SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)
IMMUNO-ONCOLOGIA, ITALIA LEADER E
SIENA TRA I PRIMI CENTRI AL MONDO
L’immuno-oncologia parla
italiano. Il nostro Paese ha guidato i più importanti studi clinici con questa
nuova arma e Siena è la capofila a livello mondiale. In dieci anni nella città
toscana più di 700 pazienti sono stati trattati con queste terapie innovative
che stimolano il sistema immunitario a combattere il cancro. Il melanoma ha
rappresentato l’apripista in sperimentazioni che si sono poi allargate a molti
tipi di tumore, da quelli del polmone, del rene, della prostata, del
colon-retto e del cervello, fino al mesotelioma e ad altre neoplasie rare.
L’Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena,
diretta dal prof. Michele Maio, è tra i primi centri al mondo per numero di
patologie trattate con questo nuovo approccio. Proprio la città toscana ospita
il XIII Congresso NIBIT (Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori) con la
partecipazione dei più importanti esperti a livello internazionale. E da Siena
arriva l’appello dei ricercatori perché queste terapie innovative siano subito
disponibili per i pazienti. “Il nostro centro è nato dieci anni fa – spiega il
prof. Maio, che è anche presidente del NIBIT e della Fondazione NIBIT -.
All’inizio poteva sembrare una sfida. Oggi l’immuno-oncologia si è affermata
come la quarta arma disponibile per sconfiggere il cancro in grado di generare
grandi benefici sia nei tumori solidi che in quelli ematologici. Il primo
farmaco immuno-oncologico approvato, ipilimumab, ha dimostrato di migliorare la
sopravvivenza a lungo termine nel melanoma in fase avanzata: nel 20% dei
pazienti la malattia si ferma o scompare del tutto, e aumenta la sopravvivenza
a lungo termine. In questo tumore della pelle è ormai possibile evitare la chemioterapia.
Un passaggio che avverrà a breve anche nel tumore del polmone, con importanti
vantaggi per i pazienti perché oggi uno su cinque trattato con un nuovo farmaco
immuno-oncologico, nivolumab, è vivo a tre anni. Siamo di fronte a un risultato
straordinario in una delle patologie a maggiore impatto, con 41.000 nuove
diagnosi stimate in Italia nel 2015”. Il 21 luglio scorso la Commissione
Europea ha approvato nivolumab nel tumore del polmone non a piccole cellule
squamoso localmente avanzato o metastatico, precedentemente trattato con la
chemioterapia. Il 22 settembre l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha
inserito il farmaco nella lista prevista dalla legge 648/96, consentendo così a
1.400 pazienti colpiti da questa forma di neoplasia, non inclusi nel programma
di uso compassionevole, di poter disporre del trattamento a totale carico del
Servizio Sanitario Nazionale. Nivolumab, così come un altro anticorpo diretto
contro PD-1, pembrolizumab, però non è stato ancora approvato nel nostro Paese
nel melanoma. “È importante che anche i pazienti con questo tipo di tumore
della pelle, che nel 2015 in Italia colpirà circa 11.300 persone, possano
accedere quanto prima alla terapia innovativa – continua il prof. Maio -. Studi
recenti hanno dimostrato l’efficacia della combinazione di ipilimumab e
nivolumab. L’associazione ha evidenziato una riduzione delle dimensioni del
tumore, cioè tassi di risposta non solo maggiori rispetto ai due farmaci
somministrati in monoterapia ma anche più veloci e duraturi. Il regime di
combinazione nel melanoma è stato approvato recentemente negli Stati Uniti
dall’ente regolatorio americano, la Food and Drug Administration (FDA), ma
spesso i pazienti italiani devono attendere molti mesi prima di poter accedere
a queste armi. Chiediamo alle Istituzioni di prevedere approvazioni accelerate
quando si tratta di terapie realmente innovative”. L’obiettivo di cronicizzare
la malattia, già raggiunto in alcuni pazienti con melanoma, potrà essere esteso
a altri tipi di tumore grazie all’associazione di queste molecole. “I risultati
degli studi nel melanoma rafforzano le nostre convinzioni che le future terapie
consisteranno nella combinazione di più farmaci immuno-oncologici, tra cui
nivolumab e ipilimumab, che possono modulare il sistema immunitario per offrire
ai pazienti con tumore opzioni di maggiore efficacia, più di quanto si possa
ottenere con gli attuali approcci terapeutici – sottolinea il prof. Giorgio
Parmiani, past president NIBIT e già direttore dell’Unità di Immuno-Bioterapia
del Melanoma e Tumori Solidi dell’Istituto Scientifico Fondazione San Raffaele
-. Nel 2011, la sopravvivenza a lungo termine in pazienti con melanoma
metastatico era un risultato impensabile, ma l’introduzione di ipilimumab ha
aiutato a rendere questo obiettivo una realtà per il 20% dei pazienti. Ora
stiamo incrementando questi successi con nivolumab, il primo inibitore di PD-1
a dimostrare un aumentato beneficio in termini di sopravvivenza. Inoltre
l’utilizzo delle tecniche di genomica consente oggi di identificare gli
antigeni, cioè i bersagli verso cui il paziente può sviluppare una risposta
immunologica efficace attivata dagli anticorpi immunomodulanti”. “Stiamo
assistendo a risultati importanti anche nel tumore del rene – continua il prof.
Parmiani -. Nivolumab infatti ha dimostrato di ridurre il rischio di morte del
27% nelle persone colpite dalla malattia in fase metastatica rispetto alla
terapia standard”. L’utilizzo di queste
terapie non comporta necessariamente un incremento dei costi per il sistema
sanitario nazionale. Infatti si stanno indentificando marcatori tumorali per
indentificare in anticipo i pazienti in cui i farmaci immuno-oncologici
potranno essere efficaci. “Così sarà possibile risparmiare risorse - continua
il prof. Maio -. Ad esempio nel tumore del colon-retto è stata identificata una
sottopopolazione di pazienti con specifiche caratteristiche molecolari che
rispondono molto bene all’immunoterapia. Il carcinoma del colon-retto finora
non è stato considerato un modello di sperimentazione per l’immunoterapia
perché ritenuto poco immunogenico, ma oggi i dati preliminari stanno
evidenziando risultati impressionanti in determinate categorie di pazienti. Gli
studi di fase I sono fondamentali per implementare questo tipo di conoscenze,
anche se in Italia sono in netto calo. Uno degli obiettivi del NIBIT è proprio
quello di promuovere sperimentazioni pre-cliniche e cliniche in grado di
portare risultati immediati al letto del paziente”. Il NIBIT riunisce in rete
le più importanti strutture italiane, circa 50, che si occupano di bioterapia
dei tumori. Da una costola del network è nata nel 2012 la Fondazione NIBIT. “Questo
ente – conclude il prof. Maio – vuole sviluppare studi spontanei con finalità
non commerciali che si occupano di alcune patologie ‘di nicchia’. Partendo dai
dati generati dal nostro centro a Siena nel corso di sperimentazioni spontanee
sono nati studi registrativi internazionali ad esempio nel mesotelioma, per il
quale la prossima settimana partirà a Siena uno studio clinico che combinerà i
due anticorpi tremelimumab e durvalumab diretti contro le molecole CTLA-4 e
PD-1”.
Da:
http://salutedomani.com/article/immuno_oncologia_italia_leader_e_siena_tra_i_primi_centri_al_mondo_19718
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