il nucleo di
fede che essa vuole esprimere e che la Tradizione secolare voleva significare.
Un analogo ragionamento si potrebbe estendere a molte altre formulazioni,
incluso il Simbolo Niceno, che risentono in modo più o meno evidente di una
filosofia della natura non più sostenibile. Il rischio, elevatissimo ed
impellente, è che le nuove generazioni o le culture non occidentali che
vogliano avvicinarsi al messaggio evangelico, si trovino di fronte a una
barriera, perché si trova un linguaggio del passato non più comprensibile. I
teologi dovrebbero quindi – e molti già lo fanno – considerare come prioritaria
la revisione del prezioso bagaglio della Tradizione e recuperarne il valore
salvifico interpretandone il senso e riformulandolo. A mio parere, è questo il
senso dell’accorato appello della costituzione apostolica Veritatis Gaudium, o
almeno della prima parte, scritta di pugno da papa Francesco: sta ora alle
facoltà teologiche orientare i curricula dei loro corsi di studio,
reintroducendo le materie scientifiche, da tempo abbandonate, e soprattutto la
'pietra di paragone', la cosmologia, com’era ai tempi gloriosi di Tommaso
d’Aquino.
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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