mercoledì 20 novembre 2013

NUOVE ENERGIE DA CHEROGENE E ACQUE MARINE

“NUOVA”  ENERGIA DAL CHEROGENE (?)
 di: Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)
 “Il cherogene (o kerogene) è una miscela di composti chimici organici che costituiscono una porzione della materia organica nelle rocce sedimentarie. È insolubile nei normali solventi organici a causa dell'enorme peso molecolare (più di 1.000 dalton) dei composti costituenti. La porzione solubile è nota come bitume. Quando è riscaldato alle giuste temperature nella crosta terrestre (finestra del petrolio ca. 60–160 °C, finestra del gas ca. 150–200 °C, entrambe dipendenti dalla rapidità con la quale la roccia madre è riscaldata), alcuni tipi di cherogene liberano petrolio o gas naturale, che sono particolari combustibili fossili. Quando tali cherogeni sono presenti in alta concentrazione in rocce come gli scisti formano possibili rocce madri. Gli scisti ricchi di cherogeni che non sono stati riscaldati ad alta temperatura per liberare i loro idrocarburi potrebbero formare depositi di scisto bituminoso.
Il nome "cherogene" fu introdotto dal chimico organico scozzese Alexander Crum Brown nel 1912.”

Anche in quest’applicazione il procedimento del brevetto può risultare utilissimo:

Terahertz time-domain spectroscopy for oil and gas detection


This image shows R0% (vitrinite reflectance) dependence of α (absorption coefficients) of kerogen of different maturities at selected frequencies. Image: Science China Press 
A greater understanding of the evolutionary stage of kerogen for hydrocarbon generation would play a role in easing the world's current energy problem. Professor Zhao Kun and his group from the Key Laboratory of Oil and Gas Terahertz Spectrum and Photoelectric Detection at the China Univ. of Petroleum, Beijing, set out to tackle this problem. After five years of innovative research, they have developed terahertz time-domain spectroscopy (THz-TDS) as an effective method to detect the generation of oil and gas from kerogen. Their work was published in Science China Physics, Mechanics & Astronomy.
The evolution stages of kerogen and hydrocarbon generation are critical aspects of oil-gas exploration and source rock evaluation. In sedimentary rock, about 95% of the organic matter is kerogen, the key intermediate in the formation of oil and gas. The specific kerogen type and maturity level will determine the characteristics of the hydrocarbons that will be generated. Previous research has led to two primary observations: Kerogen serves as a significant energy source as recoverable shale oil and coal where reserves far exceed the remaining petroleum reserves; and kerogen possesses a significant sorption capacity for organic compounds. Kerogen is primarily composed of alicyclics, aromatics, and other functional groups. Therefore, the ability to generate oil and gas from kerogen is determined primarily by its specific composition and structure. However, each generation technique has advantages and disadvantages within the specific parameters of the kerogen. Thus, there is a need for new methods to characterize the numerous stages and mechanisms of hydrocarbon generation from kerogen.

This study was a collaborative effect involving many university and company researchers. It was supported by a grant from the National Key Scientific Instruments and Equipment Development, a 973 grant from the Department of Science and Technology of China, and a grant from the Beijing National Science Foundation. Being nondestructive and contactless, this method has shown great promise to improve kerogen analysis. The technique needs to be applied in more instances that involve reservoir rocks and further research will determine whether it can be established as a key tool in petroleum exploration and impact the oil and gas industry.
Terahertz time-domain spectroscopy (THz-TDS) has been used to probe the evolutionary paths of kerogen in selected black mudstone. The evolutionary regime of kerogens (for instance, the immaturity, early maturity, middle maturity, late maturity, and catagenesis stages) can be indicated by the absorption coefficient in the THz region. The present study of identification based on THz-TDS was in good agreement with programmed pyrolysis experiments and suggests that THz technology can act as a nondestructive, contact-free tool for probing the ability to generate hydrocarbons from kerogens.

(Optical constants (including refractive index, complex dielectric constant, absorption, reflection and transmission coefficients, emissivity))  


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ENERGIA DAL MARE

di: Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)

Il procedimento del brevetto può risultare molto utile se applicato ai numerosi e differenti sistemi di produzione di energia dal mare

Energia del moto ondoso

L'energia del moto ondoso è una fonte di energia che consiste nello sfruttamento dell'energia cinetica contenuta nel moto ondoso, da cui prende il nome. Viene classificata tra le cosiddette "energia alternative" e "rinnovabili".
Lo sfruttamento dell'energia del moto ondoso è di recente sperimentazione in vari progetti europei di ricerca nel campo energetico; in particolare se il moto ondoso viene sfruttato per la produzione di energia elettrica, il sistema è denominato cimoelettrico.
Tipologie di impianti cimoelettrici.
Vi sono varie tecniche di sfruttamento del moto ondoso e la trasformazione dell’energia delle onde in energia elettrica è oggetto di vari studi e realizzazioni, basati su vari principi fisici:

Salto idrico

Attraverso il passaggio delle onde in un canale di larghezza progressivamente decrescente (come avviene ad esempio in un’insenatura tra le rocce), o mediante particolari rampe, le onde raggiungono altezze superiori ed è quindi possibile riempire un bacino a quota superiore rispetto al livello del mare. Il principio è detto anche concentrazione o focalizzazione delle onde. Il deflusso continuo dell’acqua raccolta, tramite opportune opere civili, e il passaggio attraverso turbine idrauliche (simili a quelle usate per gli impianti idroelettrici con salti idrici contenuti), permette la generazione di energia elettrica. Un prototipo precompetitivo ha potenza di 4-7 MW, ingombro orizzontale nell’ordine dei 200-300 metri (comprensivi del bacino, dello “scivolo” e delle paratie laterali per il convogliamento dell’acqua in arrivo)

Generatore a colonna d'acqua oscillante

Il tipo di impianto più diffuso è quello a colonna d'acqua oscillante. L'impianto raccoglie l'acqua che entra grazie al moto ondoso all'interno di una struttura cava (In genere una colonna in calcestruzzo, ma l'impianto si presta ad essere adattato a varie forme, anche sfruttando la naturale conformazione delle coste rocciose). Il movimento delle onde che alzano e abbassano il livello dell'acqua nella struttura mette in moto la colonna d'aria che sta sopra la superficie dell'acqua. L'aria, uscendo e rientrando così dall'apertura superiore della colonna, mette in moto una turbina. Per non perdere molta energia con la continua inversione del verso del movimento dell'aria (che esce e rientra continuamente), si usano turbine Wells, in grado di ruotare sempre nello stesso verso qualunque sia il verso del fluido che le alimenta.

Sistemi ad ondata

I sistemi ad ondata sono concettualmente simili: una sacca d’aria flessibile, ancorata ad esempio a una boa, quando è investita dalle onde si gonfia e sgonfia; l’aria entra ed esce dalla sacca, attraverso un’apertura superiore nella quale è installato il turbogeneratore.
  
Sistemi basati sull'ampiezza dell'onda

Il movimento delle onde può azionare dei motori idraulici da accoppiare a un generatore elettrico. Uno studio recente fornisce un esempio del meccanismo: una struttura galleggiante semisommersa, costituita da vari elementi lunghi collegati in serie con appositi snodi (si immagini un convoglio ferroviario, come forma e dimensioni) viene mossa dalle onde variando l’inclinazione relativa dei vari elementi. Appositi pistoni idraulici posti in corrispondenza dei giunti mettono in moto un fluido, in pressione in un circuito interno, che aziona il motore idraulico, posto all’interno di uno degli elementi. Sono attualmente in fase di installazione impianti con potenza di 750 kW e 2 MW, e si stima che la taglia di un impianto “full scale” da commercializzare sia di circa 30 MW.

Sistemi basati sul principio di Archimede

Una struttura sommersa ancorata al fondo marino, dotata di camera d’aria, è soggetta a cicli di compressione-decompressione dovuti alla variazione, originata dalle onde, della colonna d’acqua soprastante. Al largo delle coste del Portogallo, ad esempio, è stato testato con esito positivo un impianto pilota con potenze di picco di 1500 kW. La forma dell’apparato è quella di un grosso cilindro, avente la base ancorata al fondo e un “cappello” mobile in senso verticale; è stato sviluppato, per la conversione dell’energia meccanica in elettrica, un apposito generatore lineare, in grado di semplificare e ridurre al minimo i componenti del sistema. Si prevede che l’impianto commerciale, di potenza 2 MW, dovrà avere altezza 30 metri, diametro 10 metri; per quanto concerne il sito di installazione le caratteristiche tipiche sono con fondali di 80–90 m di profondità, con onde di ampiezza 5 m.
Sistemi simili possono essere costituiti da un galleggiante, ancorato al fondo tramite un sistema in grado di trasferire l’energia meccanica del moto relativo tra il fondo e la “boa”, tramite appositi meccanismi, a un generatore. L’azionamento di un generatore per opera di un elemento galleggiante è possibile anche con dispositivi oscillanti, tipo paratoie sbattute dalle onde. Una problematica comune di questi sistemi è la bassa frequenza del moto ondoso, mentre per l’azionamento dei generatori elettrici sono preferibili alte velocità.

Generatore Pelamis

Un altro esempio noto è quello dei generatori mareomotrici "Pelamis" (sperimentate in Portogallo), costituiti da strutture tubolari galleggianti ancorati al fondo marino. All'interno di queste strutture vi sono delle turbine messe in moto da liquido ad alta pressione che viene pompato da pistoni idraulici grazie al movimento relativo dei i vari scompartimenti galleggianti. Tali generatori generano energia con costanza, ma mostrano un ingombro non indifferente.
L'energia mareomotrice è l'energia ricavata dagli spostamenti d'acqua causati dalle maree. Rappresenta una fonte di energia alternativa e rinnovabile.

Descrizione

La marea, il ritmico innalzamento e abbassamento del livello del mare provocato dall'azione gravitazionale della luna e del sole, di solito ha un'ampiezza (dislivello tra l’alta marea e la bassa marea) inferiore al metro, ma in alcune zone, per la particolare configurazione del sito, il dislivello può raggiungere valori elevati, interessanti lo sfruttamento e la produzione di energia, ad oggi prevalentemente elettrica. In alcune zone del pianeta, per esempio, si registrano maree anche con 20 m di ampiezza verticale.
Già nell’antichità si cercò di sfruttare questo tipo di energia, mediante la costruzione di "mulini a marea". L’acqua veniva raccolta, durante il flusso, in un piccolo bacino, che veniva in seguito chiuso con una paratia. Al momento del deflusso l’acqua veniva convogliata attraverso un canale verso una ruota che muoveva una macina.

Tipi di impianto

Oggi esistono diversi progetti di sfruttamento delle maree, che comportano metodi diversi di sfruttamento dell’energia:
sollevamento di un peso in contrapposizione alla forza di gravità;
compressione dell’aria in opportuni cassoni e movimentazione di turbine in seguito alla sua espansione;
movimento di ruote a pale;
riempimento di bacini e successivo svuotamento con passaggio in turbine.
Quest’ultimo sembra dare i migliori risultati, nell'effettivo impiego. Il problema più importante allo sviluppo di tale tecnologia resta comunque lo sfasamento tra massima ampiezza di marea disponibile (la cui cadenza è prevedibile sulla base delle fasi lunari e solari) e domanda di energia nelle ore di punta. Infatti nei giorni di insufficienza nell'afflusso d’acqua la produzione di elettricità cesserebbe. In Francia nei pressi di Saint-Malo esiste un grosso impianto di questo genere.

Meccanismo

In una tipica centrale ad energia mareomotrice l'acqua affluisce e defluisce in un vasto bacino, passando attraverso una serie di tunnel nei quali, acquistando velocità, fa girare delle turbine collegate a generatori.
Durante la bassa marea l'acqua del bacino defluisce verso il mare aperto, mettendo nuovamente in rotazione la turbina.
Quando il livello del mare ricomincia a salire e l'onda di marea è sufficientemente alta, si fa fluire l'acqua del mare nel bacino e la turbina si mette nuovamente in rotazione.
Per ottenere la produzione di energia sia con marea crescente che calante, si utilizzano particolari turbine reversibili, che funzionano cioè con entrambe le direzioni del flusso.

Centrale di Saint-Malo


La centrale mareomotrice di Saint-Malo.


Modello in sezione della centrale alla foce del Rance.

In Bretagna, alla foce del fiume Rance, fra Saint-Malo e Dinard, tra il 1961 e il 1966 è stata costruita una centrale che sfrutta la marea che da quelle parti raggiunge 13,5 m di dislivello.
La portata raggiunge 18.000 metri cubi di acqua al secondo e la potenza erogabile raggiunge i 240 MW. Con questa produzione, ogni anno la centrale copre il 3 % del fabbisogno elettrico della Bretagna francese.
La centrale comprende una diga in pietrame, 6 chiuse di entrata e uscita per vuotare e riempire rapidamente la foce e 24 turbine a bulbo, sviluppate appositamente.
Limiti applicativi
I limiti principali di queste centrali sono:
Il costo di installazione elevato
La difficoltà di collocazione (indicativamente, i siti idonei devono avere ampiezze di marea superiore ai 3 metri e topografia favorevole all’installazione)
La discontinuità nella produzione
L'erosione delle coste creata dalle centrali che modificano i flussi di marea
La tendenza alla sedimentazione all'interno del bacino (soprattutto se collocate alla foce dei fiumi)
Il disturbo per l'ecosistema, in particolare per la fauna ittica.

Energia talassotermica

L'energia talassotermica (o anche energia mareotermica) è una fonte di energia, classificata come rinnovabile, che sfrutta le differenze di temperaturatra la superficie marina (generalmente più calda) e le profondità oceaniche (nell'ordine delle centinaia di metri). Spesso viene anche indicata come OTEC, acronimo inglese per Ocean Thermal Energy Conversion.

Meccanismo

La differenza di temperatura tra le acque superficiali del mare, riscaldate dall’energia solare, e quella in profondità, rende possibile la produzione di energia elettrica. Il principio è concettualmente simile a quello di una centrale termoelettrica a vapore. Si utilizza un ciclo chiuso nel quale circola usa un fluido (es: ammoniaca e fluoro) in grado di evaporare alla temperatura dell'acqua di superficie (es: 25-28 °C); il vapore in pressione mette in moto una turbina e un generatore di elettricità (alternatore), quindi passa in un condensatore e torna allo stato liquido, raffreddato dall'acqua aspirata dal fondo (che può essere ad esempio a 6-7 °C).

Applicazioni:

Le aree più idonee per queste installazioni sono quelle tropicali, in mari molto profondi e caldi, dove nello strato superficiale (100 m circa) la temperatura varia tra i 25 e i 30 °C, e oltre i 400 metri di profondità giungono le acque provenienti dai poli, a temperature di 0 – 4 °C. Un limite allo sviluppo di questi impianti è invece, attualmente, il costo elevato.
La prima centrale di questo tipo è stata realizzata nel 1996 presso le isole Hawaii, a Tahiti e a Bali: la potenza installata è di 250 kW, ma si ritiene sia possibile realizzare impianti di taglia nell’ordine di alcuni MW.

Energia delle correnti marine

L'energia delle correnti marine è l'energia cinetica prodotta dalle enormi masse d'acqua in movimento che costituiscono le correnti marine, dette anche correnti oceaniche. È una fonte di energia classificata tra le cosiddette "energie alternative" e "rinnovabili". Il nome fa riferimento alla classificazione dell'energia per modo di generazione.

Principio:

Le correnti marine possono essere paragonate ad immensi fiumi che scorrono in seno al mare. Si tratta di masse d'acqua di densità diversa, che non si mescolano tra loro ma scorrono a lungo l'una accanto all'altra, sopra e sotto, seguendo una direzione quasi costante e con una caratteristica velocità. Le correnti marine si distinguono dalle acque circostanti sia per la temperatura che per la salinità, ed a volte anche per il colore e le concentrazioni di materiali sospesi. Ne esistono di vario tipo: costiere, di mare aperto, superficiali e di profondità, stabili o stagionali, ecc.

Meccanismo:

Le correnti marine sono dotate di energia cinetica, e possono essere sfruttate con lo stesso principio utilizzato per l’energia eolica, con generatori ad asse orizzontale (più adatte alle correnti marine costanti, come quelle presenti nel Mediterraneo) o verticale (per correnti di marea che cambiano direzione).
Uno dei siti più interessanti per lo sfruttamento in ambito mediterraneo di questa energia rinnovabile è lo Stretto di Messina, caratterizzato da correnti con velocità di 1,5 m/s. In studi dedicati è stata identificata anche una particolare tipologia di generatore, simile a un generatore eolico, ma con pale particolari (non profilo alare), che sfruttano la doppia rotazione delle pale, sia attorno al mozzo dell’elica, sia attorno al proprio asse. L’energia delle correnti di marea rappresenta una delle fonti più interessanti ed inesplorate tra le fonti di energie rinnovabili.

Energia a gradiente salino.

Energia a gradiente salino
W1 : acqua dolce
W2 : acqua salata
M : membrana
O : processo osmotico
P : pressione risultante

Energia a gradiente salino detta anche energia osmotica è l'energia ottenuta dalla differenza nella concentrazione del sale fra l'acqua di mare e l'acqua dolce (per esempio alla foce di un fiume). La quantità di energia ottenibile con questo procedimento è significativa. Nei Paesi Bassi, ad esempio, dove più di 3.300 m3 al secondo di acqua dolce sfociano in mare, l'energia potenziale è di 3.300 MW, in base a una produzione di 1 MJ/m3 d'acqua dolce.
I due metodi per ottenere energia dal gradiente salino sono la dialisi elettroinversa (od osmosi) (RED), e la Pressure Retarded Osmosis (PRO).
Entrambi I procedimenti si basano sull'osmosi mediante membrane a ioni specifici. Il prodotto di scarto di questo processo è acqua salmastra.
L'efficacia della tecnologia dell'elettrodialisi inversa è stata confermata in prove di laboratorio. Un tempo il costo della membrana era un forte ostacolo. Una nuova membrana, più economica, formata da plastica polietilene modificata elettricamente, l'ha resa adatta per un potenziale uso commerciale.
Dal 2005 è attivo un impianto sperimentale da 50 kilowatt, situato in un sito-test costiero in Harlingen, Paesi Bassi.

 biblio: wikipedia

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