Segnalato dal Dr. GIORGIO PATTERA
(Biologo)
Uno studio dell'Università Studi
di Milano e Ospedale Niguarda individua materiale genetico non umano,
probabilmente virale o batterico, in metà dei pazienti affetti da leucemia
mieloide acuta. E apre la strada a nuove possibili terapie.
LA LEUCEMIA mieloide acuta
potrebbe avere un'origine virale o batterica. È la conclusione di uno studio
tutto italiano pubblicato su Scientific Reports e completamente autofinanziato
con il sostegno delle associazioni di volontariato. I ricercatori
dell'Università degli Studi di Milano e gli ematologi dell'ospedale Niguarda
hanno scoperto che c'è una correlazione tra la malattia e una porzione di Dna
presente nelle cellule leucemiche che non è di tipo umano. Già in precedenza lo
stesso gruppo di ricerca aveva notato che nelle cellule tumorali veniva sovra espressa
una determinata proteina, denominata WNT10B. “Siamo andati a ritroso e ci siamo chiesti chi impartisse questo ordine
in grado di attivare un loop auto-proliferativo senza interruzione"
raccontano Alessandro Beghini e Roberto Cairoli. Analizzando quindi 125
pazienti trattati al Niguarda hanno così individuato, nel 56% delle leucemie
mieloidi acute, una sequenza di Dna che sicuramente non è di origine umana. Per
individuare la giusta variante dell'oncogene WNT10B i ricercatori hanno usato
tecniche di biologia molecolare molto avanzate e usate in pochi centri nel
mondo. Ma è grazie a tecnologie meno avanzate che hanno individuato
"l'intruso". "Ha giocato
un ruolo fondamentale l'uso di sequenziatori automatici diciamo un po' vintage —
svelano Cairoli e Beghini — e non
completamente al passo con le più moderne tecnologie. E questa è stata la
nostra fortuna perché i macchinari di ultima generazione avrebbero scartato le
sequenze non umane in automatico senza analizzarle”. Si tratta di una
scoperta che apre nuove strade di ricerca volte a risalire alla specie a cui appartiene
questa sequenza di Dna e ai meccanismi che hanno portato all'incorporazione in
cellule umane. Ma le ricadute possono rivelarsi decisive sul piano
terapeutico perchè di fatto si è scoperto un nuovo target per le terapie a
bersaglio molecolare. Una buona notizia per i pazienti affetti da una
malattia che ha un'incidenza di 2000 nuovi casi l'anno, colpendo
prevalentemente gli uomini di età superiore ai 60 anni.
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