COME REAGIREBBE
L'UMANITÀ ALLA SCOPERTA DI FORME DI VITA EXTRATERRESTRI?
Uno studio condotto da uno
psicologo ha analizzato la possibile reazione degli esseri umani all'annuncio
della scoperta di vita extraterrestre.
Non è certo da poco che gli
esseri umani si interrogano sulla possibilità che esistano forme di vita aliena
nel sistema solare, nella Via Lattea o nel resto dell'universo. Eppure ora che
le agenzie spaziali stanno sviluppando strumentazioni sempre più precise ed
avanzate c'è un maggiore interesse verso la ricerca di una forma di vita
diversa da quella che conosciamo qui sul nostro pianeta. Non è dato sapere fin
da oggi se sarà semplice o meno trovare della vita nello spazio o se esiste la
possibilità che si sia sviluppata in altri punti dell'universo, ma sarebbe
interessante prevedere la reazione di tutti gli esseri umani di fronte ad un
annuncio su scala mondiale. Lo psicologo Michael Varnum della Arizona State
University si è interrogato sulla possibile reazione dell'umanità di fronte
alla scoperta di una forma di vita aliena. "Una delle domande iniziali di
questa iniziativa è capire come potremmo reagire se scoprissimo delle prove
sull'esistenza di vita extraterrestre".
Il primo esperimento:
Varnum ha creato un gruppo di
lavoro che comprende scienziati di tutto il pianeta ed ha condotto tre
esperimenti, pubblicandone i risultati nel mese di novembre 2017, nonostante lo
studio sia ancora sotto revisione. Le reazioni sono state suddivise in base al
tipo di notizia comunicata alla popolazione: sapere che è stata scoperta una
civiltà extraterrestre intelligente o che sono state identificate le prove
dell'esistenza di vita microbica al di fuori della terra sono chiaramente due
casi ben distinti. Nel primo esperimento sono stati analizzati tutti gli
annunci passati che potevano essere ricondotti alla possibilità della scoperta
di extraterrestri. Parliamo della prima pulsar nel 1967, un tipo di stella di
neutroni che emette degli intensi impulsi alle radiofrequenze come un
metronomo. Nel 1977 è stato dato l'annuncio dell'identificazione di un segnale
radio davvero ambiguo, mentre nel 1996 è stata divulgata la notizia della
scoperta di microbi fossilizzati in un meteorite marziano. Nel 2015 è stata la
volta della stella di Tabby e delle sue strane fluttuazioni di luminosità e nel
2017 c'è stato l'annuncio della scoperta di esopianeti che orbitano nella zona
abitabile di una stella (CHZ - ndr). Gli psicologi hanno analizzato le parole
di 15 articoli del New York Times, del Wall Street Journal e del The Post
tramite un programma che analizza se le parole utilizzate sono negative o
positive, ovvero favorevoli o contrarie all'approccio a una civiltà aliena o
allo studio di microbi extraterrestri. Complessivamente i giornalisti hanno
sempre descritto i cinque eventi che vi abbiamo appena nominato in modo
positivo, facendo una media tra tutti i termini usati. La reazione, secondo
Varnum, è stata estremamente positiva piuttosto che negativa. La tecnica di
analisi utilizzata è assolutamente robusta e viene già sfruttata per analizzare
testi online. Secondo Pennycook, uno psicologo della Yale University, il
modello utilizzato può essere considerato affidabile, tuttavia generalmente le
persone tendono ad esprimersi con un linguaggio positivo e dunque il risultato
del primo esperimento non rivela nessuna informazione particolarmente utile a
capire come reagirebbe la stampa alla scoperta di vita aliena.
Il secondo esperimento:
Nella seconda parte della ricerca
sono stati pagati dei partecipanti online, più di 500, per descrivere la loro
reazione ad un ipotetico annuncio sulla scoperta di forme di vita aliene
microbiche. Tutte le persone coinvolte hanno anche dovuto immaginare e
descrivere la reazione dell'intera umanità dopo essere venuta a conoscenza di
una scoperta del genere.
Come nel caso dei giornalisti,
anche qui la maggior parte delle risposte in media sono caratterizzate da
termini positivi. Non c'è stato nessun modo di identificare specifici clusters
tra le persone, ovvero non è stato possibile distinguere i tipi di risposta in
base all'etnicità, al sesso, all'orientamento politico o qualsiasi altro dato
in possesso degli scienziati. Curioso il fatto che, in generale, la maggior
parte delle persone pensi che altri individui, provenienti da paesi diversi,
siano meno propensi ad accettare la vita aliena. Secondo Vernum, il cittadino
americano medio ha la tendenza a pensare di essere migliore rispetto agli
altri.
Il terzo esperimento:
Per il terzo esperimento il
gruppo di ricerca è stato più subdolo, presentando ad un campione di 250
persone un articolo del New York Times del 1996 che tratta di batteri
fossilizzati marziani: la data, però, è stata cambiata in quella del giorno
dell'esperimento per far sembrare la notizia attuale. Il meteorite era un
frammento proveniente da Marte e caduto in Antartide e i ricercatori hanno
trovato su di esso delle molecole organiche complesse e piccole cellule,
insieme ad indizi di vita marziana fossilizzata. Al tempo, Bill Clinton invitò
la comunità scientifica a studiare in maniera più approfondita i campioni e a
revisionare gli studi effettuati per risultati più certi. Con il tempo l'idea
di vita marziana fossilizzata fu controversa, ma questo non è stato detto alle
persone che hanno partecipato allo studio. Anche in questo caso la maggior
parte dei partecipanti si sono espressi con parole positive, ovvero come negli
altri casi le persone che accettano la scoperta sono un numero di gran lunga
maggiore di quelle che invece si esprimono negativamente sulla vicenda.
I risultati:
Il risultato della ricerca parla
in modo chiaro: le persone accetterebbero senza panico, e senza la classica
paura dello straniero, la scoperta di una sorta di vita aliena batterica o di
una civiltà intelligente extraterrestre. Tuttavia Varnum ha voluto precisare
che questo studio ha come campione di riferimento solamente cittadini americani
e non è detto che nel resto del mondo gli individui siano altrettanto positivi.
Inoltre c'è anche da mettere in conto un altro aspetto interessante: negli USA
c'è una tendenza generale a vedere il mondo "bianco o nero", ovvero
nonostante la ricerca confermi che la maggior parte degli individui è disposta
ad accettare la vita aliena, la restante minoranza si è espressa in maniera
estremamente negativa. In precedenti studi è stato possibile mostrare che in
nazioni come la Cina i cittadini sono mediamente più indecisi, ed espongono sia
i rischi che i benefici di un futuro contatto alieno, mentre gli americani
tendono a schierarsi "a favore" o "contro" il contatto con
gli extraterrestri. Inoltre c'è da dire che in alcuni casi il consenso nella
ricerca di Varnum non è stato così netto come suggerisce il risultato finale. In
situazioni più specifiche come la scoperta di campioni di vita batterica
marziana portati sulla terra e la riproduzione di questi esseri viventi nel
nostro ambiente terrestre, le persone si sono mostrate più restie ad accettare
l'idea visto il pericolo di contaminazione. Dunque è giusto affermare che la
ricerca mostra come gli essere umani sono mediamente disposti ad accettare
l'approccio della nostra specie con una forma di vita aliena, ma è sbagliato
pensare che non vi siano oppositori o che la stessa maggioranza più ottimista non
converga anch'essa nel gruppo anti-alieno in casi più estremi.
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