lunedì 6 gennaio 2014

MODERNI PROFETI INASCOLTATI "2"



SANDOR MARAI

Sándor Márai, in origine Sándor Károly Henrik Grosschmid de Mára (Košice, 11 aprile 1900 – San Diego, 22 febbraio 1989), è stato uno scrittore e giornalista ungherese che si è imposto nel panorama letterario europeo negli anni ’30 grazie al suo stile chiaro, preciso ma soprattutto realista e oserei dire profetico. Ha vissuto in Italia per molti anni ma le sue opere sono state tradotte in italiano all’ inizio degli anni ’90 del secolo scorso.


da: “ IL GABBIANO” (1942)
Ed. Adelphi 2011


".....aveva immaginato accanto a lei un austero scienziato, una sorta di celebrità che gioca a tennis, presiede varie associazioni scientifiche, ha solide conoscenze nei giri che contano e abita in una villa con terrazzo sulla collina Gellert da cui si vede snodarsi il Danubio. Invece, ascoltandolo in quell'aula gremita, si accorse che quell'uomo sembrava vivere molto al di sotto della sua posizione sociale, e per giunta infischiarsene allegramente di tutto ciò che la posizione sociale rappresenta, e ancora di più ciò che la gente immagina di uno scienziato come lui. Tipi del genere non meritano di solito rispetto, dormono beati alle prime ore del mattino nel retro dei caffè bohemiennes, chini sulle pagine spiegazzate dei giornali esteri, ex rivoluzionari, confusi geni degli scacchi, preti spretati, gente che trascorre le sere a fumare sigari in un locale. Il chimico pareva uno di loro. Ma dalla sua voce rauca e soffocata trapelava la passione, così come dietro a un paesaggio sereno e assolato si intuisce il cupo ruggito di un lontano terremoto. Descriveva sostanze chimiche e anche un profano poteva rendersi conto che non diceva una parola di troppo; citava numeri e formule ed era come se, mentre parlava di realtà oggettive e controllabili, in lui ruggisse una belva, come se dietro quel che faceva e raccontava e diceva ci fosse sempre qualcosa d'altro. Quell'uomo era pieno di passione. Può darsi che la passione sia una condizione del genio, pensò, ormai capiva la folla nella sala, quella moltitudine che lo ascoltava attenta e che, verosimilmente, in quel momento, non era interessata soltanto alle formule chimiche, quanto piuttosto, e soprattutto, alla persona del relatore. Quel professore burbero, trasandato, non più giovane, dotato di pochi capelluzzi arraffati, dai modi scontati, sapeva qualcosa: c'era un motivo per il quale il suo nome era rinomato. Ma sapere qualcosa significa avere passione: il senso originario di ogni fenomeno umano è la passione con la quale un uomo risponde al mondo. Ascoltandolo, si accorse perchè l'Europa stava andando incontro alla catastrofe. Travolta dal proprio nichilismo, dalla propria vanagloria narcisistica, dalla ricerca del profitto finanziario a tutti i costi, aveva dimenticato di coltivare le passioni: senza di esse, inevitabilmente, ci si innamora della morte al fronte. Quei giovani lo ascoltavano, nel tremendo e vano tentativo di sentire di nuovo qualcosa di vero, prima di essere ingoiati dalla ferocia della guerra che sarebbe piombata di lì a pochi giorni. Mentre scendeva l'ampio scalone del grande edificio, non gli sembrava più impossibile o assurdo che Ilona amasse quell'ometto, proprio lui. Ma allora Ilona, chi e che cosa sono io per lei? si domandò sul portone. Sono un uomo a caccia di passioni, tutto qui. Il chimico, invece, è la passione in tutto il suo essere e i giovani lo sentono: è l'unico antidoto certo alla guerra. Fece cenno a un taxi e andò da lei. Erano le ultime ore di pace, adesso lo sapeva anche lui".



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