DEL DR. GIUSEPPE DI BELLA
La notizia della ragazzina,
malata di leucemia, che muore rifiutando i trattamenti chemioterapici, ha fatto
il giro del mondo rilanciata dai canali d’informazione “mainstream”. Oggi si
aggiunge quella della donna malata di cancro al seno.
Tutte queste notizie sono
un’ottima occasione per “proclamare” l’assoluta efficacia dei protocolli di
cura tradizionali che avrebbero conseguito, al contrario, la loro guarigione.
Peccato che i soliti “debunkers”
non entrino un pochino di più nel merito.
La realtà è diversa.
Da quale forma di leucemia era
affetta la ragazza?
Perché forse non tutti sanno che
alcune forme particolarmente aggressive
non danno scampo alcuno, anche con le
“pontificate” cure proposte dai Servizi Sanitari Nazionali…..E con questi
risultati
davanti agli occhi, chiunque dotato di buon
senso cercherebbe un’alternativa….
Infine, per farcire per bene la
torta, i più "zelanti" ci mettono sopra un bella
ciliegina/riferimento al Metodo Di Bella........
31 agosto 2016 – INGHILTERRA
Una ricerca (leggi) sulla mortalità nei primi
30 giorni di cura per i malati di cancro al seno e polmone firmato Public
Health England e Cancer Research Uk, ha preso in considerazioni più di 23.000 donne
con cancro al seno e circa 10.000 uomini con carcinoma polmonare non a piccole
cellule: 9.634 sono stati sottoposti a chemioterapia nel 2014 e 1.383 sono
morti entro 30 giorni. L'indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l'8,4%
dei pazienti con cancro del polmone e il 2,4% di quelli affetti da tumore del
seno sono deceduti entro un mese dall'avvio del trattamento. In alcuni ospedali, tuttavia, la percentuale
è di molto superiore alla media riscontrata. In quello di Milton Keynes, ad
esempio, il tasso di mortalità per chemioterapia contro il carcinoma polmonare
è risultata addirittura del 50,9%, anche se la statistica si basa su un piccolo
numero di pazienti. Al Lancashire Teaching Hospitals il tasso di mortalità a 30
giorni è risultato del 28%. Tassi più alti della media sono stati riscontrati
anche nei nosocomi di Blackpool, Coventry, Derby, South Tyneside, del Surrey e
del Sussex. “Si tratta di farmaci potenti – avvertono gli esperti - con effetti
collaterali significativi, e spesso ottenere il giusto equilibrio fra un
trattamento aggressivo e la salute del paziente può essere difficile”. Comunque,
come puntualmente si affretta a riportare il quotidiano, La Repubblica: “”… gli
oncologi italiani fanno chiarezza su questa ricerca che potrebbe creare solo
confusione sull’efficacia della chemioterapia. Come ha illustrato Carmine
Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica
(Aiom), lo studio dimostra solo la pessima assistenza sanitaria inglese: “Non a
caso il tasso di sopravvivenza per tumore in Gran Bretagna è il più basso di
tutta l’Europa occidentale”. Un altro aspetto che emerge da questa ricerca è
che è fondamentale che la chemioterapia venga fatta solo in oncologia da
personale che conosce il tipo di farmaci, che può effettuare una accurata
selezione del paziente, suggerire eventuali terapie di supporto che permettono
di tollerare meglio i farmaci e può gestire le reazioni di chi vi si
sottopone…””.
Mah! Evidentemente, in
Inghilterra, non hanno ancora capito come applicare i protocolli …?
Beh! Effettivamente, i nostri
ospedali sono pieni di pazienti inglesi facoltosi che “migrano” in cerca di un
servizio di cura migliore……
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