domenica 9 ottobre 2016

IL PRINCIPIO DELL'IMMORTALITA': ALTRI STUDI E ...



SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Se la durata della vita ha un limite invalicabile…

Esiste probabilmente un limite massimo alla longevità degli esseri umani: è quanto emerge da una nuova analisi dei dati demografici mondiali. Anche se la speranza di vita alla nascita aumenta, pur con un tasso decisamente inferiore al passato, le statistiche dell'età alla morte dei principali paesi indicano che l'età massima non aumenta più da molti anni. Jeanne Calment, morta nel 1997 a 122 anni, ha stabilito un primato di longevità che difficilmente potrà essere infranto. L'età massima documentata per un essere umano è di 122 anni, ed è improbabile che questo primato possa essere infranto, perché la durata della vita potrebbe avere un limite naturale invalicabile. È questa la conclusione di un'analisi demografica globale pubblicata sulla rivista “Nature” da Xiao Dong, Brandon Milholland e Jan Vijg dell'Albert Einstein College of Medicine di New York. Tra gli aspetti più rilevanti emersi dalle statistiche sanitarie dell'ultimo secolo è l'aumento costante della speranza di vita, un parametro che indica il numero medio di anni che un individuo di una certa popolazione può aspettarsi di vivere in media a partire da una certa età, e l'età massima registrata per ogni nazione. Questo miglioramento è stato il frutto delle migliorate condizioni di vita e alla diffusione del benessere, dei progressi nella medicina e delle cure sanitarie, nonché alla diminuzione della mortalità evitabile, per esempio di neonati e bambini entro i cinque anni. Tuttavia, benché speranza di vita e longevità - definita come il limite massimo di durata della vita - siano parametri collegati, il legame è spesso poco intuitivo: l'aumento della speranza di vita alla nascita, dovuto per esempio a una diminuzione della mortalità neonatale, non produce di per sé un aumento della longevità della popolazione.

Jeanne Calment durante il festeggiamento del suo 120mo compleanno (BORIS HORVAT/AFP/Getty Images)

Ma quanto a lungo può vivere un essere umano? Non è facile rispondere: sulla base dei soli dati statistici, non è possibile fare una previsione matematica. Alcuni autori tuttavia si sono spinti a prevedere che i progressi tecnologici futuri, molti dei quali non ancora noti, continueranno a far diminuire la mortalità, contribuendo a far aumentare sia la speranza di vita sia la longevità. L'altro dato che emerge con forza dalle statistiche è che negli ultimi anni il tasso di aumento della speranza di vita e della longevità è diminuito, e soprattutto, non ci sono segni di miglioramento dopo i 100 anni. Vijg e colleghi hanno analizzato lo Human Mortality Database, che raccoglie i dati demografici mondiali su iniziativa dell'Università della California a Berkeley, negli Stati Uniti, in collaborazione con il Max-Planck-Institut di Rostock, in Germania. Dalle statistiche emerge che nella maggior parte dei paesi con dati affidabili i miglioramenti più evidenti nella sopravvivenza dei gruppi di età più elevata hanno raggiunto un picco negli anni ottanta, e da allora non ci sono state variazioni. Gli autori si sono poi concentrati sulle età massime di sopravvivenza in Francia, Giappone e Regno Unito e Stati Uniti, riportate sull'International Database on Longevity, un altro progetto demografico del Max-Planck-Institut. L'analisi ha rivelato che l'età alla morte ha raggiunto un plateau prima della scomparsa di Jeanne Calment, la persona più longeva mai esistita, avvenuta nel 1997. Gli autori suggeriscono che questo potrebbe rappresentare un limite naturale alla longevità umana: secondo il loro modello, infatti, la probabilità che, in un dato anno, una persona possa superare i 125 anni è inferiore a una su 10.000. In parole povere, il valore medio dell'età alla morte aumenta perché molte più persone arrivano alla vecchiaia, ma il suo valore massimo non cambia. In conclusione, è probabile che la vita degli esseri umani abbia un valore di soglia che non potrà essere superato. “Come gli autori sottolineano giustamente, l'idea di un limite naturale alla vita non implica che quel limite sia una conseguenza diretta di qualche programma genetico che causa sia l'invecchiamento sia la morte”, ha scritto Jay Olshansky nell'articolo di commento pubblicato su “Nature”. “Ciò significa che non esiste un limite fissato oltre il quale gli esseri umani non possono vivere, anche se esistono limiti alla durata della vita imposti da altri fattori”. Detto in altri termini, i programmi genetici riguardano crescita, sviluppo, maturazione e riproduzione, e sono il frutto di 3,7 miliardi di anni di evoluzione della vita: l'invecchiamento è solo un effetto collaterale.

Da:

http://www.lescienze.it/news/2016/10/06/news/invecchiamento_limite_vita_umana-3262791/

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