CO2 record in atmosfera: "Siamo in una nuova era del
clima"
Le registrazioni
dell'Organizzazione mondiale della meteorologia certificano che nel 2015 è
stata varcata stabilmente la soglia delle 400 parti per milione
GINEVRA - Appena il tempo di
registrare il nuovo triste record che farà del 2016 l'anno più caldo di sempre
e dal fronte del cambiamento climatico arriva un nuovo allarmante primato. In
base ai dati diffusi oggi dall'Omm (Wmo), l'organizzazione meteorologica
mondiale, il 2015 è stato il primo anno nella storia dell'umanità in cui la
presenza di anidride carbonica in atmosfera ha superato stabilmente la soglia
di 400 parti per milione.
Acordon, record C02: ''Preoccupa
soprattutto la velocità dell'aumento''
Se è vero che la nuova soglia è
stata abbattuta anche grazie alla complicità di un evento metereologico
specifico come El Niño, il Greenhouse Gas Bulletin emesso dall'Omm avverte che
"l'evento di El Niño è scomparso, ma i cambiamenti climatici restano"
e i nuovi rilevamenti sulla CO2 segnano "l'inizio di una nuova era della
realtà climatica". I livelli di anidride carbonica avevano infatti
precedentemente già raggiunto la soglia dei 400 ppm per alcuni mesi dell'anno e
in certi luoghi, ma mai prima d'ora su una base media globale per l'intero
anno, spiega l'Omm, precisando che le concentrazioni di CO2 resteranno al di
sopra di 400 ppm per l'intero 2016 e non scenderanno sotto tale livello per
molte generazioni.
Per quanto la macchina per
cercare di ridurre la quantità di gas serra che emettiamo in atmosfera si sia
finalmente messa in moto in maniera più decisa rispetto alla colpevole inerzia
degli anni passati, aspettarsi risultati diversi da quelli certificati
dall'organizazione delle Nazioni Unite sarebbe stato illusiorio. Per vedere gli
effetti benefici dei passi da gigante compiuti dalle tecnologie green, dalla
corsa agli investimenti nell'energia rinnovabili e degli accordi internazionali
quali quello di Parigi bisognerà ancora aspettare degli anni. Il segretario generale dell'Omm, Petteri
Taalas, presentando il nuovo studio ha elogiato la recente intesa raggiunta a
Kigali per modificare il Protocollo di Montreal ed eliminare gradualmente gli
idrofluorocarburi, potenti gas serra, "ma - ha ricordato - il vero
elefante nella stanza è l'anidride carbonica che rimane nell'atmosfera per
migliaia di anni e negli oceani ancora più a lungo. Se non si affrontano le
emissioni di CO2 non saremo in grado di affrontare i cambiamenti climatici e di
mantenere l'aumento della temperatura al di sotto dei 2 grandi centigradi
rispetto al livello dell'era pre-industriale".
Da:
Ad una sola settimana di distanza
rispetto alla pubblicazione di uno studio canadese che modellava il cambiamento
climatico fino all’anno 3000 utilizzando modelli computerizzati, una ricerca
USA ha invece indagato i livelli di anidride carbonica in atmosfera fino al
2100, paragonando però il nostro clima con quello del passato, per la precisione con il clima terrestre di
35 milioni – 100 milioni di anni fa.
L’entità dei cambiamenti
climatici durante il passato remoto della Terra suggerisce che le temperature
future potrebbero aumentare di gran lunga più del previsto dai modelli attuali,
se l’uomo continuerà a immettere gas a effetto serra al ritmo attuale. E’
quanto conclude una nuova analisi. Lo studio, svolto dallo scienziato del
National Center for Atmospheric Research (NCAR) Jeffrey Kiehl, apparirà nel
numero di questa settimana della rivista Science. Sulla base di recenti
ricerche, lo studio esamina la relazione tra temperature globali e elevati
livelli di anidride carbonica in atmosfera decine di milioni di anni fa. Ed
avverte che, se le emissioni di anidride carbonica dovessero continuare al
ritmo attuale fino alla fine di questo secolo, le concentrazioni atmosferiche
di gas a effetto serra raggiungerebbero livelli che esistevano tra 30 e 100 milioni di anni fa
circa, quando la temperatura globale media era di circa 16 gradi Centigradi al
di sopra dei livelli pre-industriali. Kiehl ha detto che le temperature globali
potrebbero aumentare gradualmente nel corso dei secoli o millenni successivi in
risposta all’immissione di biossido di carbonio (anidride carbonica). Elevati
livelli di gas serra possono rimanere nell’atmosfera per decine di migliaia di
anni, in base a recenti studi effettuati con modelli computerizzati che lo
stesso studio cita (ad esempio questo). Lo studio indica inoltre che il sistema
climatico del pianeta, su lunghi periodi di tempo, potrebbe essere almeno due
volte più sensibile alla CO2 rispetto a quelli attualmente previsti nei modelli
computerizzati, che sono generalmente concentrati sulle tendenze del
riscaldamento a breve termine. Ciò è in gran parte dovuto al fatto che i
modelli informatici – anche sofisticati – non sono stati ancora in grado di
integrare processi fondamentali, come la perdita delle calotte polari, che si
svolgono nel corso dei secoli o millenni e che amplificano gli effetti del
riscaldamento da parte dell’anidride carbonica. “Se non cominciamo seriamente a
lavorare ad una riduzione delle emissioni di CO2, metteremo il nostro pianeta
su una traiettoria che la specie umana non ha mai vissuto”, dice Kiehl, uno
scienziato del clima che si è specializzato nello studio globale del clima nel
passato geologico della Terra. “Noi condanneremo la civiltà umana a vivere in
un mondo diverso per molte generazioni a venire.” L’articolo riunisce i
risultati di recenti studi che guardano a vari aspetti del sistema climatico, e
vi aggiunge un approccio matematico sviluppato dallo stesso Kiehl per stimare
la temperatura media globale nel lontano passato. La risposta del sistema
climatico ottenuta da questo modello è in accordo con precedenti studi
sull’effetto di elevati livelli di
biossido di carbonio in atmosfera. Il lavoro è stato finanziato dalla National
Science Foundation, sponsor del NCAR.
Imparare dal passato della Terra
Kiehl ha incentrato il lavoro su
una domanda fondamentale: quando è stata l’ultima volta che l’atmosfera
terrestre conteneva il biossido di carbonio ai livelli che raggiungeremo entro
la fine di questo secolo? Se le società continueranno a usare combustibili
fossili al ritmo attuale, i livelli atmosferici di biossido di carbonio si
prevede che raggiungeranno circa 900-1.000 parti per milione entro la fine di
questo secolo. Attualmente siamo a livelli di circa 390 parti per milione,
mentre i livelli pre-industriali erano di circa 280 parti per milione.
Dal momento che l’anidride
carbonica è un gas serra che intrappola il calore nell’atmosfera terrestre, è
fondamentale per la regolazione del clima terrestre. Senza l’anidride
carbonica, il pianeta gelerebbe. Ma se i
livelli atmosferici del gas aumentano, cosa che è già avvenuta nel passato
geologico, le temperature globali aumenteranno drammaticamente, con la
conseguente immissione di gas a effetto serra aggiuntivi, come il vapore acqueo
e il metano, che entrano nell’atmosfera attraverso i processi relativi a
evaporazione e scongelamento. Questo porta ad un ulteriore riscaldamento. Kiehl
ha usato i dati di una recente sulla ricerca che, analizzando le strutture
molecolari in materiali organici fossili, mostrava che i livelli di biossido di
carbonio hanno probabilmente raggiunto 900-1.000 parti per milione circa 35
milioni di anni fa. A quel tempo, le temperature sul pianeta erano
sensibilmente più calde rispetto ad oggi, soprattutto nelle regioni polari,
anche se la produzione di energia del Sole era leggermente più debole. Gli alti
livelli di biossido di carbonio nell’atmosfera teneva i tropici a circa 5-10 °C
al di sopra temperature attuali. Le regioni polari avevano temperature medie
circa 15-20 °C al di sopra delle temperature attuali. Kiehl ha applicato
formule matematiche per calcolare che la temperatura media annua della Terra
30-40 milioni di anni fa era in media di 31 °C, notevolmente superiore rispetto
alla temperatura pre-industriale media di circa (15 ° C).
Modelli climatici sbagliano… per
difetto?
Lo studio ha anche scoperto che
il biossido di carbonio può avere un effetto sulla temperatura globale almeno
doppio rispetto a quanto attualmente previsto dai modelli numerici del clima
globale. I modelli computerizzati più usati nel mondo accademico in generale
prevedono che un raddoppio di anidride carbonica nell’atmosfera avrebbe un
impatto riscaldamento nell’intervallo di 0,5-1,0 [°C per Watt per metro
quadrato] (quest’ultimo valore è una misura della sensibilità del clima
terrestre ai cambiamenti di gas a effetto serra che i climatologi spesso
usano). Tuttavia, i dati pubblicati mostrano che l’impatto dell’anidride
carbonica 35 milioni di anni fa era molto superiore, circa 2 °C per Watt per
metro quadrato. I modelli numerici attuali catturano con successo gli effetti a
breve termine dell’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera. Ma i dati del
passato geologico della Terra registrano anche gli effetti a lungo termine, che
fanno la differenza nei risultati. L’eventuale fusione delle calotte di
ghiaccio ai poli, per esempio, porta ad un ulteriore riscaldamento, perché
espone superfici scure di terra o di acqua, che assorbono più calore rispetto
agli strati di ghiaccio. “Questa analisi dimostra che su scale di tempo più
grandi il nostro pianeta può essere molto più sensibile ai gas serra di quanto
pensassimo”, dice Kiehl. I climatologi stanno aggiungendo nei modelli nuovi
parametri che considerano anche l’effetto dello scioglimento delle calotte polari
e fattori aggiuntivi. Quando questi miglioramenti nei modelli climatici
arriveranno nel prossimo futuro, Kiehl
ritiene che le previsioni dei modelli computerizzati e i dati paleoclimatici si
avvicineranno, dimostrando che l’impatto dell’anidride carbonica sul clima nel
corso del tempo sarà probabilmente molto più rilevante rispetto a quanto
previsto da numerose recenti ricerche. Poiché l’anidride carbonica è pompata in
atmosfera ad un tasso che non è mai stato sperimentato, Kiehl non ha potuto
stimare quanto tempo ci vorrà perché il pianeta si riscaldi “a regime”.
Tuttavia, un rapido riscaldamento renderebbe particolarmente difficile alle
società e gli ecosistemi di adattarsi, aggiunge. Se le emissioni continueranno
sulla loro traiettoria attuale, “la specie umana e degli ecosistemi globali
andranno incontro ad una situazione climatica mai sperimentata prima nella
storia umana”, si legge nel documento.
L’effetto serra al tempo dei dinosauri
Il gruppo di ricerca, guidato da
Gregory Price dell’Università di Plymouth, e dalla Dr Elizabeth Nunn,
dell’Università di Mainz, ha scoperto analizzando i fossili di carbonato
marino, che circa 137 milioni di anni fa, durante un periodo in cui i dinosauri
camminavano sulla Terra, la temperatura media oceanica delle isole Svalbard
scese da 13 a circa 4 gradi centigradi, malgrado gli alti livelli di CO2
presenti in atmosfera nello stesso periodo che era circa 1500 ppm.
La ricerca pubblicata su Geology1
sembra contraddire l’ipotesi che correla gli alti livelli di anidride carbonica
(CO2) registrati nel Cretaceo con la riduzione delle calotte polari.
Durante un certo periodo nel
passato geologico, il pianeta è stato dominato dall’effetto serra con elevati
livelli di CO2 e temperature elevate nelle regioni polari questo è visto come analogo
del clima globale del futuro. Ma questa ricerca suggerisce che per brevi
periodi di tempo la terra ritornò a temperature più basse, Questo pone
questioni interessanti su come i dinosauri si siano più o meno adattati, ma
anche sulla natura del cambiamento climatico stesso. La diffusione dei
dinosauri e una serie di altri dati indicano che il cretaceo era
considerevolmente più caldo di ora ed era caratterizzato da un alta
concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Ma per un periodo di poche centinaia o poche
migliaia di anni, la temperatura degli oceani (alle Svalbard) si è abbassata da
una media di 13 gradi a una compresa tra gli 8 e i 4 gradi centigradi.
Nonostante l’episodio di
raffreddamento nelle zone polari fu geologicamente breve, questo è potenzialmente
in contrasto con l’alta concentrazione di CO2 presente nell’atmosfera del
pianeta durante lo stesso periodo. I nostri dati dimostrano la variabilità del
clima nel lungo periodo
Al tempo dei dinosauri la terra
era molto diversa, l’albedo era diversa c’erano meno ghiacci ecc e i dati
paleoclimatici più sono remoti e più sono dominati dalle incertezze, inoltre il
periodo era caratterizzato da una fortissima attività vulcanica. E’ plausibile
che le ceneri in stratosfera abbiano schermato la radiazione solare, facendo
precipitare le temperature, una delle grandi estinzioni di massa che ha
conosciuto la terra sembra proprio sia legata ad una super attività vulcanica. In
modo particolare nel permiano triassico con l’estinzione del 96% dei generi
marini. Le ipotesi sulle cause di questa grande estinzione di massa sono varie
ma fu probabilmente qualche sostanza tossica che finì in acqua in quantità
enormi ed in brevissimi tempi.
Non ho idea di cosa abbia buttato
giù così le temperature nel cretaceo, certo che la forzante che ha agito era
enorme perchè la concentrazione atmosferica di CO2 era di 1500 ppm.
Da:
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