ANCHE
LA MEDICINA ONCOLOGICA INIZIA FINALMENTE A FARE IL MEA CULPA.
LA
STRADA SARA’ COMUNQUE ANCORA LUNGA, MA UN CAMBIO DI PARADIGMA NELL’ APPROCCIO
ALLA CURA DEL CANCRO SEMBRA ORMAI INEVITABILE.
NON
CI STANCHEREMO MAI DI RIPETERE CHE IL PROFITTO DELLE MULTINAZIONALI DEL FARMACO
RESTA LA PRIMA PIAGA DA ESTIRPARE.
BUONA
LETTURA
Perchè stiamo perdendo la guerra contro il cancro
D.ssa
Patrizia Gentilini, medico oncologo
Nel 1971 il Presidente Nixon firmò il National Cancer
Act, un ambizioso progetto con cui si delineava la strategia della “guerra al cancro”, guerra che gli
Stati Uniti erano decisi a combattere ed ovviamente a vincere. Erano gli anni
in cui l’uomo era arrivato sulla luna , la fiducia nelle potenzialità della scienza era pressochè illimitata e sembrava che con poderosi
finanziamenti ogni traguardo potesse essere raggiunto. Erano anche gli anni in
cui prendeva corpo l’idea che il cancro fosse una
malattia “genetica”
e che nascesse da
una singola cellula in qualche modo “impazzita”.
Si pensava che per un “incidente
genetico”
casuale
avvenissero una serie di mutazioni a carico del DNA tali da comportare
una proliferazione incontrollata ed una sorta di “immortalizzazione” delle cellule figlie.
L’idea era quindi che una sorta di selezione darwiniana conferisse vantaggi
in termini di sopravvivenza e capacità di metastatizzare
alle cellule figlie via via sempre più aggressive e maligne rispetto a quelle di
origine con un processo irreversibile che portava infine a morte l’organismo ospite.
Il cancro era ritenuto una malattia dell’età adulta in cui, proprio per l’aumento della
speranza di vita, era sempre più probabile che insorgessero mutazioni casuali:
in qualche modo il cancro era visto quasi come un prezzo da pagare al nostro modo di vita ed in
definitiva allo sviluppo.
Se
l’origine del cancro risiedeva in un danno a carico del DNA
era logico quindi pensare di risolvere il problema cercando di svelare tutti i
segreti del genoma e sperimentare
terapie che colpissero la cellula nel suo centro vitale, il DNA appunto.
Gli investimenti che furono fatti negli USA ed in seguito
anche in altri paesi del mondo occidentale furono a dir poco esorbitanti, ma,
come ha scritto nel 2005 in una esemplare lettera aperta un grande
oncologo americano S. Epstein, “dopo trenta anni di reclamizzate ed ingannevoli promesse di successi, la
triste realtà è infine affiorata: stiamo infatti perdendo la guerra al cancro,
in un modo che può essere soltanto descritto come una sconfitta. L’incidenza dei tumori – in particolare
della mammella, dei testicoli, della tiroide, nonché i mielomi e i linfomi, in particolare nei bambini – che non possono essere messi in relazione con il fumo di sigaretta, hanno
raggiunto proporzioni epidemiche, ora evidenti in un uomo su due e in oltre una
donna su tre”.
Queste che sembravano pessimistiche considerazioni di
qualche medico isolato hanno in realtà trovato
autorevoli conferme in un articolo dall’emblematico
titolo “
Ripensare la guerra al cancro” comparso a dicembre 2013 nella prestigiosa rivista Lancet
(www.thelancet.com). Perchè l’obiettivo non è
stato raggiunto? Dove abbiamo sbagliato?
Evidentemente concentrare tutte le risorse sulla ricerca di terapie, spesso rivelatesi
inefficaci o sulla diagnosi precoce non
è stata la strada vincente.
In effetti nuove emergenti teorie sulle modalità con cui il nostro genoma si relaziona con l’ambiente ci fanno capire come anche la nostra visione del problema cancro – e non solo- sia stata estremamente riduttiva e di come quindi dobbiamo
radicalmente cambiare il nostro punto di vista se solo vogliamo sperare di
uscire da questo empasse.
Si è sempre pensato al genoma come a qualcosa di
predestinato ed immutabile, ma le conoscenze che da oltre un decennio
provengono dall’epigenetica ci dicono che le cose non stanno così. Il genoma è qualcosa che continuamente si modella e si adatta a seconda dei segnali -
fisici, chimici, biologici - con cui entra in contatto. Come una orchestra deve
interpretare uno spartito musicale facendo suonare ad ogni musicante il proprio strumento, così l’informazione contenuta nel DNA viene continuamente trascritta attraverso
meccanismi biochimici che comprendono
metilazione, micro RNA, assetto istonico che vanno appunto sotto il nome
di epigenoma. L’epigenetica ci ha
svelato che è l’ambiente che “modella”
ciò che siamo, nel
bene e nel male, nella salute e nella malattia....
L’origine del cancro non risiede quindi solo in una mutazione casualmente
insorta nel DNA di una qualche nostra cellula, ma anche in centinaia di
migliaia di modificazioni epigenetiche indotte dalla miriade di agenti fisici e
sostanze chimiche tossiche e pericolose con cui veniamo in contatto ancor prima
di nascere e che alla fine finiscono per
danneggiare in modo irreversibile lo stesso DNA.
L’articolo di Lancet sostiene che per vincere la guerra contro il cancro abbiamo
bisogno di una nuova e diversa visione del campo di battaglia: per coloro che
da decenni si battono per una riduzione
dell’esposizione delle popolazioni agli agenti inquinanti e cancerogeni questa
nuova visione del problema ha un unico nome: Prevenzione Primaria che non può
essere ridotta solo alle indicazioni riguardanti gli “stili di vita”, ma che deve intervenire energicamente sulla tutela degli ambienti di vita
e di lavoro, come ci indicano drammaticamente anche i dati recenti della
cronaca italiana!
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