sabato 31 dicembre 2016

I CAMBIAMENTI CLIMATICI E LA “CONFUSIONE” SCIENTIFICA IN PROPOSITO, ALCUNI ESEMPI



1) COSA HA PROVOCATO LO STRANO CERCHIO NEI GHIACCI DELL’ANTARTIDE?


Finalmente svelata l’origine di un misterioso cratere avvistato dall’alto tra i ghiacci antartici orientali: la soluzione dell’enigma è più preoccupante del previsto
Sorvolando la piattaforma di ghiaccio dell’Est Antartide, nel 2014, un gruppo di scienziati avvistò una formazione circolare di 2 km di diametro di colore più scuro. A lungo si è pensato potesse trattarsi della cicatrice lasciata da un meteorite precipitato nel continente ghiacciato nel 2004. Ma un nuovo studio sul campo, ora pubblicato dagli scienziati della Delft University of Technology (Olanda) racconta una storia diversa. Quando nel gennaio 2016 gli scienziati hanno visitato il cratere, hanno scoperto che si trattava di una depressione nei ghiacci profonda circa 3 metri, con i bordi rialzati. Al suo interno, hanno trovato tre canali verticali da cui scolava acqua di fusione. L’ipotesi è che il cratere sia stato lasciato da un lago di ghiaccio “sciolto”, che sarebbe poi colato verso il fondo attraverso i mulinelli, come in un lavandino.

 I venti discendenti, l’aria calda che risale, il ghiaccio esposto e il conseguente scioglimento. Lo schema di formazione dei laghi antartici. Venti discendenti a più di 35 km orari di velocità avrebbero spazzato via la neve dalla superficie della piattaforma, lasciando esposto lo strato blu di ghiaccio sottostante, che si riscalda più facilmente. Il maggiore assorbimento della luce solare e i venti sferzanti avrebbero contribuito a innalzare la temperatura della superficie, portando alla formazione di un lago, la cui pressione avrebbe fatto collassare parte del letto, favorendo lo scolo dell’acqua. L’erosione di vento e neve avrebbe reso il cratere ancora più visibile. Quando hanno scavato sul fondo del cratere, i ricercatori hanno trovato diversi altri laghi sotterranei, una prova ulteriore del fatto che la fusione dei ghiacci con la formazione di pozze di scioglimento è in atto anche nell’Antartide orientale, e non solo in quello occidentale e in Groenlandia, come si pensava finora. Nuovi punti caldi, dove sono in atto simili fenomeni di scioglimento, sono stati individuati nella stessa area di continente ghiacciato. Occorrerà tenerne conto nella valutazione dell’impatto del riscaldamento globale al Polo Sud.

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2) PARADOSSO: IL RISCALDAMENTO GLOBALE CAUSERÀ INVERNI SUPER-FREDDI


Sembra una situazione paradossale, ma il riscaldamento globale potrebbe essere la causa di inverni sempre più freddi. Uno studio pubblicato su Nature rivela che lo scioglimento dei ghiacci sta destabilizzando il “vortice polare”.
Il riscaldamento globale potrebbe aver innescato un ciclo nel quale gli inverni, in alcune parti del del mondo, saranno sempre più freddi. A sostenerlo è un gruppo di ricercatori guidato da Baek-Min Kim, del Korea Polar Research Institute, i quali hanno confrontato i dati delle recenti tendenze climatiche con alcuni modelli realizzati al computer. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha rivelato un legame tra l’aumento delle temperature oceaniche e la grande area di bassa pressione che staziona in quota in modo semi-permanente sopra il Polo nord, nota come ‘vortice polare‘. Il riscaldamento globale infatti sta causando lo scioglimento dei ghiacci polari, innescando un effetto a catena: l’acqua ghiacciata che si riversa negli oceani altera le correnti oceaniche del Golfo, che percorrono l’oceano dal Messico fino alle regioni al nord della Scandinavia, creando forti instabilità che si ripercuotono sull’atmosfera.


 E mentre l’aria continua a riscaldarsi, le temperature oceaniche scendono, causando così sbalzi termici e violente perturbazioni. Questo contrasto termico provoca venti veloci attorno al vortice polare, spingendo raffiche di aria fredda verso sud.  L’effetto è stato già sperimentato nell’inverno scorso, soprattutto in Nord America. A causa della loro posizione geografica, Canda e Stati Uniti, in particolare, dovranno affrontare inverni più rigidi. Ma anche l’Eurasia potrebbe assistere ad una diminuzione delle temperature invernali. Secondo i ricercatori, se il riscaldamento globale continua ad innalzare le temperature oceaniche, anche la probabilità di inverni glaciali aumenterà. All’inizio di quest’anno, il riscaldamento globale sembrava aver causato la scomparsa irreversibile dei ghiacciai occidentali dell’Antartide. Ma gli scienziati hanno recentemente affermato che il riscaldamento del pianeta è in realtà responsabile di una paradossale crescita media del ghiaccio al Polo Sud. I rapporti divulgati ad inizio settimana hanno mostrato che la copertura di ghiaccio marino in Antartide è ora al livello più alto da quando sono cominciate le osservazioni. Le immagini satellitari hanno rivelato la presenza di 20 milioni di km² di ghiaccio che circondano il continente. Ma piuttosto che smentire il riscaldamento globale, gli scienziati sostengono che questa crescita possa essere innescata proprio da esso. L’ipotesi è che i venti occidentali che soffiano intorno all’Antartide stiano accelerando, dirigendosi verso sud. L’effetto è forse collegato all’aumento dei gas serra.

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3) PERCHÈ IL RISCALDAMENTO GLOBALE SI È PRESO UNA PAUSA?


Nell'ultimo secolo, il trend sembrava mostrare che la temperatura del pianeta Terra era destinata a salire senza sosta, attribuendone la causa soprattutto all'utilizzo di combustibili fossili da parte dell'uomo. Eppure, alla fine del 20° secolo si è registrato un rapido cambiamento, segnando una pausa nel Global Warming. Uno scienziato dell'Università di Washington ritiene di avere la spiegazione al fenomeno.
Il riscaldamento globale cominciato nel secolo scorso sembrava, agli occhi della scienza, un trend inesorabile. Eppure, dalla fine del 20° secolo, il Global Warming sembra essersi preso una pausa. In un primo momento, l’inaspettata scoperta ha cominciato a dividere la comunità scientifica. Più di una dozzina di teorie sono state proposte per spiegare la “pausa” nel riscaldamento globale, dall’attività vulcanica alle macchie solari. “Ogni settimana c’è una nuova spiegazione al fenomeno”, spiga il professor Ka-Kit Tung dell’Università di Washington. “Molti lavori precedenti si sono necessariamente focalizzati sui sintomi registrati sulla superficie terrestre, dove vediamo molti fenomeni diversi e specifici. Noi, invece, abbiamo guardato nelle profondità dell’oceano per trovarne la causa”. Secondo lo studio di Tung, pubblicato su Science, la controversa battuta d’arresto nel riscaldamento globale potrebbe essere dovuta all’inabissamento delle correnti oceaniche calde nelle profondità dell’Atlantico e degli oceani meridionali. Ciò sarebbe dovuto ad un improvviso cambiamento di salinità nell’Atlantico settentrionale che ha reso l’acqua più salata e densa. Il team del professor Tung ha analizzato le recenti registrazioni di temperatura nelle acque profonde rilevate dai sensori oceanografici, fino ad una profondità di 2 mila metri. I dati mostrano un aumento del calore cominciato intorno al 1999, anno in cui il riscaldamento globale è improvvisamente rallentato. Gli scienziati ritengono che la migrazione verso il basso delle acque calde, fenomeno non riscontrato nel Pacifico, faccia parte di un ciclo naturale. Infatti, si pensa che il riscaldamento globale possa riprendere nuovamente entro i prossimi 15 anni, quando le correnti calde torneranno in superficie. I dati suggeriscono che eventi simili nel passato hanno avuto la durata di 20-35 anni. Il fenomeno potrebbe essere stato responsabile del periodo di freddo registrato tra il 1945 e il 1975, quando si temette l’inizio di una nuova era glaciale. “Ci sono cicli ricorrenti legati alla salinità in grado di immagazzinare il calore nelle profondità dell’Atlantico e degli oceani meridionali”, spiega Tung. “Dopo 30 anni di rapido riscaldamento, ora siamo nella fase di raffreddamento”.  
Il ciclo comincia quando la densa acqua salata comincia ad affondare in prossimità dell’Islanda. Questo cambia la velocità della corrente atlantica che porta calore in tutto il mondo. “Lo studio suggerisce che la scomparsa del calore nelle profondità dell’Atlantico e degli oceani meridionali sia la causa dominante”, commenta Andrew Watson, climatologo britannico dell’Università di Exeter. “Le loro conclusioni sembrano buone, ma sono convinto che ci sia dell’altro”. “La cosa più importante è che questo lavoro suggerisce che le nostre proiezioni del cambiamento climatico a lungo termine hanno bisogno di una revisione verso il basso”, conclude Watson.

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