Testo adattato ed
integrato da Marco La Rosa
Nella Penisola del Sinai
troviamo, a 850 metri di altitudine, ed a circa 30 Km dalla sponda orientale
del Mar Rosso, un luogo davvero inconsueto che evoca strane emozioni che sanno
di antico, di sacro, di arcano: Serabit
el Khadem.
Situato a 29° 02' di Latitudine
Nord, posto a 150 Km dal Cairo, sovrastato dall'omonimo Gebel Serabit el Khadem
(1096 metri), Serabit el Khadem è stato oggetto di molti studi da parte degli
Archeologi e degli Egittologi. Secondo Federico Arborio Mella la dizione di
questo luogo era "Serbat el Khadem", tuttavia è con la dizione:
Serabit, che è attualmente noto. Nonostante fosse già conosciuto dai Beduini
locali fu soltanto nel 1904-1905 che l'eminente Egittologo britannico
Flinders-Petrie lo visitò e ne descrisse in modo dettagliato l'Architettura e
le varie componenti archeologiche presenti. In Tempi successivi continuarono,
anche se un po' irregolarmente, le visite di Archeologi di tutte le nazioni. In
arabo "Serabit el Khadem" significa "Colonne dello
Schiavo"; queste "Colonne" sono connesse con le alte Steli
votive che torreggiano a Serabit sulle rovine del Tempio ormai distrutto dal
tempo. Ma dove origina il Termine "Schiavo"? Una ipotesi potrebbe
essere che nell'iconografia egizia il Principe o Re di un paese straniero,
sconfitto militarmente dal Faraone, veniva definito come "Schiavo"
dello stesso Faraone. Il Principe "schiavo", inteso come
"assoggettato" o "sottomesso", paragonabile al significato
medioevale di "Vassallo", è infatti frequente nello stile ampolloso
dei Faraoni egizi. Tanto Biridya, Principe di Megiddo, che Zurata, Principe di
Acco, si rivolgono infatti rispettosamente al Faraone: "Io sono il tuo
Schiavo". Gli Archeologi ci informano che il sito di Serabit ebbe un
grande sviluppo come centro minerario di estrazione del Turchese ai tempi
dell'Antico Egitto. Particolari ingrandimenti e restauri successivi del tempio
di Serarabit furono compiuti da Faraoni della 12a, della 18a, della 20a
Dinastia. Ma non mancano reperti risalenti alla 4a Dinastia, quali alcune
iscrizioni del Faraone Snefru, ed addirittura a periodi pre-dinastici. Come ci
informa Flinders-Petrie ("Researches in Sinai"), sono infatti
presenti reperti archeologici di Snefru della 4a Dinastia, che veniva
ritualmente ricordato dai Faraoni delle Dinastie successive come unico
"Fondatore" del Tempio di Serabit. Snefru è considerato
dall’archeologia ufficiale, fra l'altro, il Costruttore di ben tre Piramidi:
quella di Meidum, per la quale era particolarmente famoso, e quelle Romboidale
e Rossa, entrambe a Dahshur.
In una iscrizione rinvenuta a
Serabit e tratta da J.H. Breasted ("Ancient Records of Egypt"),
appartenente al vice-tesoriere Ameni, vissuto ai tempi di Amenem-Hat 3° leggiamo
infatti che egli era: "Favorito di Hathor, Signora del Paese di Shesmet
(malachite?), di Soped, Signore dell'Est, di Snefru, Signore degli altipiani, e
degli Dei e delle Dee che si trovano in questa terra." Il Faraone Snefru
era quindi quasi equiparato alla Dea Hathor ed al Dio Sopdu. Il Tempio di
Serabit el Khadem fu costruito su di un altopiano su una distesa di circa 200
metri, che si estendeva digradando a partire da una grande grotta, dedicata
alla Dea Hathor, per poi deviare il suo decorso, scendendo verso sud-ovest, con
i locali di servizio rituale e liturgico, edificati in tempi successivi.
Questa grotta è scavata nella
roccia, con mura interne lisce. Presenta al centro un grande Pilastro di
Amenhotep 3° ed in fondo una Stele di Calcare di Ramses 1°, sulla quale K.
Kitchen ("Ramesside Inscriptions") legge "Il sovrano di tutto
ciò che è sotto il controllo di Aton". Parallela a questa grotta di
Hathor, sul lato sudorientale, fu costruito nel Nuovo Regno un santuario, con
annesse stanze di servizio rituale, dedicato al Dio "Sopd.u". La
parte superiore del Tempio di Serabit, di cui resta ancora qualche vestigia,
era costituita da una serie di sale, santuari, cortili, costruiti in arenaria e
circondati da un muro di recinzione. Gli altari votivi avevano la parte
anteriore incassata e piani di "lavoro" ad altezze diverse. Vi era un
crogiolo per fonderia e furono trovate nelle adiacenze due pietre coniche di
15x22 centimetri. Queste pietre coniche secondo Petrie erano: "l'oggetto
centrale di adorazione e personificazione dei Templi Siriani. È mostrato sulle
monete di Paphos, al centro del locale Tempio. Ad Emesa erano presenti ed
Eliogabalo, che era un sacerdote del locale Tempio, se ne portò alcuni a Roma,
una volta eletto imperatore". Successivamente, scendendo lungo il decorso
del Tempio verso l'altopiano troviamo tracce archeologiche di Montuhotep
(Neb-Hapu-Ra) dell'11a Dinastia, di Amen-em-Hat 1°, di Sesostri 1°, di
Amen-em-Hat 3°, di Sesostri 3°, di Amenem-Hat 4° della 12a Dinastia. In questa parte
del Tempio e di fronte alla Grotta-Santuario di Hathor, Flinders-Petrie trovò
una grande quantità di cenere bianca purissima, senza residui di carbone o di
brace, risalente probabilmente alla 12a Dinastia, che "si estendeva lungo
un'area di 100x50 piedi con uno spessore oscillante fra i 3 ed i 18 pollici,
ammontando globalmente ad almeno 50 tonnellate di polvere". La natura di
questa polvere lasciò interdetto lo stesso Petrie (possiamo ipotizzare si trattasse di cosiddetta polvere “alchemica?).
Egli giustamente escluse che si trattasse di scorie della lavorazione del rame,
che residuavano invece un materiale scuro, rinvenuto in abbondanza nelle vicine
miniere di Bir Nasib, come escluse anche che si trattasse di scorie
dell'estrazione del Manganese, lavorate nelle adiacenti miniere di Umm Bughma.
Pensò che non si trattasse di residui della combustione di alcali, che erano
stati trovati vicino a Gerusalemme, in prossimità di Templi disposte su colline
od alture. Petrie ipotizzò che si potesse trattare di fuochi a sfondo
religioso, come nel caso delle fumigazioni di incenso, di origine semitica,
considerata la presenza di altari a pilastro, sconosciuti agli Antichi Egizi,
ma ben noti agli Ebrei. L'ipotesi che venissero sacrificati anche animali,
secondo il rito cananeo-ebraico è esclusa da lui per la sistematica e
verificata assenza di residui biologici all'interno di queste ceneri bianche.
Tali ceneri infatti erano sempre apparse di notevole purezza, anche se l'usanza
di fare sacrifici con piccoli fuochi sulla cima di colline o montagne era da
lui ritenuta tipicamente semitica. Le Steli presenti a Serabit peraltro, sono
inscritte su entrambi i lati, addirittura in molti casi anche sulle strette
fiancate, usanza più affine alle genti semitiche che agli antichi Egitto.
Petrie riferisce inoltre che in una Stele del Faraone Amen-em-Hat 3° rinvenuta
a Serabit viene citato il capo dei minatori semiti con il nome di Khebde,
recante il titolo di "fratello del Principe di Retjenu" ("Sn Hq
n-Retcen" in geroglifico).
In due Steli questo personaggio è
rappresentato in groppa ad un asino, mentre ha una guida davanti ed un uomo che
reca una fiasca d'acqua dietro. Il suo compito era organizzativo e diplomatico
come "ostaggio" regale, per mantenere buone relazioni diplomatiche
fra il Retjenu e l'Egitto. Alan Gardiner ("Egypt of the Pharaos")
ribadisce: "Alla fine della 12a Dinastia sotto Amen-em-Hat, il fratello
del principe del Retenu assisteva gli Egizi nei lavori del turchese a Serabit
el Khadem, nella Penisola del Sinai". Il termine "Retcenu" o
Rezenu era usato dagli Egizi per designare la Palestina. La Galilea, per
esempio, era da loro infatti chiamata "Retcenu (Rezenu) Superiore".
In Ebraico poi il termine che designa "Terra" è , = "Erez",
mentre il vocabolo "Patria" si designa "Arzenu". Tale
parola è abbastanza simile, foneticamente, all'Egizio "Retcenu",
soprattutto se si considera che la vocalizzazione dei geroglifici egizi, così
come delle parole ebraiche, non è sicura. A Serabit troviamo poi reperti archeologici
di Dinastie successive, appartenenti ad Ahmes 1°, il primo Faraone che regnò
dopo la dominazione degli Hyksos, di Amenofi 1°, di Tuthmosi 1° della 18a
Dinastia. Ma sono stati soprattutto la Regina Hat-Shep-Sut ed il figliastro
Tuthmosi 3° a costruire elettivamente la parte inferiore del Tempio di Serabit
ed a far incidere numerose Steli. Abbastanza stranamente, fa saggiamente notare
Flinders-Petrie, in queste iscrizioni non vi è tracci alcuna della furia
iconoclasta di Tuthmosi 3° nei confronti delle immagini della matrigna
Hat-Shep-Sut, che siamo soliti vedere nell'Antico Egitto propriamente detto. Le
iscrizioni e le Steli della Regina a Serabit el Khadem sono infatti sempre ben
evidenti, e sostanzialmente intatte, o con "normali" deterioramenti
indotti dal tempo. Hat-Shep-Sut e Tuthmosi 3° restaurarono inoltre la grotta
originaria di Hathor, ma anche eressero, parallelamente a questa grotta di
Hathor, come detto in precedenza, un santuario per il "Dio dell'Est
Sopdu", adorato nel deserto ad est della parte centrale del Delta del
Nilo. La Dea Hathor, secondo Lanzone, era peraltro venerata ad Elefantina ed ad
Abydos proprio con il nome di "Sopdu". L'emblema di "Sopdu"
tradiva una certa "natura" celeste. Era infatti definito nell'11a
parte del Duat come la "luce dello zodiaco, il grande cono di luminosità
che rivaleggiava nei Cieli degli Egizi con la Via Lattea, e che sorgeva est
molto prima del Sole".
Il Dio "Sopdu" era
inoltre associato sia ad Horus, sia a "Shesmet", un minerale che si
estraeva, molto probabilmente, proprio nella zona Serabit e che dava il nome ad
una sorta di cintura che il Dio "Sopdu" indossava abitualmente.
D'altro canto l'etimologia del nome ci informa che "Sopdu" significa
"Colui che penetra". Reperti cronologicamente successivi rinvenuti a
Serabit appartenevano ad Amenohotep 2°, Tuthmosi 4°, Amenhotep 3° (con la
presenza di un busto della moglie Tiye) sempre della 18a Dinastia e da Seti 1°.
Da questo momento si conclusero i lavori di ampliamento ed iniziarono lavori di
solo restauro del Tempio di Serabit sotto Seti 2° ed i sovrani ramessidi:
Ramses 2° della 19a Dinastia, Ramses 3°, 4°, 5° e 6° appartenenti alla 20
Dinastia. L'attività estrattiva mineraria a Serabit effettuata ai tempi dei
Faraoni era limitata al periodo Novembre-Aprile, considerate le condizioni di
afa e di caldo impossibile per i minatori durante il periodo estivo. Flinders
Petrie ci dice infatti che in una iscrizione sotto il regno di Amen-em-Hat 3°
si legge: "Il Capo della spedizione Hor-ur-Ra riporta come egli giunse a
Serabit durante la stagione calda, quando il lavoro sembrava quasi impossibile.
Ma grazie all'aiuto di Hathor ottenne una grande quantità di Turchese… Egli
arrivò durante il mese di Phamenoth (Maggio) e partì durante il mese di Pachons
(Luglio)." Tuttavia il Tempio di Serabit era conosciuto nell'Antico Egitto come un
luogo di culto dove talora avvenivano guarigioni, per l'epoca, miracolose. La fama di
Santuario è dovuta alle numerose Steli votive di ringraziamento, a seguito di
benefici riportati, che persone di estrazione sociale medio-elevata erigevano
sul luogo e di cui resta ancora qualche frammento. Non a caso lo stesso Faraone
Amenhotep 3°, vecchio e malato vi risiedette continuativamente, con la moglie
Tiye e tutta la sua corte, per qualche tempo, sperando di poterne trarre
giovamento per la sua salute. Dalla
conferenza a Parma di Michele Manher dell’ 11 Dicembre scorso, abbiamo anche appreso
che la regina Tiye concepì un figlio proprio in questo luogo, nonostante la
presunta (?) infertilità del consorte. Ma l'elemento caratteristico
della zona di Serabit è il minerale che veniva estratto e che era sacralmente
collegato alla Dea Hathor: il Turchese. Infatti il Sinai era chiamato
"Terra del Turchese" e la stessa Hathor era chiamata "Signora della
Montagna Orientale" o "Signora del Turchese". Tale termine nella
lingua egizia presenta tre differenti grafie e forse due o tre differenti
significati, che risultano solo parzialmente conosciuti agli Egittologi:
F(e)kat, Mafkat, M(e)fkat, Shesmet.
LE "STRANE" STELI EGIZIE DI SERABIT EL KHADEM, SCETTRI E
CADUCEI ?
Esaminando le Steli Egizie
provenienti da Serabit possiamo scoprire particolari interessanti ed insoliti. Nella
Stele del Tesoriere Sobek-Hotep, tratta da Jaroslav Cerny ("Inscriptions
of Sinai"), vediamo il funzionario che offre un "Pane conico" ad
Hathor, mentre il Faraone Amen-em-hat 1° (Maat-n-Ra) tiene in mano uno strano
"scettro" portogli da Hathor. Il Faraone se lo dirige verso
gli occhi dal basso verso l'alto con una inclinazione di circa 15°, ad una
distanza di 10-15 centimetri. Questo scettro o bastone appare veramente
inconsueto per l'iconografia egizia.
Si tratta infatti di uno scettro
"Uas" su cui è innestato obliquamente, proprio come una baionetta,
l'Ankh, il Simbolo della vita eterna.
esempi di “varianti”
dello scettro UAS
Particolare del vaso di Gudea, dedicato a
Ningishzida ( Sumer XXI secolo a.C. ). Il caduceo viene interpretato
come rappresentazione del dio stesso, anticipa comunque il bastone di Asclepio
e il caduceo di Ermes nonché il bastone-scettro di Mose (?)
“Lo scettro UAS era un bastone con una forcella all'estremità inferiore
e nella parte superiore, leggermente ricurva, la testa stilizzata di un
animale. Poteva essere lungo o corto ed era il bastone in genere più
raffigurato perché usato da quasi tutte le divinità, dal sovrano e
successivamente, anche dai nobili. Compare nelle pitture e nei rilievi anche
come supporto perché era considerato il pilastro che sosteneva il cielo. Aveva
anche un significato feticistico di origine sciamanica africana e serviva come connessione per veicolare alla
madre terra le energie provenienti dal cielo ed in senso più generico apportava
potenza e fortuna. Questo scettro era usato quasi esclusivamente dalle
divinità maschili quando era unito all'ankh, simbolo di vita, e al
pilastro djed indicante
stabilità, come mostra sovente l'iconografia di Osiride e Ptah e
successivamente anche dal sovrano, in
quanto incarnazione del dio o come trasmissione di un potere appunto di origine
divina”.
L'evento iconografico sopra esposto quindi risulta strano:
* L'Ankh innestato sulla punta
dello scettro Uas è molto raro in steli ed iscrizioni egizie.
* L'Ankh, attributo quasi esclusivo
degli Dei, può talora essere impugnato dal Faraone soltanto sotto lo stretto
controllo della Divinità, titolare del simbolo della Vita Eterna, che tiene per
mano il Sovrano.
* Lo scettro Uas invece è di
esclusivo appannaggio della Divinità, di cui rappresenta un segno distintivo e
di riconoscimento. Eppure la Dea Hathor lo porge al Faraone che lo impugna e lo
rivolge verso la propria testa, in corrispondenza degli occhi!
* Lo scettro Uas si potrebbe
assimilare al “Caduceo” in quanto
simbolo di potenza “guaritrice”? Questa potenza/conoscenza o abilità poteva
essere trasmessa/insegnata?
Ma questo non è un evento unico a
Serabit. Sempre nello stesso "Inscriptions of Sinai" di Cerny
troviamo rappresentata una Stele, appartenente allo scriba Nakht. In essa
vediamo raffigurati Hat-Shep-Sut che offre il "pane conico" a Shu,
mentre il giovane Tuhmosi 3° (a sinistra) fa un'offerta a Hathor.
In questa stele, risalente
all'anno 20 del regno di Hatshep-Sut, vediamo che Hathor viene descritta come:
"Signora del Mafkat, amata" ("Neb.t m-afkat meri" in
geroglifico); a Shu viene invece detto: "Porta nel cielo, Shu, figlio di
Ra, amato" ("pet Shu sa Ra meri"). Vediamo che Shu porge alla
regina nuovamente lo scettro Uas con l'Ankh innestato a baionetta sul suo
apice, indirizzato a circa 15-20 centimetri dagli occhi di Hat-Shep-Sut, sempre
dal basso verso l'alto. Ma il particolare più interessante è che la Regina
impugna l'Ankh senza essere toccata dal Dio Shu. Era forse divenuta uguale agli
Dei? In una Stele di Amen-Hotep 3°, risalente al 36° anno di regno, durante la
sua permanenza a Serabit per motivi di salute, viene rappresentato Sopdu,
definito dalla legenda come "Grande Dio del Paese dell'Est", che
riceve l'offerta di "Pane conico" (manna ?) e che è posto sullo stesso
piedistallo di Hathor, a sua volta appellata nuovamente "Signora del
Mafkat". Come si può correlare l'"Ankh+lo scettro Uas" con il
possibile effetto sul Faraone? La risposta ci giunge da una Stele del Faraone
Amenem-Hat 3° (Maat-n-Ra) sempre rinvenuta a Serabit. Sul lato destro vediamo
Hathor, accompagnata dalla nota legenda "Signora del Mafkat, amata",
che porge l'ormai conosciuto scettro Uas+Ankh al Faraone, che, a sua volta, se
lo posiziona all'altezza degli occhi. Dietro al Faraone Maat-n-Ra troviamo una
scritta esplicativa, peraltro molto frequente nella iconografia faraonica, che
dice: "Il fluido della Vita (eterna) dietro di lui" (Sa Ankh Ha-f).
Tale dicitura è altresì presente sempre a Serabit in una Stele datata
all'Anno 25 di Tuthmosi 3°, dove è raffigurato il Re mentre fa la consueta
offerta ad Hathor, mentre alle sue spalle è presente un Principe
Ereditario-Nomarca che impugna una davvero insolita bacchetta. Subito dietro il
Faraone troviamo una legenda che afferma: "Il Fluido della Vita (eterna) dietro
di lui; Signore come Ra" ("Sa Ankh Ha-f Neb mi Ra"). Il
termine egizio "Sa" corrisponde alla "corda unica con nodi"
e richiama il simbolo ornamentale della "corda con i nodi" usualmente
presente nella tradizione della Massoneria, erede di conoscenze antichissime,
presumibilmente proprio egizie. Ma la dicitura "fluido della Vita (eterna)
dietro di lui", insieme al tema della "corda" e dei
"nodi", propone il tema dell'energia che scorre nella parte
posteriore del nostro corpo, connessa alla Midollo Spinale contenuto nella
Colonna Vertebrale. Tale energia era conosciuta nei paesi dell'Oriente come "Energia
Kundalini" od energia del serpente arrotolato che, dalla regione
del plesso sacrale, sale fino alla testa. Ma il tema dei "nodi" e
della "corda" è altresì presente sia nella filosofia dei Chakra, o
"Ruote di Luce" che nello Shiatsu. In queste discipline troviamo
infatti delle linee o meridiani (corda) e dei centri di smistamento
dell'energia vitale (nodi) che influenzano centri superiori ed inferiori del
nostro corpo. Gli Antichi Egizi erano quindi a conoscenza dell'attività motoria
e sensitiva del Midollo Spinale contenuto nella Colonna Vertebrale che regola
le attività del nostro corpo? Queste nozioni erano state apprese dagli stessi
"Dei" che le avevano date ai popoli dell'Oriente? Per la nostra
medicina occidentale (tecnologica) potremmo addirittura ipotizzare una
approfondita conoscenza del DNA e della genetica? Le arcane conoscenze
“mediche” criptate nel tempio di Serabit el Khadem meritano sicuramente un
ulteriore approfondimento.
Bibliografia:
http://unmondoaccanto.blogfree.net/?t=3113285
http://www.egyptianhealing.com/hathortemple.htm
Marco La Rosa – Il risveglio del
Caduceo dormiente… - OmPhi Labs 2015
Wikipedia
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