Un farmaco di 150 anni fa,
potrebbe aiutare nella lotta contro il cancro
Un farmaco conosciuto da oltre
150 anni potrebbe essere la chiave per combattere più efficacemente le cellule
tumorali aumentando l’efficacia della radioterapia e diminuendo allo stesso
tempo i dannosi effetti collaterali.
Vediamo come:
La papaverina contro il cancro
Purtroppo, al momento, la scienza
non ha disposizione farmaci che siano sia sufficientemente sicuri che efficaci,
quando si tratta di cancro. Fatta eccezione per le nuove terapie immunotropiche
e la tecnica car-t cell, infatti, la radioterapia e chemioterapia – seppur
leggermente migliorate – sembrano ancora imperare durante i trattamenti
anticancro. Inutile dire che si tratta di medicinali che provocano effetti
devastanti sulle persone e prolungano la vita solo di qualche anno. D’altro
canto, anche le terapie più classiche potrebbero migliorare grazie all’uso di
un antichissimo farmaco miorilassante, conosciuto da ben 150 anni. Stiamo
parlando della papaverina, una sostanza che sembra essere un’ottima candidata
come coadiuvante
I limiti della radioterapia
Come ben sappiamo, la
radioterapia ha molti limiti. Si tratta infatti di una terapia che è in grado
di distruggere le cellule cancerose danneggiando in maniera irreversibile il
loro DNA e producendo una vasta quantità di radicali liberi. Tuttavia, non
riesce a essere sufficientemente efficace nelle cellule maligne che si trovano
in tessuti eccessivamente privi di ossigeno. La carenza di ossigeno causa
sacche di cellule necrotiche circondate da aree ipossiche. Le cellule tumorali
che si trovano in tali sedi, possono così sfuggire alla chemioterapia e
diventare resistenti alla radioterapia. E questo è un grave problema,
considerando che la privazione di ossigeno è abbastanza comune nelle masse
tumorali. «Sappiamo che l'ipossia limita l'efficacia della radioterapia, e
questo è un problema clinico serio perché più della metà di tutte le persone
con cancro ricevono radioterapia a un certo punto della loro cura», spiega
Nicholas Denko, un ricercatore di microambienti tumorali e metabolismo presso
la Ohio State University.
Superare la barriera
Grazie a Denko – che ha
coordinato il team di ricerca per dieci anni - da ora in poi potrebbe essere
possibile superare la barriera dell’ipossia grazie alla papaverina. Le cellule
cancerose, devono consumare alti livelli di ossigeno per crescere bene. E
spesso il loro desiderio di nutrimento supera l’offerta di sangue del momento. Si
innesca così l’ipossia e le cellule cancerose sono protette dalla chemioterapia
e radioterapia. «Se le cellule maligne nelle aree ipossiche di un tumore
sopravvivono alla radioterapia, possono diventare una fonte di recidiva. È
fondamentale trovare metodi per superare questa forma di resistenza al
trattamento», continua Denko.
Aumentare l’ossigeno?
Studi recenti hanno tentato di
ovviare al problema fornendo più ossigeno nella sede tumorale. Tuttavia, i
risultati sono stati scarsi, perché in questo modo i tumori crescono troppo
velocemente. Ecco il motivo per cui Denko ha provato a muoversi diversamente.
«Abbiamo utilizzato l'approccio opposto. Piuttosto che tentare di aumentare
l'apporto di ossigeno, abbiamo ridotto la richiesta di ossigeno». Come? Utilizzando
la papaverina.
Il ruolo della papaverina
Tale sostanza agisce inibendo la
respirazione dei mitocondri – sia delle cellule nostre che di quelle tumorali –
i quali consumano ossigeno e creano energia. In questo modo viene ridotta la
quantità di ossigeno consumata dalle cellule tumorali e si assiste a una
riduzione dell’ipossia e dell’efficacia delle radiazioni. Ma ciò che è più
interessante è che il farmaco non interagisce negativamente con il tessuto
sano. «Abbiamo scoperto che una dose di papaverina prima della radioterapia
riduce la respirazione mitocondriale, allevia l'ipossia e migliora notevolmente
le risposte dei modelli di tumore alle radiazioni», continua Denko. «Forniamo
prove genetiche – si legge nell’estratto dello studio - che l'inibizione complessa
della papaverina è direttamente responsabile della maggiore ossigenazione e
della maggiore risposta alle radiazioni. Inoltre, descriviamo derivati della
papaverina che hanno il potenziale per diventare radiosensibilizzatori clinici
con potenzialmente meno effetti collaterali. È importante sottolineare che
questa strategia di radiosensibilizzazione non sensibilizzerà il tessuto
normale ben ossigenato, aumentando così l'indice terapeutico della
radioterapia», concludono gli scientiziati. I risultati sono stati pubblicati
su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Fonti scientifiche:
[1] Papaverine and its
derivatives radiosensitize solid tumors by inhibiting mitochondrial metabolism
- Martin Benej, Xiangqian Hong, Sandip Vibhute, Sabina Scott, Jinghai Wu,
Edward Graves, Quynh-Thu Le, Albert C. Koong, Amato J. Giaccia, Bing Yu,
Shih-Ching Chen, Ioanna Papandreou, and Nicholas C. Denko - PNAS October 16,
2018 115 (42) 10756-10761; published ahead of print September 10, 2018
https://doi.org/10.1073/pnas.1808945115 - Edited by Gregg L. Semenza, Johns
Hopkins University School of Medicine, Baltimore, MD, and approved August 10,
2018 (received for review May 24, 2018)
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