L’FBI ribalta la storia
del nazismo: “Hitler non morì nel bunker ma fuggì con Eva Braun in Argentina”
Una squadra diretta
dall’ex CIA Bob Baer ha ripercorso per History Channel il tragitto che avrebbe
compiuto il dittatore tedesco da Berlino a Bariloche, via Spagna
di Rino Di Stefano
Uno dei documenti declassificati
dell'FBI su Hitler
La storia dovrebbe essere
riscritta: nuove prove lasciano ben pochi dubbi sul fatto che Hitler non sia
affatto morto nel bunker sotto la Cancelleria di Berlino. Colui che venne
definito “il più grande criminale del Novecento”, sarebbe invece riuscito a
fuggire insieme alla moglie Eva Braun e ad un gruppo di ufficiali del Terzo
Reich (tra i quali il fedele segretario Martin Bormann), prima in Spagna e poi
in Argentina. Questo, almeno, è quanto rivela il Federal Bureau of
Investigation (FBI), che nel 2014 ha declassificato oltre 700 documenti
relativi alle indagini che vennero svolte dal 1945 al 1950 sulla presunta fuga
di Adolf Hitler in America Latina. La desecretazione è avvenuta grazie alla
legge Freedom of Information Act (Atto per la libertà di informazione), emanata
negli Stati Uniti il 4 luglio del 1966, durante il mandato del presidente
Lyndon B. Johnson.
La ricostruzione di quella fuga è
stata resa pubblica nell’autunno 2015 grazie al programma televisivo “Hunting
Hitler” (A caccia di Hitler) su History Channel. In otto puntate, una squadra
di professionisti ha ripercorso l’itinerario che sarebbe stato seguito dal
dittatore tedesco, trovando prove e testimonianze che, apparentemente, non
lasciano dubbi su quanto accadde tra l’Europa e l’America Latina nei mesi
successivi alla capitolazione della Germania.
Secondo quanto si può leggere nei
documenti FBI, gli Americani non hanno mai creduto al presunto suicidio del
dittatore tedesco. Come disse Edgard Hoover, mitico direttore dell’FBI, “gli
ufficiali dell’esercito americano di stanza in Germania non hanno localizzato
il corpo di Hitler e non c’è alcuna fonte attendibile che possa sostenere
definitivamente che Hitler sia morto”. La convinzione di Hoover nasce anche dal
fatto che il dittatore russo Stalin il 31 luglio del 1945, durante l’incontro
di Postdam con il presidente americano Harry S. Truman e con il ministro
statunitense James F. Byrnes, presenti il primo ministro britannico Clement
Attlee e il ministro degli Esteri sovietico Vjaceslav Molotov, aveva dichiarato
con molta fermezza “Hitler non è nelle nostre mani”. E ha detto apertamente
che, secondo lui, il dittatore era fuggito.
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