Tutto sta nei neuroni della
dopamina. Lo studio firmato dal Dipartimento di Biologia dell’ateneo di Pisa, partner
della Yale University.
Esiste qualcosa che ci rende
umani?
Un team internazionale di
ricercatori ha scoperto nella corteccia cerebrale dell’uomo un particolare tipo
di neuroni, gli interneuroni
dopaminergici, che sono invece assenti in quella delle grandi
scimmie, i nostri parenti più prossimi esistenti. Lo studio, durato sei anni, è
stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista «Science» e come unico
italiano fra gli autori c’è Marco Onorati, ricercatore al Dipartimento di
Biologia dell’Università di Pisa e “visiting scientist” alla Yale University,
nel laboratorio del professore Nenad Sestan.
“Il nostro cervello possiede
capacità cognitive che lo rendono unico – spiega Onorati – e l’identificazione
nella corteccia cerebrale umana degli interneuroni dopaminergici, non
presenti in quella delle grandi scimmie africane come scimpanzé, bonobo e gorilla,
costituisce un passo importante nella comprensione di cosa ci rende umani”. L’analisi comparativa
del profilo genico del cervello umano e di quello degli altri primati ha dunque
rivelato la presenza di alcuni geni specificamente arricchiti nel nostro cervello
fra cui quelli per la sintesi della dopamina. I neuroni dopaminergici si
trovano infatti nella sostanza nera del mesencefalo sia dell’uomo che degli
altri primati, ma solo nell’uomo sono presenti anche nella corteccia cerebrale.
E proprio capire la loro funzionalità è stato il compito del ricercatore
dell’Ateneo pisano che li ha generati in laboratorio grazie all’utilizzo di
cellule staminali pluripotenti.
“Per quanto riguarda i numeri,
questi interneuroni sono rari, meno dell’1% – conclude Onorati – e tuttavia,
essendo coinvolti nella sintesi della dopamina, possono regolare funzioni
cognitive superiori tipiche dell’uomo, come la memoria e il comportamento,
oltre ad essere coinvolti in malattie come il Parkinson o alcune forme di
demenza, per le quali questo studio potrà in futuro fornire nuove prospettive”.
Qui il link all’articolo su
«Science»: http://science.sciencemag.org/content/358/6366/1027/tab-pdf
di cui sono primi autori i ricercatori Andre M. M. Sousa e Ying Zhu della Yale
University.
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DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs
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